venerdì 31 maggio 2013

Una LISTA ROSSA per gli ecosistemi in pericolo

“L'Aral è un lago salato di origine oceanica, situato alla frontiera tra l'Uzbekistan (nel territorio della repubblica autonoma del Karakalpakstan) e il Kazakistan. È talvolta chiamato erroneamente mare d'Aral, poiché possiede due immissari (Amu Darya e Syr Darya), ma non ha emissari che lo colleghino all'oceano risultando dunque un bacino endoreico... Il lago d'Aral è vittima di uno dei più gravi disastri ambientali provocati dall'uomo. L'evento è stato tra l'altro definito dal politico statunitense Al Gore, nel suo libro "Earth in the balance", come il più grave nella storia dell'umanità. Originariamente, infatti, il lago era ampio all'incirca 68.000 km², ma dal 1960 il volume e la sua superficie sono diminuiti: nel 2007 il lago era ridotto al 10% della dimensione originaria. A causa della sua posizione geografica (si trova al centro dell'arido bassopiano turanico) è soggetto a una forte evaporazione che non è più compensata dalle acque degli immissari, sfruttati dai consorzi agricoli. La prospera industria della pesca basata sul lago è stata dismessa, provocando disoccupazione e difficoltà economiche. Al giorno d'oggi la regione è fortemente inquinata, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica. Il ritiro del lago ha causato anche il cambiamento del clima locale (microclima), con estati diventate più calde e secche mentre gli inverni sono diventati più freddi e più lunghi”. L'intera descrizione al link https://it.wikipedia.org/wiki/Lago_d'Aral. Le immagine allegate a questo post dimostrano la quasi completa scomparsa del lago. 
 Purtroppo la storia del lago d'Aral non è l'unica, ma ce ne sono molte (e sempre di più) in giro per il pianeta: nel 1948 è stata istituita dall'Unione Internazionale per la conservazione della natura (http://www.iucn.it/) una lista che elenca le specie a rischio di estinzione, che però da sola non basta più. Per questo, per contrastare la perdita di diversità biologica (specie, geni e habitat) lo stesso IUCN ha chiesto ad un gruppo di ricercatori della University of South Wales (guidati da David Keith) di redigere anche una lista degli ecosistemi a rischio di scomparsa dal nostro pianeta. Questa lista sarà completata entro il 2025 e includerà, oltre naturalmente al Lago d'Aral, anche altri 19 ecosistemi in serio e grave pericolo come la Laguna di Coorong (in Australia meridionale, minacciata dalla diminuzione del flusso di acqua dolce in entrata dal fiume Murray), le foreste di acacie della valle del fiume Senegal (per la conversione del territorio in ampi agricoli) e la barriera corallina del Mar dei caraibi (minacciata dall'inquinamento e dalla pesca intensiva), mentre sono per ora "solo" in pericolo le foreste di Tapia in Madagascar (decimate dal disboscamento). Sono 5 i parametri che vengono esaminati dai ricercatori per redigere questa lista: le dimensioni delle aree che ospitano l'ecosistema, la velocità con cui queste si riducono, la degradazione delle componenti non viventi, la presenza di specie viventi e le loro relazioni, e il rischio complessivo di collasso calcolato attraverso una simulazione al computer. In base a questi parametri un ecosistema viene definito vulnerabile, a rischio, estremamente a rischio e collassato (finora solo il lago d'Aral ha raggiunto lo status di collassato). 
Come spiega il ricercatore Keith, in un articolo di Caterina Visco sull'inserto “Il Venerdì” del quotidiano la Repubblica del 24 maggio 2013, le due liste saranno complementari: quella esistente lavora con un maggior dettaglio valutando lo stato delle singole specie, mentre quella nuova avrà un livello più ampio comprendendo altre componenti di un ecosistema e servirà nella gestione del territorio per programmare interventi di protezione e di recupero. Concordo con Alberto Fanfani (docente di Gestione della diversità animale e delle aree protette della Sapienza di Roma), quando dice che questo strumento potrebbe essere utile anche in Italia, visto che c'è una vasta biodiversità in un territorio densamente popolato e con aree gravemente inquinate: anche in questo un aiuto del Governo non sarebbe male.

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