venerdì 30 maggio 2008

Salvatore Settis: “NON TRADITE LA CULTURA”

Questo è il titolo dell’articolo di Salvatore Settis apparso sul quotidiano La Repubblica di venerdì 23 maggio 2008 e rivolto al nuovo governo (ma anche all’opposizione) in merito alla protezione del territorio ed in particolar modo a quel “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” appena entrato in vigore e al quale lo stesso Settis ha dato un’impronta notevole.
Come ricorda egli stesso, è arrivato il momento di dedicarsi veramente a questo Codice: Codice che è stato impostato dall’allora ministro Urbani e poi corretto, senza modificarne l’impianto, da Buttiglione prima e da Rutelli nella scorsa (e appena chiusa) legislatura. La nuova versione del Codice in vigore, fortemente voluta dal ministro Rutelli e fedele a quanto scritto nella Costituzione a proposito di tutela del territorio e del paesaggio, deve ora essere attuata e perché questo avvenga devono accadere tre cose:

  • un reclutamento straordinario (basato esclusivamente sul merito personale) di persone esperte per la tutela del territorio e dei beni culturali, che sostituiscano le cariche presenti al loro posto da decenni senza aver mai subito alcun turn-over;
  • l’adeguamento delle normative delle singole Regioni a quelle del nuovo Codice;
  • la risoluzione dei problemi della finanza locale, i quali stanno spingendo i Comuni ad un consumo selvaggio del territorio al fine di racimolare miliardi di oneri di urbanizzazione per risanare le casse comunali (che da un po’ di tempo stanno subendo il contraccolpo dei tagli dei finanziamenti statali, e la recente abolizione dell’ICI non aiuta in questo senso…).

In merito all’ultimo punto, la situazione è davvero grave in tutta Italia: abbiamo il più basso incremento demografico d’Europa ma, allo stesso tempo, il più alto tasso di consumo del territorio!!! Questo la dice lunga: nel tempo si è abbandonato il recupero degli edifici esistenti (dai quali non si ottengono oneri di urbanizzazione…) causando lo spopolamento dei centri storici e, allo stesso tempo, ha portato ad una incontrollata espansione delle periferie (nuove lottizzazioni e nuovi edifici dai quali si ottengono fior fiore di oneri…). I dati dell’ISTAT parlano chiaro: dal 1990 al 2005 (dunque in soli 15 anni) mediamente in Italia si sono consumati suoli liberi per un 17% della superficie nazionale, mentre a livello regionale spiccano la Sardegna (21%), la Sicilia (22%), l’Emilia Romagna (22%), la Calabria (26%) e la Liguria (addirittura il 46%!!). Dal 1950 al 2005 il suolo libero italiano è diminuito di ben il 41% (da 30 milioni a 17,8 milioni di ettari!), mentre la superficie agricola dal 1982 al 2007 è diminuita di ben il 21% (mediamente 132.000 ettari all’anno!!!). Un vero e proprio scempio…
Ed ha ragione anche Carlo Petrini quando nel suo articolo “Una cultura da cambiare” (apparso sul quotidiano La Repubblica di mercoledì 21 maggio 2008) dice che non si sarebbe dovuto parlare di “ambientalismo del fare” in campagna elettorale, ma piuttosto di “ambientalismo del fare…bene”. Poco importa realizzare cementifici, autostrade, raffinerie e quant’altro all’interno di un’area verde o protetta o agricola, l’importante è che faccia muovere l’economia, no? Riporta il giornalista: “Bisogna stare attenti perché la cultura del fare, se non ha filtri, diventa la cultura del rifare, del disfare, del fare troppo per poi sfasciare. È una cultura subdola perché si spaccia per libertà, progresso, benessere… La cultura del fare ci ha portato a fare male, a fare troppo. A fare cose che ci costano tanti soldi, e per avere quei soldi dobbiamo lavorare di più e per lavorare dobbiamo fare, fare, fare”. L’ambientalismo del fare sta nella gran parte dei politici (e con loro l’opinione pubblica plasmata da giornali e TV) che sono a favore del ritorno al nucleare e dei termovalorizzatori; l’ambientalismo del fare bene sta invece in quella minima parte (purtroppo…) che al ritorno del nucleare preferisce uno sforzo maggiore sulle energie rinnovabili ed una raccolta differenziata al massimo in tutta Italia evitando gli inceneritori. Evidentemente gli interessi economici prevalgono su tutto, anche sul nostro amato (per noi) territorio.
E, sempre a proposito di tutela del paesaggio, mi meraviglio come alcuni autorevoli giornalisti (come Mario Pirani del quotidiano La Repubblica) si stiano scagliando contro gli impianti eolici: premettendo che personalmente trovo affascinanti queste pale eoliche perché mi danno l’idea di un ambiente pulito e tranquillo, sono certamente d’accordo che questi impianti vadano installati in luoghi scelti con ragionevolezza, ma da qui a farne una vera e propria battaglia mi sembra esagerato considerando la necessità delle energie rinnovabili, anche perché sono gli stessi giornalisti che non si strappano i capelli (ma proprio nemmeno uno!) per le centrali elettriche a carbone, per i tralicci dell’Enel, per le centrali nucleari, per i termovalorizzatori…

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