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mercoledì 5 settembre 2007
Si tratta di una lunga storia quella tra l'Italia e il petrolio africano. L'ENI vi è impegnata da oltre 50 anni, prima nei paesi nord-africani (Egitto, Libia, Algeria e Tunisia) e dal 1962 anche in Nigeria. Proprio sul Delta del fiume Niger la produzione di idrocarburi (petrolio e gas) ha raggiunto nel 2005 i 152.000 barili al giorno, pari a circa il 15% della produzione totale del paese. Tuttavia la ricchezza che deriva da questi pozzi continua a non essere erogata alla popolazione nigeriana. La regione del Delta del Niger da anni è sotto i riflettori internazionali che difendono i diritti umani: in queste terre vi sono 30 milioni di abitanti provenienti da 40 etnie diverse e proprio qui vi si estrae la quasi totalità del petrolio della Nigeria (1° produttore africano e 7° al mondo). Il business delle concessioni petrolifere alle grandi miltinazionali produce ben l'80% del Pil del paese!! Purtroppo, però, nella zona del Delta di tutti i soldi che lo stato ha guadagnato in 50 anni non ne è arrivato un solo spicciolo! Non vi sono strade, ospedali, scuole, strutture, acqua potabile, energia elettrica; la gente si ammala di malaria, colera e tifo e non vi è assistenza medica, mentre la dissenteria è una piaga quotidiana per i bambini. Davvero interessante il reportage apparso nell'inserto "La Repubblica delle Donne" su "La Repubblica" di sabato 01 settembre. Un ragazzo nigeriano nell'intervista afferma: "Viviamo sulla ricchezza del paese, e non abbiamo nulla. Le grandi compagnie straniere arrivano, si accordano con i politici che stanno nella capitale Abuja e firmano ricchi contratti. Vengono qui e iniziano a trivellare. Hanno distrutto le nostre terre, hanno ucciso i nostri pesci, hanno fatto ammalare i nostri bambini. E cosa rimane per noi? Nulla, nemmeno ci assumono per lavorare nei campi di estrazione o nelle piattaforme off-shore. La nostra esistenza è così: viviamo sul petrolio, moriamo di petrolio". Qualcuno aveva provato in passato a denunciare questa drammatica situazione: nei primi anni '90 lo scrittore, ecologista e attivista politico, Ken Sarowiwa aveva attaccato la compagnia petrolifera Shell ed il governo nigeriano accusandoli di aver ignorato per anni i diritti ambientali ed economici del suo popolo, gli Ogoni. Quale fu il risultato? Lo scrittore, assieme ad altri attivisti, venne giustiziato nel 1995 dal regime militare di Sani Abacha, in seguito ad un processo farsa. Il governo pensava che così facendo avrebbe mantenuto la popolazione in silenzio e nel frattempo le venivano promesse le agognate infrastrutture... che non sono mai arrivate, ed anzi l'inquinamento è aumentato mentre le condizioni di vita sono rimaste pessime. Ecco allora che la rabbia comincia ad aumentare, soprattutto tra i giovani: si sono così formati dei gruppi che attaccano le compagnie petrolifere, sabotano le installazioni e rapiscono i lavoratori (anche italiani) con rivendicazioni e richieste politiche. Atti non perdonabili ma certamente capibili... Un altro paradosso della Nigeria è che il paese produce petrolio ma non è in grado di raffinarlo per il mercato interno, così esporta greggio e reimporta benzina!! I prezzi salgono così alle stelle e la gente scende in piazza per protestare, invano... Con i proventi del greggio la Nigeria potrebbe dare al suo popolo ottime infrastrutture e un buon stile di vita, ma quel denaro finisce direttamente nei conti all'estero dei politici mentre oltre la metà della popolazione vive con un dollaro al giorno! E intanto il mondo occidentale (cioè NOI) si arricchisce sulle fortune e sulla pelle di quei malcapitati, stiamo rubando loro le loro ricchezze, rendiamoci conto che senza di loro il mondo occidentale non sarebbe così evoluto! Eppure continua ad essere così egoista, questo maledetto mondo occidentale: basti pensare al dispiegamento di eserciti nazionali in Iraq (per destituire Saddam?) e non nel Darfur...
Biocarburanti: si rischia di finire il cibo...
