martedì 29 gennaio 2013
Timbuctù è un'antica città del Mali, considerata la capitale di uno dei veri quattro sultanati (salvo il sultanato supremo di Costantinopoli): grazie alle sue caratteristiche è stata dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO ed è stata proposta come una delle sette meraviglie moderne. Raggiunse il massimo del suo splendore tra il 1300 e il 1500, quando fu polo culturale del mondo arabo e così ricca d'oro da essere considerata una specie di Eldorado del tempo. Considerata, per le sue favolose ricchezze e per la sua inaccessibilità, un luogo più mitico che reale, della sua esistenza in Europa si discusse sino al 1806, quando l'esploratore Mungo Park riuscì a raggiungerla dal fiume Niger, anche se non riuscì a tornare indietro. La città è ancora viva in epoca moderna e, pur non godendo delle ricchezze materiali di un tempo, conserva una piccola parte delle ricchezze culturali dell'epoca, compresi 700.000 manoscritti arabo-islamici dei secoli XIII-XVI, tra cui opere di Avicenna, vari dei quali giunti dalla Spagna in seguito alla Reconquista, anche se un gran numero di essi è scritto, usando caratteri arabi, in lingue africane del luogo (cosiddette "lingue ajami"). Moltissime delle costruzioni della città sono state erette e costruite col fango, che garantisce una notevole solidità, dato che la città si trova in una regione desertica del Mali, l'Azawad, e la possibilità che piova è prossima allo zero. È un patrimonio a rischio a causa della guerra del Mali settentrionale. Nel luglio 2012 è stato distrutto un santuario da una cellula di al-Qaida. Le distruzioni sono proseguite il 21 dicembre, interessando altri quattro edifici fra quelli dichiarati patrimonio dell'Umanità. Fonte wikipedia.it. E infatti, purtroppo, la guerra che sta flagellando il nord del Mali sta portando alla morte della cultura maliana: come successe nel 2001 in Afghanistan con la distruzione dei famosissimi Buddha in pietra di Bamyan da parte dei Talebani e come è successo pochi mesi fa ad Aleppo (Siria) con la distruzione di vari monumenti nell'antica cittadella (che fa parte del Patrimonio Unesco dell'umanità), anche qui i Talebani stanno distruggendo tutto ciò che rappresenta la cultura locale. E stiamo parlando di una cultura incredibile: un insieme di opere di valore inestimabile che fa parte appunto del Patrimonio Unesco dell'Umanità (http://www.unesco.it). Il pericolo si sta manifestando non solo a Timbuctù (la cosiddetta “città dei 333 santi”, dove si stanno distruggendo i famosi mausolei sacri) ma anche in altre località del Mali che fanno sempre parte del Patrimonio Unesco dell'Umanità, ovvero la tomba dell'imperatore Askia a Gao (http://it.wikipedia.org/wiki/Tomba_di_Askia), la falesia dei Dogon a Bandiagara (http://it.wikipedia.org/wiki/Falesia_di_Bandiagara) e la città di fango di Djennè (http://it.wikipedia.org/wiki/Djenn%C3%A9). E ci sono altri 9 siti nel Mali in attesa di entrare sotto la protezione dell'Unesco.
Ora è arrivata la notizia orribile che a Timbuctù i ribelli hanno bruciato l'antica biblioteca: essa è (anzi, era...) ospitata nell'istituto di alti studi e ricerche islamiche “Ahmed Baba” fondato dal governo del Mali nel 1973, nel quale nel 2009 fu inaugurato un nuovo edificio di 4.600 metri quadrati (grazie ad un accordo tra i governi del Mali e del Sudafrica) con un sistema di aria condizionata per preservare i testi antichi. La sua istituzione è stata decisa nel 1967 dall'Unesco proprio per la conservazione di questi manoscritti: si tratta di 30.000 manoscritti arabi del valore inestimabile, la maggior parte risalenti al XIV e al XVI secolo, con testi di medicina, filosofia, astronomia, poesia, letteratura e legge islamica, molti dei quali decorati con miniature in oro zecchino e rilegati con copertine in pelle lavorata (fra i più preziosi vi sono copie del Corano del XII secolo e la trascrizione di un trattato di medicina attribuito al medico e filosofo musulmano Avicenna). Tutto andato perduto sotto il fuoco.
Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun ha scritto un bel articolo che è stato tradotto da Fabio Galimberti per il quotidiano "la Repubblica" di oggi. Spiega la spietatezza di questi barbari del nord del Mali che, proprio per il fatto di essere stati sconfitti, si sono vendicati senza pudore anniettando e distruggendo per sempre l'immenso patrimonio culturale del paese. La distruzione di questo patrimonio è un attacco contro l'identità non solo africana, ma di tutta l'umanità. Intervenire perchè non succeda più, in nessuna parte del mondo, deve essere un impegno di tutti gli Stati del mondo.
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