martedì 2 ottobre 2007
Stiamo assistendo ad un boom dell'energia solare (ed era ora...), ma già sorgono alcuni problemi legati alla materia prima necessaria per la produzione delle celle solari: il silicio. In particolare, le preoccupazioni riguardano il forte aumento del costo del materiale e allo stesso tempo la carenza del materiale stesso. Teoricamente il silicio è il 2° elemento (dopo l'ossigeno) più presente nella crosta terrestre: la parte dispendiosa è però il processo di trasformazione del minerale (che deve diventare purissimo per essere semiconduttore) che incide per circa il 90% sul costo delle celle. Nel 2006 per la prima volta più della metà del silicio cristallino prodotto al mondo è stata utilizzata per fare celle solari. C'è da considerare che, oltre ad essere un materiale costoso, quasi la metà viene persa nella fase di fabbricazione delle celle. Un ulteriore spreco deriva da esigenze di resistenza meccanica che impongono che le fette di silicio utilizzate per le celle abbiano uno spessore di circa 330 micron (0.3 mm) mentre per realizzare la funzione fotovoltaica ne basterebbero pochi micron. Certo, la tecnologia sta permettendo un uso più efficiente del materiale, riciclando gli scarti del silicio e sperimentando metodi alternativi come la cellula solare a film sottile polimerica (cioè in plastica). Tuttavia, è in atto una crisi del silicio: era già stata prevista comunque nel 1999, ora la difficoltà a reperire il materiale sta comportando importanti ristrutturazioni a vantaggio delle imprese più reattive. Alcune imprese leader finora del mercato fotovoltaico stanno ora registrando un calo nel mercato in termini di volumi (e di introiti...) e stanno correndo ai ripari investendo in tecnologie alternative. La Sharp (dominatrice del settore negli ultimi 7 anni) è corsa ai ripari firmando dei contratti di fornitura di silicio a lungo termine a prezzi fissi ma elevati e a condizioni onerose (il chè ha portato ad un aumnto dei prezzi), ha investito in ricerca per sviluppare una tecnologia alternativa al silicio purificato mentre nei centri di lavorazione ha attuato un sistema di riciclo degli avanzi del silicio, non dimenticando che ha investito 40 milioni di dollari per la realizzazione a Toyama (Giappone) di una raffineria di silicio capace di trasformare 1.000 tonnellate di materia prima all'anno in grado di soddisfare circa il 20% della sua capacità produttiva. La società tedesca Q-Cells, invece, ha avuto un incremento del 52% nel 2006 della produzione di celle solari: questo grazie ad una ben pensata scorta di silicio accumulata nel 2004 prima dello scoppio del caro-silicio; inoltre non si vincola a contratti a lungo termine e stringe delle partnership tecniche con i fornitori di silicio inviando presso i loro centri di lavorazione dei suoi ingegneri per incrementare l'efficienza produttiva e migliorarne la qualità. Strategie diverse che credo alla fine ripagheranno, sia in termini economici sia (e soprattutto) ambientali: la tecnologia in questo ci aiuterà, anche ora che il silicio comincia a scarseggiare. Avanti con le energie rinnovabili...
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