domenica 27 gennaio 2013
Un articolo intitolato “Trentamila anni di domande sul cielo” di Giovanni Sabato sul settimanale L'Espresso (http://www.espresso.it) del 10 gennaio 2013 mi ha dato l'idea dell'immenso patrimonio storico-astronomico presente sul nostro Pianeta: l'Osservatorio di Mount Wilson (USA) del 1904; il complesso di massi e rocce con graffiti astronomici precolombiani a Boca de Potrerillos in Messico; l'Osservatorio del vulcano Mauna Kea nelle Hawaii; il Centro cerimoniale di Chankillo (Perù) risalente a 2.200-2.500 anni fa con 13 torri di osservazione solare; i telescopi degli osservatori AURA nelle vette di Cerro Tololo and Cerro Pachòn (Cile); il Centro cerimoniale di 700 anni fa a Caguana (Portorico); il celeberrimo complesso di Stonehenge, l'ooservatorio astronomico altrettanto celebre di Greenwich e i Monasteri gemelli di San Pietro e Paolo, tutti in Inghilterra; i dipinti delle grotte di Lascaux di ben 18.000 anni fa, l'osso bovino con incisioni astronomiche della grotta di Thais, l'Osservatorio di Mudon di Parigi e la cattedrale di Salisburgo con varie meridiane, uno zodiaco e tre grandi orologi astronomici, tutti in Francia; il Pantheon di Roma, l'Acropoli di Alatri e il Battistero di Parma; gli osservatori delle Canarie (Spagna); il radiotelescopio di Stockert e la torre di Einstein a Potsdam, in Germania; l'arco geodetico di Struve presente in 34 località di 10 paesi europei allineanti dal Mar Artico norvegese al Mar Nero in Ucraina; la collina di Pnice vicino ad Atene dove Metone costruì un eliotropo (strumento per l'osservazione del solstizio); l'osso di babbuino con incisioni per i cicli lunari rinvenuto a Ishango (Repubblica Democratica del Congo) risalente a 27-18.000 anni fa; l'osservatorio reale di Capo di Buona Speranza in Sud Africa, fondato nel 1820, che è il più antico osservatorio permanente dell'emisfero sud e la prima grande istituzione scientifica in Africa; la tomba di Senenmut a Tebe, il tempio di Hathor a Dendera, le piramidi di Giza e il tempio di Ammone a Karnak, tutti in Egitto; il complesso di piramidi, necropoli e templi di Napata in Sudan; l'osservatorio di Ulugh Beg vicino a Samarcanda in Uzbekistan; l'osservatorio di Maraga in Iran; l'osservatorio Jantar Mantar a Jaipur in India; il complesso di Dengfeng, l'osservatorio di Taosi e l'antico osservatorio imperiale di Pechino, tutti in Cina; l'ooservatorio di Cheomseongdae in Corea; la riserva di cielo stellato di Aoraki-Mount Cook-Tekapo in Nuova Zelanda (un osservatorio sorto in un'area legalmente protetta dall'inquinamento luminoso per una fascia di 50 km); la piattaforma di Atituiti Ruga, osservatorio solare del 1450 in Polinesia francese. E la lista continuerebbe.
Si tratta di un immenso patrimonio fatto di osservatori, edifici, templi, pitture, iscrizioni, aree per l'osservazione, tombe, pratiche culturali, ecc... che ora sono inseriti nel “patrimonio astronomico dell'umanità” istituito dall'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, http://www.unesco.it) e dall'UAI (Unione Astronomica Internazionale, http://www.iau.org), per testimoniare come l'umanità fin dalla preistoria abbia sempre ammirato, interpretato e razionalizzato il cielo, mettendolo in relazione con le proprie vicende per soddisfare le proprie esigenze. Il tutto è ora consultabile sul portale http://www2.astronomicalheritage.net. Tutto questo parte da lontano: nel 2003 l'UNESCO riconoscendo il valore culturale dell'astronomia ha istituito la “Astronomy and World Heritage Initiative” (http://whc.unesco.org/en/astronomy/) e nel 2008 ha stretto accordi con l'UAI per valorizzarlo: ed ecco che nel 2012 è nato il portale di cui sopra. Questa idea nasce dal fatto che la maggior parte del patrimonio astronomico mondiale è in pericolo e questo progetto servirà a promuoverne la salvaguardia sollecitando l'interesse politico e pubblico. Finora solo un sito astronomico era patrimonio Unesco ed era l'arco geodetico di Struve, una serie allineata di 34 punti dal Mar Artico in Norvegia al Mar Nero in Ucraina contrassegnati da colonne, rocce, incisioni o fori, ed è ciò di quanto resta dei 265 nodi di riferimento che dal 1816 al 1851 l'astronomo Friedrich Struve collocò per determinare forme e dimensioni esatte della Terra, consentendo all'Europa di stabilire confini certi dopo il Congresso di Vienna.
Ora la stessa sorte toccherà a tutto il patrimonio astronomico mondiale. Il portale è in corso di aggiornamento e presto vi si aggiungeranno nuovi elementi: davvero un grande progetto per poter proteggere tutto quel patrimonio che testimonia il progredire della conoscenza astronomica sperimentata dall'umanità nel corso dei millenni.
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