Lunga vita agli ATLANTI GEOGRAFICI!
Partiamo da una breve storia degli Atlanti. Nel 1635 esce Atlas Maior del Blaeu, ovvero il primo atlante di tutto il nostro pianeta realizzato al termine della prima grande stagione delle scoperte. Nei secoli gli Atlanti si sono perfezionati fino ad arrivare all’Atlante dei tipi geografici dell’Istituto Geografico Militare del 1922 (ideato da Olindo Marinelli), all’Atlante Internazionale del Touring del 1927 e al Grande Atlante De Agostini del 1936 (firmato da Baratta e Visintini). In quei periodi gli Atlanti erano ricchissimi di informazioni, tanto che il lettore era portato a guardare di più (in quanto affascinato) le aree delle mappe geografiche che avevano pochissime informazioni: fu così, ad esempio, che Pietro Savorgnan di Brazzà quando era bambino davanti ad uno spazio della mappa libero da informazioni, quale l’area ad est del Golfo di Guinea, si appassionò di Africa e gli nacque il desiderio di esplorare il fiume Congo oltre le foci (cosa che poi fece)!
Arrivando ai tempi nostri, quindi all’era digitale, Internet offre oggi certamente ottimi spunti geografici per poter visionare un territorio (da Google Maps a Google Earth), ma con questi si perde quel fascino tipico della carta stampata, dove sulla carta geografica visualizzi subito la toponomastica, le varie reti di comunicazione, le città, i fiumi, le montagne, le informazioni storiche ed economiche, le foto, realizzando quindi un “viaggio mentale” che si differenzia notevolmente da quelle che si potrebbe fare su Internet (che infatti è più sterile).
Ed ecco che quest’anno la casa editrice italiana De Agostini festeggia i 100 anni del suo primo Atlante Geografico Metodico per le scuole (inciso su pietra con punta di zaffiro) con l’uscita de Il Mondo (516 pagine al costo di € 89), un’opera assolutamente completa con carte tematiche, tantissime informazioni e visioni satellitari aggiornate. La De Agostini sta portando avanti un’evoluzione incredibile in fatto di rappresentazioni geografiche: prima la rivoluzione della stampa su pellicola, poi la tecnica raffinata della quadricromia, fino ad arrivare 10 anni fa al digitale e all’archiviazione informatica dei dati secondo un sistema unificato mondiale chiamato GIS (Geographical Information System), grazie al quale la realizzazione di un Atlante risulta molto più veloce di un tempo in quanto si riescono ad avere dati sempre aggiornati.
C’è però un problema che sta affiorando in questi anni: l’ignoranza geografica di molti ragazzi, spesso dovuta ad un accantonamento della geografia tra le materie di insegnamento scolastico alle superiori. Un errore gravissimo al quale ho già dedicato altri post in passato e al quale sembra che il Ministero dell’istruzione (in generale, non di questo o di quel governo) non voglia porre rimedio: purtroppo i ragazzi guardano l’Atlante ma non sanno cosa guardano, perché un mancato insegnamento non gli fa capire la posizione geografica di un determinato punto, la sua storia, la sua evoluzione, la sua economica, la sua società. E così, da un recente sondaggio, risulta che per molti la capitale della Gran Bretagna è L’Ondra (sì, avete letto bene, con l’apostrofo…)!!!
Se invece siete già appassionati di geografia e volete approfondire l’argomento, vi consiglio l’Atlante di Filosofia (pubblicato da Einaudi, 299 pagine al costo di € 65), scritto da Helmar Holenstein, il quale cerca di spiegare che alla nascita del mondo moderno hanno contribuito sia la rivoluzione scientifica che le grandi scoperte geografiche, e che il pensiero filosofico non era una vicenda solamente europea ma aveva avuto risvolti su tutto il pianeta. Così in questo Atlante si possono trovare, ad esempio, della mappe che mostrano i flussi di matematica o i flussi di diritto tra i vari stati, tra l’Occidente e l’Oriente, tra l’Europa e le Americhe, scoprendo così in che modo la filosofia abbia viaggiato per il mondo. Come ha scritto su la Repubblica Antonio Gnoli (che ha dedicato un articolo all’argomento), “come i venti e le correnti così il pensiero non conosce veri confini. Cosa concludere? Si può giungere a uno stesso grado di consapevolezza della verità seguendo metodi differenti. È un chiaro invito al confronto culturale: niente è così centrico e autoreferenziale da pretendere di escludere ciò che nel resto del mondo è stato pensato”.
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