RIFIUTI: ecco un bel esempio di “riciclaggio della plastica”!
Ne ho già ampiamente parlato nei miei precedenti post, a proposito dell’emergenza rifiuti in Campania: farò un breve riassunto del mio personale “rifiuti-pensiero” (che non riesco a capire perché nessuno in Campania ci arrivi ad attuarlo…).
È ormai assodato che l’emergenza rifiuti che ora attanaglia
1) eseguire un’ottima raccolta differenziata permetterebbe di dividere ogni tipo di rifiuto: carta e cartone, plastica, vetro, alluminio, umido, ferro, legno, vestiti, medicinali scaduti, materiali infiammabili e velenosi, pile, ecc… fino ad arrivare al rifiuto secco;
2) riciclare tutti i prodotti riciclabili: carta e cartone si possono macerare fino ad ottenere cellulosa per la produzione di nuova carta, la plastica si può rammollire dandole poi nuove forme oppure essere impiegata per usi diversi, il vetro può essere fuso e riutilizzato per nuove forme o in altri prodotti, l’alluminio idem, il ferro idem, l’umido può essere utilizzato come materiale fertilizzante per l’agricoltura, i vestiti possono essere mandati alle popolazioni bisognose del terzo mondo, medicinali scaduti-materiali velenosi ed infiammabili-pile possono essere smaltiti da ditte specializzate. Esistono oggi (ma non in Campania…) appositi impianti per il riciclaggio di ogni materiale;
3) stoccare il rifiuto secco in discarica: facendo un’ottima raccolta differenziata, solo il 15% del rifiuto secco finirebbe in discarica. Quindi basterebbe chiudere le discariche che per decenni hanno ospitato ogni sorta di rifiuto, bonificarle e valorizzarle, e allo stesso tempo individuare dei siti nuovi, lontani dai centri abitati e soprattutto ben impermeabilizzati per creare delle piccole discariche ove stoccare la minima parte dei rifiuti (ovvero il secco, quello non riciclabile). Dalle discariche si potrebbe poi sfruttare il biogas (che si forma naturalmente) per poter essere utilizzato nella produzione di energia da fonte rinnovabile.
Perché tutto questo non succede? Perché si vuole a tutti i costi impegnare i soldi per costruire i termovalorizzatori e non per realizzare gli impianti di riciclaggio dei materiali che creano polveri in quantità molto (ma molto!) inferiori rispetto agli inceneritori? Se ne guadagnerebbe in termini di protezione ambientale e di salute umana.
A tal proposito, riporto un bel esempio di riciclaggio rifiuti della mia zona (abito nella pianura veronese). Da molti anni esiste una discarica nel comune di Legnago, precisamente in località Torretta, che ha ospitato per decenni i rifiuti (anche non riciclati) del Veronese, del Rodigino ed anche di alcuni comuni del Trentino. Fino a pochi anni fa la discarica sembrava al collasso per evidente esaurimento degli spazi, finché non è intervenuta la raccolta differenziata. E proprio nella discarica è stato realizzato un impianto di recupero della plastica, operativo da un anno e che sta raggiungendo ottimi risultati. L’inaugurazione è avvenuta il 16 dicembre 2006 ed è l’unico impianto del genere nella Provincia di Verona (a dispetto dei due inceneritori veronesi di Cà Del Bue e di Cologna Veneta): nel 2007 sono state trattate ben 14.000 tonnellate di plastica derivante dalla raccolta differenziata che si attua con successo in quasi tutti i paesi del veronese. Di queste, 4.000 tonnellate sono costituite da PET (ovvero il materiale trasparente di cui sono fatte le bottiglie dell’acqua), 2.000 tonnellate sono di PE (polietilene, ovvero il materiale non trasparente, colorato), 1.500 tonnellate di imballaggi e pellicole, 4.800 tonnellate di prodotti misti di scarso valore (come i tappi), 1.500 tonnellate di scarti dalla selezione che (ahimè…) vengono mandati ai termovalorizzatori e 200 tonnellate di metalli (lattine e barattoli di alluminio) che vengono separati tramite un magnete nel “deferrizzatore” e poi mandati negli appositi impianti. L’obiettivo è ora di arrivare a lavorare fino a 25.000 tonnellate di plastica all’anno. Ma come funziona l’impianto? La plastica giunge nell’impianto raggruppata in balle, dopo un trattamento di pulitura preliminare. Le balle vengono quindi disfatte e mandate sul nastro trasportatore: passano in un vaglio meccanico che separa il materiale in base al peso e poi nel “deferrizzatore” che separa i materiali metallici. Infine, viene sottoposto all’analisi di lettori laser che dividono la plastica per colore, separando quindi PET da PE. I materiali separati vengono poi venduti alle aziende (che ne fanno richiesta) tramite un’asta su internet o tramite inserzione sui giornali locali: la plastica separata, una volta acquistata, viene utilizzata in altri impianti per ricreare bottiglie o contenitori vari oppure per ottenere altri materiali come il “pile” o i rivestimenti dei sedili delle automobili (che altrimenti dovrebbero essere realizzati con nuova plastica…). L’impianto di Torretta è sorvegliato da circa 50 operatori (scelti tra persone emarginate e bisognose di lavoro) che lavorano su due turni in modo da rendere il più possibile sicuro ed efficiente il procedimento. Nella discarica di Torretta, tra l’altro, oltre al riciclaggio della plastica, c’è già attivo un sistema di recupero del biogas ed un trattamento del rifiuto umido che viene usato anche come strato di copertura fertile alle parti di discarica esaurite. Si tratta di un vero e proprio “centro integrato di trattamento dei rifiuti”, di cui il comune di Legnago ne va fiero.
Perché questo non si riesce ad applicare in Campania? Se i soldi ci sono (visto che si vogliono fare gli inceneritori), perché non vengono impiegati diversamente per realizzare questi centri di riciclaggio? Ci sarebbero vantaggi per l’ambiente, per i Comuni (in termini economici) e per la società: eppure non succede…
Nessun commento:
Posta un commento