domenica 3 febbraio 2008

CLIMA ed INQUINAMENTO: forte moria di api nel 2007!

Nel corso del 2007 c’è stata una forte moria di api in Italia, tanto che sono dimezzate! Ma il fenomeno ha interessato tutta l’Europa, con perdite tra il 30% ed il 50% del patrimonio di api, mentre punte del 60-70% hanno interessato gli USA!!! Sono questi i dati che emergono dal workshop svoltosi il 29 gennaio 2008 ed organizzato dall’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e i servizi Tecnici), intitolato “Sindrome dello spopolamento degli alveari in Italia: approccio multidisciplinare alla individuazione delle cause e delle strategie di contenimento”.
La moria delle api ha un risvolto economico considerevole a causa dell’insufficiente impollinazione delle piante e della conseguente riduzione dei raccolti, con ripercussioni negative sull’agricoltura e sull’allevamento in generale: pensate che solo in Italia l’apporto economico dell’attività delle api all’agricoltura è di circa 1.600 milioni di euro l’anno (circa 1.240 euro per ogni alveare!). Considerando che nel 2007 sono scomparsi in Italia circa 200.000 alveari (!), la perdita economica per mancata impollinazione delle piante è stata di circa 250 milioni di euro!! Danni ingenti soprattutto sul Nord Italia. Durante il workshop si è cercato di individuare le ragioni che hanno portato a questa elevata mortalità e, soprattutto, in così poco tempo: tra queste, sono emerse soprattutto l’inquinamento (di aria, acqua e suolo) e i cambiamenti climatici repentini e prolungati, che avrebbero influito negativamente sulla disponibilità e sulla qualità dei pascoli e dell’acqua. Per quanto riguarda l’inquinamento, le maggiori responsabilità sono attribuibili all’inquinamento da fitofarmaci, a quello elettromagnetico e ad una conseguente recrudescenza di alcune malattie come virosi e varroa (malattia causata da un acaro che attacca sia la covata sia l’ape adulta, e la cui diffusione è favorita proprio da queste forme di inquinamento). Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, le maggiori responsabilità sono attribuibili all’andamento sempre più irregolare del clima (periodi siccitosi prolungati, periodi con temperature molto elevate seguiti da repentini ritorni di freddo, temporali intensi) che comporta un’interruzione al flusso normale dei nutrienti necessari alle api per la loro crescita e per il loro sviluppo, indebolendo di conseguenza le difese dell’alveare. Il problema è che l’APAT è, oggi, in possesso solo di pochi studi attendibili in merito alle cause di questa moria di api ed ha proposto, quindi, la realizzazione di un Focal Point per raccogliere e condividere i dati, nonché la promozione e la coordinazione di attività per la conoscenza ed il contenimento di questo problema. Contestualmente è arrivato l’allarme di Legambiente, affermando che la moria di api è un dato allarmante non solo per l’agricoltura ma per l’intero equilibrio ambientale: per Legambiente uno dei principali imputati è l’uso di pesticidi, in particolare di quei fitofarmaci sistemici contenenti molecole neonicotinoidi i cui effetti negativi sulle api si hanno fin dal lontano 1991 (quando furono introdotti in Francia). Solo che in Francia, in seguito a vari pronunciamenti giudiziari, questi pesticidi sono stati bloccati e poi vietati, mentre in Italia le denunce e gli allarmi lanciati dagli apicoltori sono rimasti inascoltati (ti pareva…)! Anche Legambiente addita una grossa responsabilità al cambiamento climatico, che proprio l’uomo (con le sue attività e le sue emissioni di gas serra in atmosfera) sta intensificando, originando squilibri termici sempre più disastrosi (come siccità disastrose, ondate di clima primaverile in pieno inverno, estati roventi, ecc…), il che influisce sulle sostanze nutrienti necessarie alle api. A rischio sono le colture di mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza (come denunciato dalla Coldiretti), ovvero tutte quelle piante la cui produzione dipende completamente o in parte dalle api (grazie alla loro impollinazione). Ma a rischio sono anche gli allevamenti, visto la sempre minore impollinazione da parte delle api delle colture foraggiere a seme (come l’erba medica ed il trifoglio) fondamentali per i prati destinati a pascolo. Il forte calo dei prodotti agricoli e da allevamento comporta effetti negativi inevitabili come un aumento sensibile del suo prezzo di mercato e un aumento delle importazione dall’estero, con tutto quello che ne concerne…
Siamo dunque giunti ad un altro risvolto negativo delle attività umane sul nostro territorio: possiamo dunque affermare che i conti tornano, che le previsioni allarmati degli scorsi anni si stanno rivelando più che vere, che l’uomo si sta dando la zappa sui piedi (anzi, se l’è già data…). Tutto quanto di negativo sta succedendo nel nostro pianeta è da intendersi come risposta all’assedio che l’uomo sta attuando sul territorio e che, inevitabilmente, gli condiziona ora più che mai la sua vita normale: gli si sta ritorcendo contro, forse i conti dovevano essere fatti meglio decenni or sono…

Nessun commento: