venerdì 22 gennaio 2010

Ecco il FEDERALISMO DEMANIALE…

Poco meno di un mese fa, alla vigilia di Natale, il Consiglio dei Ministri ha varato un decreto legislativo sul cosiddetto federalismo demaniale, che ora è all’esame delle competenti Commissioni parlamentari. Che cosa prevede questo “federalismo demaniale"? Consiste nel trasferire dei beni statali agli enti minori (Regioni, Province e Comuni), e questo trasferimento si attuerà con la dismissione di edifici pubblici, caserme, terreni, spiagge, fiumi, laghi, acquedotti, porti ed ogni altro bene attualmente di proprietà demaniale. Il provvedimento è costituito da 7 articoli ed è stato presentato da Roberto Calderoni in qualità di ministro della Semplificazione Normativa.
A primo acchito potrebbe sembrare una cosa di buon senso, ma in realtà non lo è proprio in quanto si corrono due rischi: il primo è che potranno essere svenduti anche beni “assoggettati a vincolo storico, artistico ed ambientale che non abbiano rilevanza nazionale” (perché, c’è anche un valore storico o artistico o ambientale di rilevanza regionale…?), il secondo è che questo processo di dismissione aprirà le porte alla speculazione edilizia e immobiliare in quanto sarà più facile intervenire su tali opere se dall’altra parte ci sono enti inferiori all’organo statale e potenzialmente “interessati” a questi interventi. Lo ha denunciato, giustamente, anche il presidente dei Verdi, Angelo Monelli.
I Verdi sono preoccupati soprattutto per due articoli del decreto legislativo: l’art. 5 (comma b) il quale stabilisce che la delibera del piano di alienazione e valorizzazione da parte del Consiglio Comunale costituisce variante allo strumento urbanistico generale (ciò significa che ogni delibera per il passaggio di un bene demaniale al Comune si trasformerà automaticamente in variante al piano regolatore saltando pertanto il normale iter di modifica); e l’art. 6 il quale semplifica le procedure per l’attribuzione dei beni statali ai fondi immobiliari. Si tratta di un vero e proprio regalo a quelle grande famiglie di costruttori che nel tempo hanno devastato il territorio italiano in nome dei ricavi derivanti dall’urbanizzazione sfrenata.
Lo stesso provvedimento prevede un esatto censimento dei beni demaniali: secondo i dati dell’Agenzia del demanio ci sono in Italia circa 30.000 beni in gestione, di cui 20.000 (pari al 67%) sono fabbricati (per una cubatura complessiva di 95 milioni di mc…) e 10.000 (pari al 33%) sono terreni (per una superficie di 150 milioni di mq…). Il demanio militare occupa invece lo 0.26% del territorio nazionale (pari a 783 kmq). Fra le possibile cessioni figurano così lo splendido Arsenale di Venezia, la Caserma Cavalli di Firenze, il Castello di Brindisi, il Poligono di Capo Teulada (in Sardegna) e alcune isole (tra cui l’isola di Sant’Andrea a Venezia e l’isola Palmaria a La Spezia).
Certo, dobbiamo essere sinceri: è anche vero che la maggior parte dei beni demaniali versa in stato di abbandono o quasi, e che comunque mancano le risorse necessarie per la loro conservazione e valorizzazione. Probabilmente il trasferimento agli enti minori potrebbe garantire maggiori investimenti, in quanto arriverebbe risorse di privati, tuttavia ci sono alcuni punti molto importanti che dovrebbero essere inseriti nel nuovo provvedimento per evitare lo smantellamento di quello che è il più grande patrimonio storico, artistico e ambientale del mondo intero: si dovrebbero escludere dai beni trasferibili quelli storici ed artistici (evitando così che castelli o musei passino in mani “bucate” e diventino opere dall’uso completamente diverso da quello originario) e si dovrebbe introdurre un vincolo di destinazione d’uso per questi immobili trasferiti. Allo stesso tempo sarà una buona cosa trasferire un’area abbandonata o una caserma purché venga poi utilizzata per fini sociali come ospedali, carceri, istituti scolastici, centri di assistenza, parchi pubblici, impianti sportivi, ecc… Pier Luigi Cervellati, urbanista e professore all’Università di Venezia, nell’intervista di Giovanni Valentini per il quotidiano la Repubblica del 31 dicembre 2009, esprime tutta la sua preoccupazione per il futuro dei centro storici, dicendo giustamente: “Vendere caserme in un centro storico, senza che questo serva alla città stessa, senza che serva a creare spazi pubblici, ma solo a fini speculativi, significa accentuare la trasformazione delle città in merce”.
Il pericolo, per fare cassa vista la carenza di fondi nello Stato, è che questo provvedimento si trasformi in un nuovo Piano Casa, ogni regione ne farà un uso proprio, in quanto punta sull’edilizia per riavviare il meccanismo economico, senza considerare che la speculazione edilizia a fini residenziali avrà gravi conseguenze sulle città (aumento di traffico, aumento di inquinamento, ecc…) e con ulteriore rischio di bolla speculativa (vedi quello che è successo in Spagna…). Staremo a vedere cosa cambierà in fase di approvazione di questo emendamento…

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