giovedì 31 gennaio 2013
L'Eneide è un poema epico della cultura latina scritto dal poeta e filosofo Virgilio nel I secolo a.C. (più precisamente tra il 29 a.C. e il 19 a.C.), che narra la leggendaria storia di Enea, eroe troiano figlio di Anchise, fuggito dopo la caduta della città di Troia, che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Alla morte di Virgilio il poema, scritto in esametri dattilici e composto da dodici libri, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore; perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma l'amico Vario Rufo, non rispettando le volontà del defunto, salvaguardò il manoscritto dell'opera e successivamente l'imperatore Ottaviano Augusto ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato. I primi sei libri raccontano la storia del viaggio di Enea da Troia all'Italia, mentre la seconda parte del poema narra la guerra, dall'esito vittorioso, dei Troiani - alleati con i Liguri, alcuni gruppi locali di Etruschi e con i Greci provenienti dall'Arcadia - contro i Rutuli, i Latini e le popolazioni italiche in loro appoggio, tra cui altri Etruschi; sotto il nome di Latini finiranno per essere conosciuti in seguito Enea e i suoi seguaci. Per approfondimenti http://it.wikipedia.org/wiki/Eneide. Perchè parlo dell'ENEIDE? Perchè oggi ho trovato un curioso articolo di Raffaella De Santis sul quotidiano la Repubblica intitolato appunto “Il codice segreto dell'Eneide”, che fa riferimento al fatto che lo scrittore Virgilio avrebbe nascosto la sua firma nei primi versi del poema. Il poema inizia così:
“Arma uirumque cano, Troiae qui primus ab oriS
Italiam fato profugus Lauiniaque ueniT
Litora – multum ille et terris iactatus et altO
Vi superum, saeuae memorem Iunosis ob iraM”
che tradotto significa: “Canto le armi e l'uomo che per primo dalle terre di Troia raggiunse l'Italia per volere del fato e le sponde lavinie, molto per forza di dei travagliato in terra e in mare, e per le memore ira della crudele Giunone”.
Dove sarebbe nascosta la firma di Virgilio? Lo spiega Cristiano Castelletti, collaboratore all'università di Friburgo in Svizzera, in un articolo pubblicato sulla rivista di filologia classica “Museum Helveticum”. Secondo Castelletti, prendendo in sequenza la prima e l'ultima lettera di ogni verso (indicata in maiuscolo nei versi sopra indicati), si ottiene infatti la parola ASTILOMV, che lo stesso Castelletti interpreta e propone di leggere come “A STILO M(aronis) V(ergili)”, che tradotto significherebbe “dalla penna di Virgilio Marone” (il suo vero nome). Certo, la cosa potrebbe anche essere casuale, come spiega lo stesso Castelletti, però diversi contributi scientifici sembrano confermare l'uso intenzionale di acrostici da parte di Virgilio (un acrostico è un componimento poetico o un'altra espressione linguistica in cui le lettere o le sillabe o le parole iniziali di ciascun verso formano un nome o una frase). Nel caso di Virgilio, si tratterebbe di un acrostico con andamento bustofedico (una scrittura bustrofedica è una scrittura che non ha una direzione "fissa" ma procede in un senso fino al margine scrittorio e prosegue poi a ritroso nel senso opposto, secondo un procedimento "a nastro", senza "andate a capo" ma con un andamento che ricorda quello de solchi tracciati dall'aratro in un campo), molto arcaico che ben si adatterebbe all'inizio dell'Eneide.
Questa scoperta, come dice lo stesso Castelletti, è molto importante perchè apre nuove prospettive di studio rivalutando la funzione degli acrostici. E dice testualmente: “Scoprire la firma di Virgilio nell'Eneide è un po' come scoprire quella di Leonardo nella Monnalisa”. Niente male...
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