GIOCONDA: è la Monna Lisa oppure no?
Lo scopo del ritratto non era quello di dare un volto sensuale alla donna, ma di dare un aspetto dolce alla sua espressione quasi a consolare il figlio orfano facendogli credere che la mamma fosse viva così come rappresentata nel dipinto. Zapperi è convinto di questo e, a gennaio 2010, pubblicherà un libro con l’editore C.H. Beck, già presentato in una conferenza a Monaco di Baviera (lo storico, nato a Catania nel 1932, ha già pubblicato una decina di libri di storia tra cui “Annibale Carracci. Ritratto di artista da giovane”, “Tiziano, Paolo III e i suoi nipoti”, “Una vita in incognito. Goethe a Roma”, "Il selvaggio gentiluomo. L’incredibile storia di Pedro Gonzales e dei suoi figli”, “Il ritratto dell’amata: storie d’amore da Petrarca a Tiziano”).
Lo storico non approva quanto il Vasari scrisse nelle Vite del 1550, ovvero: “...prese Leonardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie e quattro anni penatovi, lo lasciò imperfecto”. Approva piuttosto quanto disse Carlo Perdetti nel 1957, secondo il quale la “Gioconda” era uno dei tre dipinti visti nel 1517 da Antonio de’ Beatis nello studio di Leonardo in Francia e descritto come “una certa donna fiorentina fatta al naturale ad instantia del quondam (del fu) magnifico Juliano de’ Medici”: è da qui che lo storico italiano è partito per iniziare la sua ricerca, mettendo a confronto le lettere tra Pietro Bembo e Bernardo da Bibbiena sulle gesta di Giuliano de’ Medici, cacciato da Firenze e andato a vivere ad Urbino nel 1505. E’ da qui che lo storico ha scoperto che il de’ Medici era un Don Giovanni, facendo strage di donne alla corte di Elisabetta Gonzaga e Guidobaldo da Montefeltro, e fu proprio qui che conquistò quella Pacifica Brandani sposata con Baldassare Castiglione. Pacifica rimase incinta ma, una volta nato, portò il bimbo alla ruota degli esposti: nel frattempo il de’ Medici se ne andò dalla città ma, quando Elisabetta Gonzales gli scrisse per dirgli che Pacifica era morta, tornò subito ad Urbino dove riconosce il figlio, che si chiamava Pasqualino in quanto nato il 23 aprile ma ribattezzato Ippolito (come il protagonista della Fedra di Seneca). Ippolito andò successivamente a Roma, dove raggiunse il padre e lo zio (papa Leone X), continuando a chiedere della madre: nel 1515 Giuliano de’ Medici sposò a Torino Filiberta di Savoia, ma per rispondere alle domande del figlio commissionò a Leonardo il ritratto della madre di Ippolito. Leonardo non aveva però immagini della donna, pertanto fu lui che diede liberamente alla donna quell’immagine della maternità. Nel 1516 Giuliano de’ Medici morì e Leonardo partì portandosi dietro il dipinto, che fu acquistato da re Francesco I e da allora rimase in Francia.
Ma nel mondo della pittura sono numerosi i volti femminili a cui si cerca da molto tempo di dare un’identità: pensiamo alla donna del dipinto di Leonardo “Dama con l’ermellino” (ora identificata in Cecilia Galleriani, concubina di Ludovico Sforza), o la donna del dipinto di Raffaello “La dama con il liocorno” (non ancora identificata), o ancora la donna del dipinto di Tiziano “La Venere di Urbino” nel quale non si è ancora chiarito se si volesse celebrare un matrimonio o se era una scena postribolare.
Il mondo della pittura è bello anche per questo mistero…
1 commento:
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