martedì 3 giugno 2008

È in arrivo “GOOGLE OCEAN”!

È proprio vero: le mappe di Google non conoscono confini, con lo scopo di mappare la Terra con tutto ciò che la circonda. Finora Google ha sfornato:

  • GOOGLE MAPS: è un servizio accessibile dal Web che permette di visualizzare mappe geografiche di gran parte del nostro pianeta, oltre che fornire informazioni su servivi commerciali tra cui indirizzi, recapiti telefonici ed indicazioni stradali;
  • GOOGLE EARTH: è una rappresentazione tridimensionale delle Terra fatta su fotografie aeree ed immagini satellitari. Per utilizzarlo basta scaricare un software sul computer. Ne esistono tre versioni: una gratuita e due a pagamento, ovvero la Earth Plus (20 dollari) e la Earth Pro (400 dollari). Molte zone sono già mappate con altissima definizione;
  • GOOGLE MOON: progetto portato avanti con la NASA, con l’obiettivo di caricare informazioni utili a mappare la Luna (finora sono state caricate molte immagini relative alle diverse missioni Apollo);
  • GOOGLE MARS: progetto portato avanti con la NASA, con l’obiettivo di caricare informazioni utili a mappare il pianeta Marte;
  • GOOGLE SKY: si tratta di una piattaforma per osservare lo spazio. Ci sono immagini catturate dal telescopio spaziale Hubble: tutte le carte spaziali possono essere viste nello spettro dell’infrarosso ed in quello delle microonde. Si possono osservare sia i pianeti del Sistema Solare sia le varie costellazioni.

Ma ora Google ha in serbo qualcos’altro: si tratta di GOOGLE OCEAN, una piattaforma per mappare tutti i fondali oceanici: la società ha infatti convocato molti esperti di oceanografia per discutere sulle possibilità di realizzare una mappa tridimensionale degli oceani e dei mari di tutto il pianeta. Al momento poco si sa dell’operazione: non si sa la data dell’uscita del prodotto, ma si sa già che il nuovo software sarà da scaricare (e non consultabile sul Web) e sul quale tutti potranno caricare le loro informazioni (ad esempio foto scattate con fotocamere in grado di scattare fotografie sott’acqua e riguardanti pesci o particolari dei fondali). Il nuovo software avrà potenzialità anche nell’ambito professionale e scientifico: commento positivo è arrivato dalla NOAA, l’agenzia statunitense che si occupa dello studio del clima. Certo, si tratterà di un lavoro enorme, come afferma Nevio Zitellini, direttore dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il lavoro sarà difficile non solo per la quantità delle zone da mappare (gli oceani e i mari ricoprono i 2/3 del pianeta), ma anche (e soprattutto) per la difficoltà nel raggiungere le zone da rappresentare (ad esempio quelle attorno all’Antartide). Un esempio: per realizzare una mappa marina della zona atlantica compresa tra il Portogallo ed il Marocco, il team di Zitellini (assieme ad altre 13 istituzioni scientifiche) per raccogliere i dati necessari alla mappa ha dovuto impiegare ben 200 giorni di navigazione. Stephen P. Miller, direttore del Geological Data Center della Scripps Institution of Oceanography, ha affermato che Google fornirà solo uno strato su cui tutti potranno inserire le loro immagini per renderlo ricco di informazioni. “Google Ocean” sarà importante non solo per scoprire la morfologia dei fondali, ma anche per elaborare previsioni attendibili circa l’arrivo di onde anomale, per studiare le faglie sottomarine o la fauna ittica (ed eventualmente per proteggerla) o ancora per sapere in anticipo gli effetti delle onde normali nella aree portuali. Ma servirà anche per la realizzazione di alcune opere ingegneristiche come la costruzione di rigassificatori o pale eoliche in mare aperto, o ancora per la posa di cavi sottomarini di Internet.
Già un’idea del genere l’ha pensata qualcuno prima di Google: l’Unione Europea ha finanziato con 12 milioni di euro il programma Mersea (Marine Environment and Security for the European Area) per realizzare una mappa morfologica dei fondali marini europei e per capire la composizione degli stessi. Di questo progetto fa parte anche il nostro Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS): lo scopo del progetto è anche quello di studiare il moto ondoso, le correnti marine, la temperatura dell’acqua, la trasparenza e la clorofilla. Ma c’è anche un progetto francese, realizzato dalla MIS (Magic Instinct Software) che attraverso Google Earth consente di inserire dati (come foto satellitari, rotte navali e previsioni meteorologiche) sulle zone blu del mappamondo di Google Earth.
Per studiare la morfologia dei fondali si utilizza attualmente la tecnologia multibeam: delle onde acustiche colpiscono i fondali ed un sonar è in grado di calcolare l’eco per elaborare immagini in alta risoluzione. Questa tecnologia tuttavia non consente di studiare la composizione degli oceani e per questo verranno utilizzati altri strumenti alcuni dei quali saranno mandati nello spazio: nei prossimi mesi partirà il satellite GOCE (Gravity field and steady-state Ocean Circulation Explorer) dell’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea), a bordo del quale ci sarà un radiometro in grado di misurare il campo gravitazionale terrestre per comprendere meglio la circolazione delle correnti oceaniche (indispensabili per lo studio del clima terrestre); e ancora il satellite SMOS (Soil Moisture and Ocean Salinity), sempre dell’ESA, il quale porterà in orbita il radiometro Miras (Microwave Imaging Radiometer with Aperture Synthesis) che permetterà di ricavare i campi di salinità degli oceani oltre che l’umidità atmosferica. Ci sarà poi il progetto internazionale Argo, che però agirà sulla superficie terrestre per misurare e studiare la temperatura e la salinità degli oceani e dei mari della Terra attraverso delle boe hi-tech dotate di sensori che prima si immergono e catturano informazioni e poi tornano in superficie per spedire (attraverso un collegamento satellitare) i dati raccolti ad un centro di elaborazione: questo progetto è iniziato nel 2000 ed oggi conta 3.138 boe in tutto il pianeta.
Ora restiamo in attesa di GOOGLE OCEAN, un altro passo importante per lo studio completo del nostro pianeta.

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