martedì 2 ottobre 2007

Infrastrutture italiane: male i porti commerciali (mentre quelli turistici...)

Più passa il tempo e più ci si accorge di quanto le infrastrutture italiane siano ormai insufficienti per soddisfare le esigenze dei trasporti privati e delle attività economiche. In tal senso è intervenuto anche il Governo Prodi che con l'ultimo D.p.e.f. ha scremato la lista di opere da realizzare previste dalla vecchia Legge Obiettivo del 2001 (approvata dal Governo Berlusconi), dando priorità alle opere di maggiore impatto sull'economia italiana. Il fabbisogno individuato per fare ciò è di 32.149 milioni di euro e si punterà in particolare alla rete ferroviaria per lo sviluppo del Corridoio 5 e delle tratte meridionali del Corridoio 1, allo sviluppo delle cosiddette "autostrade del mare", allo sviluppo dell'aereoporto di Malpensa, al potenzionamento del Corridoio Tirrenico ed Adriatico, al rafforzamento delle trasversali peninsulari, al completamento dei lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria (sarebbe ora!!!) e al decongestionamento del traffico cittadino nelle grandi città. Un dato su tutti per descrivere l'insufficienza delle attuali infrastrutture: secondo un sondaggio condotto da Format a metà settembre, oltre il 70% delle imprese italiane che operano nel settore dei trasporti e della logistica ritiene le infrastrutture insufficienti o addirittura del tutto carenti. Abbiamo 3000 km di costa ma le infrastrutture portuali arrancano: c'è bisogno di un dragaggio dei fondali, di un ammodernamento delle piattaforme logistiche e di uno sviluppo dei collegamenti tra porti e reti autostradali/ferroviarie. In particolare, si cerca di puntare sulle cosiddette "autostrade del mare", in modo da favorire il trasporto merci via mare. Certo, ci sono già molti progetti in atto per lo sviluppo dei porti commerciali italiani (dei quali molti già finanziati ed avviati), ma il problema resta legato ai tempi e alla burocrazia che ne rallentano la realizzazione in maniera vergognosa, facendoci arrancare rispetto al resto d'Europa. La Spagna, ad esempio, stanzia ogni anno 1,5 miliardi di euro per i porti di Barcellona e Valencia, il Marocco sta investendo sul porto di Tangeri, l'Egitto sta investendo sui porti 1,4 miliardi di euro, addirittura la città di Amburgo ha previsto stanziamenti di 3 miliardi di euro in 10 anni! Ha ragione Piero Luzzati, il direttore di Confetra (Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica), quando dice che: "Quello che manca è la cultura dell'efficienza: gli altri puntano alla velocità delle operazioni che moltiplica il numero dei container trattati, noi invece li taglieggiamo. La soluzione nel lungo periodo è da ricercarsi nel partenariato pubblico-privato, nel rafforzamento della portata innovativa della Legge Obiettivo del 2001, ampliando i poteri della Conferenza Stato-Regioni e limitando il ruolo di Comuni e Provincie, nell'ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse esistenti, in una equilibrata ponderazione dei benefici ambientali e soprattutto nella semplificazione dell'intera filiera del trasporto e della logistica".
Il paradosso (l'Italia è un paese di paradossi...) è che, mente i porti commerciali arrancano, quelli turistici... vanno a gonfie vele!!! Negli ultimi anni, dopo il decreto Burlando del 1997, le procedure per la costruzione di un porto turistico si sono enormemente semplificate (prima ci volevano anche 10 anni): dopo il decreto, lo Stato ha delegato in ciò le Regioni (e molto spesso queste ai Comuni...) semplificando alla grande i tempi di esecuzione. Questo ha favorito un grande sviluppo del turismo nautico (che incide oggi per un 2.2% sul Pil), nonchè dei paesi affacciati sul mare: dove sono stati costruiti porti turistici si sono sviluppate attività legate alla gestione portuale (gestione degli ormeggi, manutenzione e carenaggio delle imbarcazioni, rifornimento, servizi diretti, ecc...), nonchè poli di attrazione commerciale ed urbanistica, attività varie (albergazione, ristorazione, ecc...) e un pullulare di eventi e manifestazioni sportive e nautiche. Solo nel 2006 sono stati realizzati in Italia 3.000 posti barca, portandoli ad un totale di 130.000 di cui 54.000 in porti turistici, 44.000 in approdi e 32.000 in punti di ormeggio. Attualmente sono in corso di realizzazione circa 35 progetti di nuovi porti turistici o di riqualificazione di quelli esistenti (tra cui quelli di Imperia, Siracusa, Marina di Pisa e Nettuno), i quali a loro volta riqualificano aree depresse. Tuttavia, la richiesta di posti barca è in continuo aumento e l'offerta non riesce più a soddisfarla: questo crea il rischio di un allontanamento delle barche verso le più attrezzate Francia e Spagna e le più concorrenziali Grecia, Croazia e Turchia.
Cosa si può concludere da tutto questo:
1) porti turistici: buona la situazione, anche se non bisogna perdere l'opportunità di costruirne di nuovi (vista la domanda sempre in aumento) e sempre nel rispetto dell'ambiente circostante (tutti gli interventi devono infatti essere accompagnati da opere di riqualificazione ambientale stabilite per legge). Sarebbe un peccato non approfittarne visto il notevole peso dell'attività turistica sull'economia nazionale;
2) porti commerciali: situazione molto meno buona rispetto a quelli turistici. C'è bisogno di un forte investimento per il potenziamento di quelli esistenti e la realizzazione di nuovi: strade ed autostrade sono ormai intasate di camion ed autoveicoli vari, sarebbe ora puntare sul trasporto marino visti anche i 3.000 km di costa che abbiamo e l'estensione dei mari che ci circondano.
Proprio la posizione centrale nel Mediterraneo dovrebbe giovare in tal senso all'Italia: non dimentichiamo che questo fatto le fece guadagnare in passato una posizione invidiabile rispetto al resto d'Europa facendo la fortuna della nostra economia (un esempio ne sono state le Repubbliche Marinare...) e che invece ora sta avvantaggiando i paesi laterali a noi, come la Spagna. Il rischio è quello di essere il paese con più km di costa e allo stesso tempo quello che non riesce a fare del suo mare una risorsa per la sua economia.

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