martedì 5 aprile 2011

L'EDUCAZIONE CIVICA che non si insegna a scuola... - 2° parte

Lo scorso 15 marzo ho pubblicato la 1° parte di un libro dedicato all'EDUCAZIONE CIVICA: sono sempre dell'idea che nella scuola dovrebbe essere ripristinato l'insegnamento di questa materia, perchè (anche) con questa si formano gli uomini del domani. Continuo quindi con la pubblicazione di alcune parti del libro di educazione civica delle mie scuole medie, libro intitolato appunto "Educazione civica", scritto da Bianca Maria Ribetto (edito da Società Editrice Italiana di Torino nel 1985). La scorsa volta ho trattato la "Parte Prima - Vivere Insieme" del libro, ora tratto la Parte Seconda. PARTE SECONDA - Lavoro e società. Il lavoro viene considerato un dovere sociale, cioè un dovere che gli individui hanno nei confronti della società. Non a caso l'art. 1 della nostra cara Costituzione recita proprio: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Ciò significa che i cittadini sono degni di rispetto e di considerazione non in quanto possiedono ricchezze, ma in quanto collaborano con il proprio lavoro, anche modesto, al benessere della società (così come recita l'art. 4 della stessa Costituzione). Il modo in cui gli uomini si organizzano per lavorare è molto importante, non soltanto perchè da esso dipende la produzione dei beni necessari, ma anche perchè esso determina i rapporti fra le persone all'interno della comunità. Si tratta di princìpi molto importanti: dobbiamo ricordare che siamo noi la società e siamo noi a far funzionare la società stessa. Con il lavoro l'uomo si procura il denaro con il quale acquista le cose o paga i servizi dei quali ha bisogno. Nella vita di tutti i giorni però l'uomo usa anche beni o servizi che, almeno apparentemente, non gli costano nulla: non paga ad esempio per usare una strada, non paga la lezione che riceve nella scuola statale, non paga l'uso della panchina ai giardini pubblici o il vantaggio dell'illuminazione stradale. Chi paga questi servizi? Siamo noi che li paghiamo, ne sosteniamo il costo tutti assieme tramite il pagamento delle tasse (proporzionate in base al proprio reddito). Ecco perchè pagare le tasse è così importante: le tasse servono a sostenere la società in cui viviamo e a far funzionare lo Stato, ricordate sempre che la società siamo noi. Tutti dobbiamo quindi pagare le tasse: chi evade le tasse fa un torto agli altri e alla società. Negli Stati moderni, che cercano di soddisfare sempre meglio le esigenze dei cittadini e di organizzare più adeguatamente i servizi, le spese crescono più rapidamente delle entrate e lo Stato spesso non è in grado di assolvere a tutti i suoi compiti. Questo accade anche in Italia, dove la situazione è aggravata sia dal fatto che talvolta il denaro pubblico è male amministrato e si compiono inutili sprechi, sia da una forte evasione fiscale: ci sono cioè nel nostro paese molti cittadini che si sottraggono al loro dovere di contribuire alle spese della collettività. Queste persone commettono un reato ai danni dello Stato, cioè di tutti i cittadini, perchè, pur usufruendo di tutti i vantaggi che derivano dal far parte di una comunità e utilizzando i servizi che essa fornisce, non contribuiscono a sostenerne le spese. Ciò significa che la collettività viene derubata ogni anno di una somma enorme: pensate quanti ospedali, quante scuole, quante cose potrebbero essere costruite con questo denaro! Credo che a questi princìpi non ci sia nulla da aggiungere. .. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Sia gli individui che lo Stato devono sempre avere presente che tutti i cittadini sono ugualmente degni di rispetto; che tutti allo stesso modo devono obbedire alle leggi; che tutti ugualmente possono esercitare il potere politico, cioè possono prendere parte alle decisioni che riguardano la vita della Nazione. Le decisioni politiche vengono in gran parte determinate da coloro che occupano posizioni di rilievo i quali, tra l'altro, possono servirsi della stampa e degli altri mezzi di informazione per indirizzare le opinioni dei cittadini. Questa disuguaglianza di potere è tanto più grande quanto più basso è il livello di partecipazione dei singoli cittadini all'attività della comunità e delle assoiciazioni democratiche in cui si articola la nostra società: i quartieri, i Comuni, i sindacati, i partiti politici, ecc... Partecipare all'attività di queste comunità significa contare di più, avere maggiori possibilità di influire sulle scelte politiche, non lasciare che siano pochi a decidere per tutti. Ma non sono in grado di esercitare il loro potere coloro che, per mancanza di un minimo di istruzione, non sanno far valere le proprie ragioni, difendere i propri interessi, prospettare soluzioni; coloro che vivono in una condizione di "ignoranza così grave da non essere neanche più uomini" (come disse don Lorenzo Milani). Questi ultimi princìpi mi hanno colpito molto, perchè, pur essendo stati scritti quasi 30 anni, sono perfettamente descrittivi della situazione attuale del nostro Paese: il potere in mano a pochi (i soliti), la politica trasformata in una casta, il controllo delle masse con i mezzi di informazione (TV e giornali), la diffusa ignoranza, le bugie, gli interessi personali. Abbiamo un grande mezzo (ormai uno dei pochi) che sono le elezioni politiche: spero che almeno alle prossime gli italiani sappiano cosa fare per poter ridare un pò di dignità a questo Paese...

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