mercoledì 27 febbraio 2008

ALLEVAMENTI VENETI: continua la disputa sui nitrati...

Pochi giorni fa pubblicai un post relativo al problema dello smaltimento dei reflui degli allevamenti veneti, in particolare di quelli veronesi.
Riassumiamo la vicenda: nel 1991 viene pubblicata una direttiva dell’Unione Europea, detta “direttiva nitrati” (la n° 91/676/CEE), che prevede le modalità di smaltimento dei reflui degli allevamenti sui terreni agricoli al fine di proteggere le acque sorgive e delle falde dall’inquinamento provocato dagli azotati provenienti da fonti agricole utilizzate per la fertilizzazione dei terreni (come appunto i reflui animali). La normativa prevede, in caso di presenza di “ZVN” (zone vulnerabili da nitrati), un massimo di 170 kg di azoto per ettaro proveniente dallo spargimento di reflui vari. Secondo la UE, risulta vulnerabile quasi tutta la Valpadana e, nel Veneto, tutta la provincia di Rovigo, il bacino scolante della laguna di Venezia e 100 comuni sopra la fascia delle risorgive (dei quali 50 nel veronese). La Regione Veneto ha a lungo contestato questa “vulnerabilità” diffusa ma alla fine ha dovuto cedere: tra l’altro, l’Italia è in notevole ritardo circa l’attuazione della direttiva europea (guarda un po’…) tanto che l’ha recepita con il decreto Mipaf solo nel 2006 e fatta entrare in vigore il 1° gennaio 2008. A causa di questo notevole ritardo, la Comunità Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, però poi (su sollecito della Provincia di Verona e della Regione Veneto) ha concesso una proroga al 15 maggio 2008: se entro questa data non sarà risolto il problema di smaltimento dei reflui animali, allora si rischia il blocco di tutti i contributi comunitari destinati all’agricoltura e agli allevamenti, già previsti dal Piano di Sviluppo Regionale 2007-2013 (e potrebbero essere bloccati anche i fondi della Politica Agricola Comune per seminativi e zootecnica).
Fin qui i fatti. Il problema era stato sollevato poche settimane fa dal giornale locale “Primo Giornale”: ora è stato sollevato anche dal quindicinale (sempre locale) “Il Nuovo Giornale” del 21/02/2008. il primo aveva proposto come soluzione al problema la costruzione di impianti per l’incenerimento diretto dei reflui animali (da cui ottenere energia elettrica), il secondo propone invece “impianti di gassificazione con pirolisi”, che non sono tanto meglio. Si tratta infatti di impianti in cui i reflui degli allevamenti vengono sottoposti a pirolisi (un processo di decomposizione di sostanze organiche tramite calore) da cui ottenere energia elettrica (in pratica sono sempre degli inceneritori, responsabili dunque di quelle polveri sottilissime che vengono immesse in atmosfera e che sono molto pericolose per la salute umana). Si stanno proponendo questi impianti in quanto bisognerebbe smaltire i reflui animali in surplus trovando nuove superfici che però non ci sono. Nel mio precedente post avevo indicato nel biogas una possibile soluzione al problema dei reflui: dalla fermentazione dei reflui si ottiene gas metano da impiegare nelle abitazioni, mentre lo scarto viene poi utilizzato come fertilizzante. Michele Bertucco, responsabile regionale di Legambiente, è d’accordo con questa alternativa, anche se sottolinea che il prodotto residuo del biogas deve essere trattato prima di essere utilizzato come fertilizzante, altrimenti (se non trattato) risulta essere dannoso perché può contenere quantità di azoto addirittura superiori ai liquami al loro stato originale.
La situazione è molto complicata in quanto il tempo stringe: il 15 maggio 2008 è dietro l’angolo… E’ inspiegabile però il fatto che in 17 anni l’Italia non si sia mai mossa (la direttiva europea è del lontano 1991…), quindi non sarei così scandalizzato di fronte al taglio dei fondi europei ad agricoltura ed allevamenti che un po’ se la sono cercata! Non possiamo continuamente andare contro le normative europee: facciamo parte dell’Unione Europea, accettiamo (eccome!) i fondi comunitari (ai quali nessuno ha mai rinunciato!!!), ma respingiamo il rispetto delle regole. Questo non vuol dire essere comunitari… Ha assolutamente ragione Michele Bertucco quando dice: “E’ vero che le aziende vanno aiutate, ma è impensabile voler continuare a prendere soldi per portare avanti un tipo di allevamento intensivo, dannoso per la salute animale, per l’ambiente e soprattutto per i cittadini”. Ed ha ancora più ragione quando sostiene che il problema di tutti questi anni è stata la non riduzione del numero dei capi di bestiame per ettaro di terreno (al fine di giungere a quantità ragionevoli di reflui da smaltire in quell’ettaro): sarebbe ora di farlo, cercando di privilegiare gli allevamenti non intensivi oppure le aziende biologiche.
Questo doveva essere fatto molti anni fa, quando si era già a conoscenza del rischio che si correva. Se vogliamo parlare di sostenibilità ambientale (cercando di proteggere acqua ed aria dall’inquinamento derivante nel primo caso dai reflui scaricati nei terreni e nel secondo caso dalle polveri sottilissime e pericolose per la salute umana che escono dai camini degli inceneritori), le soluzioni sono due:

  • riduzione dei capi di bestiame negli allevamenti, adeguandoli in modo da poter arrivare ad un regolare smaltimento dei reflui sui terreni agricoli a disposizione;
  • mantenere gli attuali capi di bestiame ma ricorrere al biogas (ottenendo gas metano) ed utilizzare il residuo (una volta trattato) come fertilizzante in agricoltura.

Purtroppo, come sempre, si ricorrerà alla soluzione peggiore, che non sta in nessuna delle due appena proposte ma nell’incenerimento, ormai proposto da quasi tutti (purtroppo): ciò però contribuirà ad aumentare il rischio di tumori nella popolazione, ma questo nessuno ha il coraggio di dirlo…

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