giovedì 15 novembre 2007

Che c'è dietro i Festival della Scienza?

E' la domanda che si pone il giornalista Guglielmo Pepe nel suo editoriale di oggi dell'inserto Salute del quotidiano "La Repubblica": diciamo pure che la domanda è lecita e l'argomento va approfondito proprio come ha fatto il sig. Pepe nel suo editoriale (non me ne voglia il giornalista se riporto alcuni passi "in rosso" di questo suo editoriale ma lo considero molto significativo). Anche la Scienza, come per molte altre cose in Italia, ha da un pò di tempo i suoi Festival: senza ombra di dubbio è "l'opportunità che offre un Festival per uscire dai laboratori, dalle aule universitarie, dalle pagine culturali dei giornali e delle riviste e scendere tra la gente, per arrivare al contatto diretto con bambini, giovani, anziani". Per fare un esempio, la scorsa settimana si è concluso a Genova il Festival della Scienza, nato nel 2003 e che negli anni ha raccolto sempre più visitatori fino all'apice di 250.000 presenze quest'anno tra mostre, conferenze, spettacoli e dibattiti ai quali hanno partecipato molti matematici, filosofi, ricercatori, medici specializzati e scienziati vari. Però "sotto questi Festival c'è ben poco. Perchè in Italia la scienza è ancora ai margini del sistema paese". Le cause sono varie, come sostiene lo stesso sig. Pepe, e ve le riassumo di seguito:
  • nelle scuole italiane l'insegnamento delle materie scientifiche non trova terreno fertile, se non nei licei scientifici...: confermo, visto che tra il 1989 e il 1994 ho frequentato un istituto tecnico per geometri (tra l'altro un corso sperimentale più "ambientale") nel quale, ad esempio, la geografia non è prevista come materia in nessuno dei 5 anni! Una buona conoscenza geografica fa da apripista a molte argomentazioni. Ma ci sarebbe anche da discutere sul modo in cui viene fatta studiare la geografia (almeno dove questo viene fatto): molto spesso si riduce ad uno studio memonico di nomi di città, fiumi, montagne e prodotti agricoli. La geografia è anche questo, ma approfondire scelte economiche, strategie politiche, urbanistica e materie collegate darebbe una conoscenza geografica all'altezza. Questo vale anche per altre materie scientifiche;
  • in campo scientifico, se escludiamo medicina, chirurgia e materie simili, non vi sono sbocchi lavorativi professionali allettanti, forse anche per gli scarsi stipendi che si prospettano (nel 1° anno post-laurea scientifica lo stipendio è di circa 933 euro e dopo 3 anni di 1098 euro...);
  • purtroppo si legge poco in Italia: in particolare riviste e libri di scienza non le ritroviamo mai nelle classifiche di vendita dei libri! Qui interferisce molto probabilmente una carenza scolastica: in particolare si dovrebbe correggere la brutta abitudine degli studenti di non dedicarsi alla lettura di quotidiani o riviste professionali o alla semplice ricerca. Ha ragione il sig. Pepe quando dice che in tutto ciò ha influito il passato: "La forte impronta umanistica della nostra cultura ha condizionato un intero popolo per intere generazioni, nonostante l'Illuminismo. L'influenza della Chiesa e della religione cattolica è stata determinante. Non a caso l'Italia è un paese di grande estro, fantasia, creatività. Ma per la scienza, tranne alcune personalità ed eccellenze, c'è ben poco di cui vantarci". Sono completamente d'accordo;
  • la ricerca scientifica non è appoggiata a sufficienza dallo Stato: "Nel mondo gli investimenti in sviluppo tecnologico e ricerca sono in aumento: gli ultimi dati (dal Global R&D Report 2008) dicono che sono saliti del 7.1% rispetto allo scorso anno. In testa figura l'Asia con 436 miliardi di dollari, seguono le Americhe con 387 e l'Europa con 276. L'Italia, tra i paesi europei, registra il minore incremento: appena il 2.4%". Sembra quasi che gli investimenti in tecnologia e ricerca debbano essere affrontati solo da paesi in via di sviluppo, sembra quasi che le civiltà industrializzate (proprio perchè ammantate dal progresso) dormano sicure sugli allori non ritenendo più necessaria una certa ricerca su scienza e tecnologia: lo stesso termine "progresso" dovrebbe però far loro capire che strumenti e metodi sono in continua evoluzione proprio per migliorare la vita di un Paese.
Solo risolvendo questi problemi si potrà consentire una divulgazione scientifica degna del termine e così anche i Festival della Scienza avrebbero un significato importante (e non solo di facciata), in quanto sarebbero la rappresentazione reale di ciò che avviene dietro le quinte (laboratori, ospedali, università, ecc...): questo avrebbe sicuramente risvolti molto positivi per il Paese intero a livello culturale, di sviluppo, di protezione ambientale, ecc... Forse riusciremo anche a fermare l'esodo all'estero dei nostri "cervelli" laureati...

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

condivido l'analisi