Per tanto tempo si è pensato ai cosiddetti "biocarburanti" in qualità di sostituto della benzina come soluzione alla lotta dell'inquinamento atmosferico, ma probabilmente in pochi hanno pensato all'effetto che questo avrebbe comportato: scarsità sempre maggiore di cibo e aumento del suo costo, il chè (unito al costante aumento della popolazione mondiale) si tramuta in FAME! Proprio la maggior richiesta di alcuni prodotti agricoli per la produzione dei biocarburanti (grano, canna da zucchero, ecc...) ha portato all'impiego sempre più vasto di terreni prima utilizzati per altri prodotti agricoli: sul mercato ci sono sempre meno prodotti agricoli che così costano di più. Per fare alcuni esempi, negli Stati Uniti gli stabilimenti per la produzione di etanolo (biocarburante) erano 100 nel 2006, saranno 150 alla fine di quest'anno e saranno ben 450 entro due anni, mentre nel solo stato del Nebraska un altro milione di acri di mais è stato piantato quest'anno e lo stato produrrà 1 miliardo di glloni di etanolo; il Brasile pianterà 300 milioni di acri di mais (pari a 1,2 milioni di kmq) per produrre biofuel; l'India ne vuole piantare 35 milioni di acri di mais (140.000 kmq); l'Indonesia vuole superare la Malesia nella produzione di olio di palma aumentando da 16 milioni a 65 milioni gli acri coltivati; il Sudafrica (già denominato "Medio Oriente del biocarburante") ha già piantato quasi 1 miliardo di acri di mais (pari a ben 4 milioni di kmq) per biofuel! Tutto ciò sta comportando degli sgravi squilibri, con ripercussioni anche sugli allevamenti: in un solo anno il prezzo del grano è aumentato del 50% e addirittura del 100% quello del frumento! In Cina è aumentato mediamente del 42% il prezzo della carnbe di maiale, negli USA il prezzo del pollo è aumentato del 10% mentre uova e latte del 7,5% (il più alto degli ulimi 25 anni), in India i prezzi sono aumentati dell'11% mentre in Messico il prezzo di una torilla è aumentato di ben il 400% in un solo anno!!! Già l'agricoltura è messa in crisi dalle siccità sempre più gravi che colpiscono vari angoli del pianeta: è previsto infatti un declino del 50% entro il 2020 dell'agricoltura nei paesi dipendenti dalla pioggia per l'irrigazione. Se a questo aggiungiamo la sempre minor disponibilità di prodotti agricoli e terre coltivabili a discapito dei prodotti da utilizzare nella produzione di biocarburante, l'aumento del 20% dei costi per gli aiuti alimentari al Terzo Mondo, l'aumento della soglia di povertà, il pericolo di un aumento del 50% dei prezzi nel prossimo decennio, l'aumento costante della popolazione mondiale, delle auto in circolazione e delle persone malnutrite, beh dopo tutte queste considerazioni non sò come possano fare i governi mondiali a continuare a puntare sui biocarburanti. La domanda che dovrebbero porsi è infatti: c'è cibo per tutti? Oppure arriveremo ad un punto un cui molte persone dovranno sciegliere tra una pagnotta di pane e un pieno di biocarburanti nell'auto....
scritto da
Unknown
alle
10:09 PM
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Etichette: agricoltura, biocarburanti, fame nel mondo, povertà
giovedì 12 aprile 2007
Effetto-serra: un debito climatico con i paesi più poveri!
Sembra un paradosso ma purtroppo è la realtà: le popolazioni che vedono messa a rischio la loro vita a causa del cambiamento climatico vivono nei paesi che meno hanno contribuito all'emisione in atmosfera di anidride carbonica e dei gas-serra! Si tratta dei paesi più poveri in quanto quelli più ricchi, infatti, proprio per le disponibilità economiche sono meglio attrezzati ad affrontare i danni causati dal cambiamento climatico. Inoltre, i paesi più ricchi sono avvantaggiati geograficamente, nel senso che si trovano generalmente su latitudini dai climi temprati, nè troppo caldi nè troppo freddi. Tuttavia, il fattore maggiore è rappresentato dalla ricchezza di questi paesi, costruita ed accumulata negli ultimi 100 anni in seguito allo sfruttamento di petrolio, carbone e altri combustibili fossili che hanno reso possibile questo stile di vita e l'industrializzazione. Gli Stati Uniti, ad esempio, ove l'agricoltura rappresenta solo il 4% dell'economia del paese, possono permettersi un cambiamento climatico drastico con molta più facilità di paesi come il Malawi (Africa centrale), uno dei più poveri al mondo dove il 90% della popolazione vive in zone rurali e l'agricolatura rappresenta il 40% dell'economia del paese!! Le stesse Cina e India stanno uscendo dalla loro secolare povertà "grazie" all'emissione di ingentissime quantità di gas-serra in atmosfera: entrame hanno però contribuito in minima parte alle emissioni di CO2 avvenute dal 1850 ad oggi (la Cina solo per l'8%), mentre gli USA sono responsabili del 29% e l'Europa Occidentale per il 27%!!! Proprio per tutto ciò, il primo mondo ha un debito climatico col terzo mondo: per questo chi inquina deve pagare e soprattutto bisogna aiutare i paesi poveri ad affrontare almeno economicamente le emergenze causate dal cambiamento climatico. Sarà così? A giudicare dalla situazione attuale no, visto che lo stesso Malawi non ha ancora ricevuto nulla dei 23 milioni di dollari chiesti all'ONU proprio per far fronte alle calamità naturali dei prossimi 3 anni....
scritto da
Unknown
alle
8:04 AM
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Etichette: cambiamento climatico, effetto serra, povertà, riscaldamento globale, terzo mondo
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