venerdì 15 novembre 2013
Abbiamo imparato a conoscere negli anni i droni, ovvero gli aeromobili a pilotaggio remoto che viaggiano in assenza di pilota, controllati da un computer a bordo: sono stati spesso usati dagli USA in guerra, con non pochi effetti negativi (i droni statunitensi hanno ucciso almeno 900 civili in Pakistan fra il 2004 e il 2013, 50 in Yemen tra il 2002 e il 2013 e 30 in Somalia tra il 2007 e il 2013): a tal proposito è stata lanciata una campagna per mettere al bando i droni, guidata da nove Ong tra cui Amnesty International, Nobel Woman's Initiative e Human Rights Watch.
Non voglio però qui parlare dei droni usati in guerra, ma di un loro prossimo utilizzo per altri socpi: voglio parlare dei droni marini per scopi scientifici, meteorologici e umanitari.
Apprendo da un articolo del giornalista Federico Rampini pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 13 novembre 2013 che un programma condotto da 16 agenzie governative americane e canadesi, in collaborazione con università e centri di ricerca, ha sviluppato una flotta di 15 droni sottomarini (con un sistema integrato da radar e satelliti). Quelli di ultima generazione arrivano fino a 200 metri di profondità: tornano in superficie autonomamente ogni 2 o 3 ore per trasmettere dati e al contempo ricevere nuovi ordini. Non interferiscono con l'ambiente marino, in quanto durante la navigazione attraggono alghe, creature marine e grandi predatori; sono in grado di evitare le reti dei pescherecci; navigano evitando gli effetti delle correnti circolari degli oceani; possono essere addirittura inviati al centro di un uragano per raccogliere informazioni; sono poco costosi rispetto ad altri apparecchi per l'esplorazione sottomarina (tra i 120.000 e i 150.000 dollari cadauno, molto meno di altri sommergibili scientifici che costano anche 100.000 dollari al giorno); non hanno eliche in quanto si spostano assorbendo e poi espellendo piccole quantità d'acqua (come i pesci). Il modello di drone utilizzato per questo scopo si chiama “slocum glider”. Entusiasmo da parte di scienziati, biologi marini e studiosi del clima, tutti convinti delle enormi potenzialità di questi droni sottomarini.
Come potranno essere utili? Da molti decenni si stanno studiando gli oceani utilizzando satelliti ed altri sistemi di rilevazione disseminati su boe galleggianti dotate di sensori, tutti strumenti che però restano in superficie (molto raramente si è andati in profondità): le informazioni raccolte dai droni in profondità possono rendere più precise ed affidabili le previsioni su eventi naturali distruttivi, come uragani e tifoni la cui intensità è spesso determinata dalla temperatura degli oceani a grandi profondità, e ciò permetterebbe di valutare meglio l'impatto di questi fenomeni sulle popolazioni, consentendo maggiori opere di prevenzione. Altre applicazioni si potrebbero avere sullo studio dell'inquinamento degli oceani, sulle trasformazioni avvenute o che avvengono nella fauna marina e sui movimenti migratori dei banchi di pesce, sul comportamento ad esempio della cosiddetta “bolla fredda” che staziona sui fondali dell'Atlantico quando il resto dell'oceano si riscalda in primavera e in estate influenzando il clima della zona.
Si tratta quindi di un'evoluzione non da poco di questi droni: da impiego militare (con effetti spesso negativi) ad impiego scientifico, che potrebbe avere risvolti davvero positivi sullo studio del clima, sulla lotta all'inquinamento marino, sulla protezione ambientale e sulla prevenzione delle popolazioni.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento