martedì 10 dicembre 2013
Scrive Chiara Segre in un suo articolo pubblicato nel numero di dicembre 2013 della rivista “Fondamentale” dell'AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, http://www.airc.it): “Il project manager della ricerca è una figura importante ancora poco conosciuta ma cruciale per gestire i molteplici aspetti di un progetto, dalla supervisione scientifica alla gestione finanziaria fino alle strategie di comunicazione e trasferimento tecnologico”. Leggo su wikipedia.it: "Il project manager è un ruolo di gestione operativa. Tale figura è il responsabile unico della valutazione, pianificazione, realizzazione e controllo di un progetto. Il project manager può essere un rappresentante del committente o della società/organizzazione incaricata di realizzare il progetto (in diversi casi ne esiste uno per parte, ciascuno con responsabilità di progetto verso la propria parte). Il suo obiettivo essenziale è quello di assicurare il rispetto dei costi, dei tempi e della qualità concordati e soprattutto il raggiungimento della soddisfazione del committente. A prescindere dal campo di realizzazione del progetto, un bravo project manager deve essere abile a interpretare gli obiettivi reali del progetto dal suo inizio sino alla fine, assicurandosi che la visione del committente venga realizzata secondo le sue aspettative nelle more stabilite".
Ma come si diventa project manager della ricerca? Dopo una laurea scientifica e un dottorato di ricerca sul campo, si può frequentare un master di specializzazione o un corso di perfezionamento (ad esempio, la Bocconi di Milano realizza il Master in Management per la sanità, la Fondazione Il Sole24Ore offre un Business School in Management del settore sanità-pharma-biomed, l'Università del Molise ha avviato il Master di primo livello specifico in Management dei laboratori di ricerca biomedica, la Cattolica di Milano ha attivato il Master di secondo livello in valutazione e gestione delle tecnologie sanitarie).
In campo scientificio, ma soprattutto medico, i progetti di ricerca (che coinvolgo scienziati di varie discipline, dalla biologia alla medicina, dalla farmacologia all'informatica e all'ingegneria biomedica) sono sempre più importanti ma anche molto complessi, come una macchina piena di ingranaggi diversi ma tutti molto importanti, che devono funzionare alla perfezione. È proprio a questo che serve il project manager della ricerca. Cosa fa in pratica questa figura? Organizza meeting ed incontri tra le varie unità di ricerca clinica e biologica, revisione critica del progetto, disbrigo degli aspetti amministrativi e burocratici, gestione degli aspetti logistici e delle risorse umane e finanziarie (a tal proposito è molto importante valutare come suddividere i fondi tra le diverse unità di ricerca ed evitare gli sprechi). Come dice la giornalista nel suo articolo, il project manager è il braccio destro operativo del ricercatore, che coordina il gruppo. Deve sempre essere aggiornato sul lavoro di ogni singola unità di ricerca, deve essere abile alla negoziazione e sapersi interfacciare con facilità con diversi professionisti, quindi è anche un “mediatore culturale”, oltre che scrivere report ed articoli scientifici. E poi deve occuparsi della comunicazione con i "non addetti ai lavori": i finanziatori ma anche la società (le scuole e il grande pubblico) perchè, come sostiene Ann Zeuner (direttore del Reparto di biotecnologie ematologiche e oncologiche dell'Istituto Superiore di Sanità di Roma), “in questo modo si instaura un circolo virtuoso: la società finanzia la ricerca, la ricerca restituisce risultati alla società, che a sua volta rifinanzia nuova ricerca”.
Ha ragione.
La ricerca, importantissima per un Paese, ha bisogno di figure del genere: anche questo servirebbe, tra l'altro, a rilanciare la nostra economia. Per tale motivo c'è bisogno di queste figure particolari, che potrebbero essere un'opportunità di lancio per molti gioivani.
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