domenica 2 dicembre 2007
"Chi salverà il paesaggio" è il titolo dell'articolo scritto da Salvatore Settis e pubblicato sul quotidiano "La Repubblica" di martedì 27 novembre 2007: ve ne riporto alcuni stralci perchè fotografa al meglio la situazione attuale in Italia in fatto di tutela del paesaggio, e sul quale concordo pienamente. Un tasto molto delicato del quale se discute da decenni ma che rimane sempre un problema molto grave, semplicemente perchè continua ad esistere un "conflitto d'interesse" tra tutela del paesaggio e tutela del patrimonio culturale, quando invece dovrebbero essere un tutt'uno. Lo stesso Salvatore Settis riporta nel suo articolo una cronistoria delle leggi emanate in italia nel corso dell'ultimo secolo a tutela del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale. Alcuni spunti si hanno ad inizio '900, quando nel 1905 un articolo di Corrado Ricci su "Emporium" propone di aprire una nuova porta sulle mura di Lucca e di distruggere le Cascate delle Marmore e la pineta di Ravenna: la prima proposta fu battuta da una grande battaglia dell'opinione pubblica (a cui aderirono anche Pascoli e D'Annunzio), mentre le altre due furono tutelate con apposita legge. Tuttavia, la prima legge sul paesaggio fu presentata nel 1920 da Benedetto Croce, ministro della Pubblica Istruzione nell'ultimo governo Giolitti, il quale invocava "un argine alle devastazioni contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo, perchè la necessità di difendere e mettere in valore le maggiori bellezze d'Italia, naturali ed artistiche, risponde ad alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia. Il paesaggio non è altro che la rappresentanza materiale e visibile della patria, con i suoi caratteri fisici particolari (...), formati e pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli". Tutto questo nel 1920... Lo stesso Benedetto Croce evidenziava come già nel passato (ante 1920...) qualcosa si era mosso, come i "Rescritti Borbonici del 1841, 1842 e 1843" che vietavano di innalzare le fabbriche che togliessero le vedute lungo Mergellina, Posillipo e Capodimonte (costiera campana)! Fu proprio sulla Legge n° 778/1922 di Croce che si fondò poi la Legge Bottai n° 1497/1939 sulla protezione delle bellezze naturali, emanata dopo la Legge n° 1089/1939 per la tutela del patrimonio culturale (già qui vi erano leggi diverse sulla tutela del paesaggio e del patrimonio culturale). La Legge Bottai per la tutela del paesaggio fissava due strumenti: l'identificazione delle aree protette e la redazione per cura del Ministero di piani territoriali paesistici da depositarsi presso i singoli Comuni. Uscì poi la Legge Urbanistica del 1942 che aveva aggiunto i Piani Regolatori di iniziativa comunale da approvarsi dai Lavori Pubblici, dagli Interni e dalla Pubblica Istruzione, potere che poi fu ceduto alle Regioni prima con l'art. 117 della Costiutuzione e poi con Leggi e Decreti dal 1970 al 1977: così facendo le Regioni acquistarono potere decisivo sui P.R.G. ingoiando i piani territoriali peasistici. Questo permise alle Regioni di fare di tutto e di più... Infatti il D.P.R. n° 8/1972 trasferì alle Regioni la redazione e approvazione dei piani paesistici, mentre il D.P.R. n° 616/1977 attribuì alle Regioni "la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali, nonchè la protezione dell'ambiente". Fu l'inizio della fine!!! Dunque, il sistema legislativo fascita aveva separato "paesaggio" da "urbanistica", che potevano così correre separatamente, senza alcun accordo e controllate da legislazioni diverse: questo permise quello che di peggio è stato fatto nei decenni successivi! In occasione dei D.P.R. emanati tra il 1972 e il 1977 si ricorse ad un trucchetto: visto che l'art. 9 della Costituzione stabiliva che "La Repubblica tutela il paesaggio e il patromonio storico ed artistico della Nazione" e che dunque la tutela del paesaggio non poteva essere ceduta alle Regioni, negli stessi D.P.R. emanati la parola "paesaggio" fu sostituita con le parole "ambiente" e "beni ambientali", e bastò questo per cedere il potere decisionale alle Regioni!!! Un piccolo passo in avanti (che faceva ben sperare...) fu l'istituzione nel 1975 del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, che dunque raccoglieva insieme tutela del paesaggio e del patrimonio culturale permettendo così un'azione coordinata di tutela. Poi però tutto cadde nel 1985 con l'istituzione del Ministero dell'Ambiente quando paesaggio e patriminio culturale furono separati ritornando alla situazione precedente. Intervenne poi la Legge Galasso n° 431/1985 la quale impose alla Regioni la redazione immediata di piani paesistici o urbanistici-territoriali nonchè un controllo sulla gestione delle aree vincolate, affidato ai poteri sostitutivi del Ministero (mai messo in atto!). Le Regioni poi sub-delegarono ai Comuni le competenze paesaggistiche: la crescita del fabbisogno e la diminuzione delle entrate spinse i Comuni a cercare nuovi introiti dagli oneri di urbanizzazione raccolti in grande quantità dalla continua approvazione di piani di lottizzazione residenziali e produttivi e di nuove costruzioni, dando origine a quell'ondata di cemento che porta ai giorni nostri e che ha ormai deturpato il nostro territorio. Proprio il confine incerto tra paesaggio, territorio ed urbanistica (creato in epoca fascita e portato sino ai giorni nostri) ha permesso tutto ciò. La riforma del Titolo V° della Costituzione (del 2001) rimosse completamente la nozione di paesaggio assegnando alle Regioni il "governo del territorio" (in tema di urbanistica) e allo Stato la potestà esclusiva di legislazione su tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. E' proprio questa divisione di competenza che ha permesso questa distruzione del territorio: ognuno ha fatto quello che ha voluto, in maniera indisturbata! Come sottolinea il giornalista Salvatore Settis, esiste un "territorio senza paesaggio e senza ambiente"? E un "ambiente senza paesaggio e senza territorio"? E un "paesaggio senza ambiente e senza territorio"? Perchè questo è quello ch sta succedendo e sta a dimostrare la separazione attuale dei poteri tra Stato e Regioni (e Comuni...). Per questo serve una ricomposizione normativa in cui paesaggio, ambiente e territorio siano un tutt'uno, con decisioni coordinate. Recentemente la sentenza della Corte Costituzionale n° 367 del 7 novembre 2007 ha ribadito che "la tutela del paesaggio è un valore primario ed assoluto, che rientra nella competenza esclusiva dello Stato, che precede e limita il governo del territorio (delle Regioni)". E' giunto il momento di tornare all'art. 9 della Costituzione portando in auge la sentenza della Corte Costituzionale n° 341/1996 secondo la quale "il paesaggio costituisce, nel nostro sistema costituzionale, un valore etico-culturale nella cui realizzazione sono impegnate tutte le pubbliche amministrazioni e in primo luogo lo Stato e le Regioni, in un vincolo reciproco di cooperazione". Per questo il ministro Rutelli si sta muovendo: aspettiamo, visto che c'è bisogno di una pesante riforma in tal senso...
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