martedì 5 febbraio 2013
Roberto Calasso è uno scrittore, saggista e narratore italiano i cui libri, tradotti in molte lingue, indagano il mito e il passato per raccontare il presente dell’uomo: è il direttore editoriale della casa editrice Adelphi (http://www.adelphi.it). Oggi sul quotidiano la Repubblica è stato pubblicato il testo del suo discorso che ha tenuto in mattinata presso l'Aula Magna dell'Università degli Studi di Perugia: nell'occasione è stato insignito, in presenza del rettore Francesco Bistoni, della Laurea magistrale Honoris Causa in Lingue e letterature moderne. Ricordiamo, come dice lo stesso Calasso, che l'Università degli Studi di Perugia è considerata assieme a quella di Bologna “mater legum”, ovvero luogo principe del diritto, dove ha insegnato Baldo degli Ubaldi (giurista italiano, allievo di Bartolo da Sassoferrato e professore di diritto presso le università di Bologna, Perugia, Pisa, Firenze, Padova e Pavia, fu maestro a Perugia di Paolo di Castro e del cardinale Francesco Zabarella, e poi di Pierre Roger de Beaufort, che nel 1370 venne eletto papa col nome di Gregorio XI: dopo lo Scisma d'Occidente del 1378, papa Urbano VI lo volle presso di sé come consigliere giuridico perché lo sostenesse contro l'antipapa Clemente VII). Baldo degli Ubaldi a sua volta aveva studiato proprio a Perugia con Bartolo da Sassoferrato (giurista italiano, discepolo di Raniero Arsendi da Forlì e di Cino da Pistoia, fu uno dei più insigni giuristi dell'Europa continentale del XIV secolo e il maggiore esponente di quella scuola giuridica che fu definita dei commentatori: la venerazione delle successive generazioni di studenti del diritto è dimostrata dall'adagio "nemo bonus íurista nisi sit bartolista", ovvero "non può essere un buon giurista chi non sia un bartolista", cioè un seguace di Bartolo). Calasso cita questi personaggi perchè suo padre spesso gli disse che “Il Trecento italiano ha avuto tre vette: Dante, Caterina da Siena e Bartolo da Sassoferrato”.
Mi ha incuriosito e colpito molto questo testo di Calasso perchè si può notare ed ammirare la passione dello scrittore per i libri. Racconta di tutti quei libri che, fin da piccolo, osservava nella libreria di casa: moltissimi titoli che osservava nei dorsi di questi libri, da quelli dei personaggi già citati in precedenza ad altri misteriosi come Azo, Alciatus, Accursius, Albericus de Rosate, Donellus, Cuiacius, Folgosius, Vossius. Dice Calasso: “I sentimenti del bambino verso quei testimoni muti di certi tediosi pomeriggi erano insieme di curiosità e di insofferenza. Non era facile immaginare che cosa si celasse di attraente in quelle lunghe colonne di stampa, spesso impeccabili e sempre indecifrabili. Ma oggi, a distanza di vari decenni, posso dire che molto devo a quei libri, anzi alla semplice visione di quei dorsi. Inoltre ho il sospetto che questa acuità sensibilità per i dorsi dei libri abbia avuto una parte anche nella mia attività editoriale. Ho sempre pensato che vivere circondati dai dorsi di certi libri fosse, in certi casi, poco meno importante che leggerli. Nessun grande editore, per quanto mi risulta, ha mai puvbblicato libri con brutti dorsi, come se si trattasse di un punto decisivo, dove non è ammesso cedere”. In effetti ha ragione.
Non mi dilungo sul bellissimo racconto di Roberto Calasso, che tra l'altro andrebbe portato anche nelle scuole medie e superiori, ma voglio concludere con una sua bellissima affermazione che condivido appieno: basta vedere una biblioteca per innamorarsi della lettura.
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