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lunedì 12 maggio 2008

ENERGIE RINNOVABILI: utilizziamo i liquami degli allevamenti

Un po’ di tempo fa dedicai un post al problema del sovraccarico di liquami derivanti dagli allevamenti italiani: un problema che riguarda molte zone della Valpadana dove tali liquami non possono essere tutti smaltiti nei terreni agricoli in quanto l’Unione Europea stabilisce dei limiti di nitrati contenuti nel terreno (e che tali liquami contribuiscono ad innalzare notevolmente).
Per risolvere il problema, alcuni hanno prosposto di realizzare decine di piccoli inceneritori (opps, termovalorizzatori…) in cui bruciare questi liquami trasformandoli in riscaldamento per le abitazioni, senza però tenere in considerazione l’inquinamento derivante da tali inceneritori (molti studi stanno infatti confermando come le nanoparticelle derivanti dai processi di combustione non siano trattenute neppure dai migliori filtri dei camini di tali impianti, e sappiamo come queste microparticelle siano dannose per la nostra salute, soprattutto per quanto riguarda le patologie alle vie respiratorie e i tumori).
Allora che fare? Esistono due soluzioni molto interessanti: una l’ho descritta in quel mio precedente post ed è relativa alla realizzazione di impianti di stoccaggio di tali liquami per ottenere il biogas, l’altra invece ve la descrivo ora e riguarda l’ottenimento di energia elettrica da questi liquami.
Un chiaro esempio è rappresentato dall’azienda agricola “I giardini del duca” di Alessio Pelloni, posta a Piumazzo (Modena): nell’azienda vi si allevano circa 600 animali, di cui 420 mucche da latte (tale latte viene utilizzato per la produzione di parmigiano reggiano). Nella corsia centrale delle stalle della fattoria sei volte al giorno passa un raschiatore che convoglia le sostanze organiche del bestiame (urina ed escrementi) in una vasca in cemento armato profonda 5 metri; da qui un tubo sotterraneo porta il liquame in un’altra vasca alta 4 metri e con un diametro di 40, ricoperta di un telone in materiale plastico, dove grazie ad un impianto di riscaldamento il liquame fermenta ottenendo così una miscela di metano e CO2; il gas generato da questo procedimento viene aspirato e convogliato in un vicino container (un specie di compattatore) che, a sua volta, alimenta un trasformatore per la produzione di energia elettrica. Quindi dai liquami si ottiene energia elettrica pulita. Si tratta di un impianto della potenza di ben 171 kilowatt, superiore all’energia necessaria all’azienda (il cui consumo va dai 60-70 kilowatt in inverno ai 100 kilowatt in estate quando sono in funzione le ventole per rinfrescare le stalle). L’energia prodotta in più viene rivenduta all’Enel, ovvero messa in rete: quindi, oltre al risparmio economico per l’energia elettrica utilizzata ma non pagata, si ottiene addirittura una somma di denaro per l’energia prodotta in più. Certo, l’impianto è costato 800.000 euro, ma questi verranno ammortizzati in 8-10 anni grazie al ricavato della vendita dell’elettricità ad un prezzo di 10-12 centesimi al kWh. Tra l’altro, per la realizzazione di tale impianto la Regione Emilia Romagna ha fornito un contributo di 178.400 euro ed, inoltre, la stessa Regione verserà 7-8 centesimi per ogni kWh prodotto grazie al sistema dei certificati verdi (quelli che certificano l’azienda come produttrice di energia pulita).
Molti i benefici che si possono ottenere: un beneficio economico per l’azienda che si tramuta in un risparmio energetico a livello nazionale (contribuendo ad una minore quantità di energia da produrre da fonti fossili), un beneficio in termini di lotta all’inquinamento atmosferico (per le mancate emissioni di gas serra per energia non prodotta da fonti fossili), un beneficio per l’azienda in quanto si trova un metodo alternativo per smaltire i liquami e per ridurre il cattivo odore delle stalle eliminando l’ammoniaca impiegata. Un ulteriore metodo per la produzione di energie rinnovabili per contribuire alla lotta all’inquinamento e alla riduzione dei gas serra in atmosfera, con riflessi positivi sulla lotta contro il cambiamento climatico.

mercoledì 27 febbraio 2008

ALLEVAMENTI VENETI: continua la disputa sui nitrati...

Pochi giorni fa pubblicai un post relativo al problema dello smaltimento dei reflui degli allevamenti veneti, in particolare di quelli veronesi.
Riassumiamo la vicenda: nel 1991 viene pubblicata una direttiva dell’Unione Europea, detta “direttiva nitrati” (la n° 91/676/CEE), che prevede le modalità di smaltimento dei reflui degli allevamenti sui terreni agricoli al fine di proteggere le acque sorgive e delle falde dall’inquinamento provocato dagli azotati provenienti da fonti agricole utilizzate per la fertilizzazione dei terreni (come appunto i reflui animali). La normativa prevede, in caso di presenza di “ZVN” (zone vulnerabili da nitrati), un massimo di 170 kg di azoto per ettaro proveniente dallo spargimento di reflui vari. Secondo la UE, risulta vulnerabile quasi tutta la Valpadana e, nel Veneto, tutta la provincia di Rovigo, il bacino scolante della laguna di Venezia e 100 comuni sopra la fascia delle risorgive (dei quali 50 nel veronese). La Regione Veneto ha a lungo contestato questa “vulnerabilità” diffusa ma alla fine ha dovuto cedere: tra l’altro, l’Italia è in notevole ritardo circa l’attuazione della direttiva europea (guarda un po’…) tanto che l’ha recepita con il decreto Mipaf solo nel 2006 e fatta entrare in vigore il 1° gennaio 2008. A causa di questo notevole ritardo, la Comunità Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, però poi (su sollecito della Provincia di Verona e della Regione Veneto) ha concesso una proroga al 15 maggio 2008: se entro questa data non sarà risolto il problema di smaltimento dei reflui animali, allora si rischia il blocco di tutti i contributi comunitari destinati all’agricoltura e agli allevamenti, già previsti dal Piano di Sviluppo Regionale 2007-2013 (e potrebbero essere bloccati anche i fondi della Politica Agricola Comune per seminativi e zootecnica).
Fin qui i fatti. Il problema era stato sollevato poche settimane fa dal giornale locale “Primo Giornale”: ora è stato sollevato anche dal quindicinale (sempre locale) “Il Nuovo Giornale” del 21/02/2008. il primo aveva proposto come soluzione al problema la costruzione di impianti per l’incenerimento diretto dei reflui animali (da cui ottenere energia elettrica), il secondo propone invece “impianti di gassificazione con pirolisi”, che non sono tanto meglio. Si tratta infatti di impianti in cui i reflui degli allevamenti vengono sottoposti a pirolisi (un processo di decomposizione di sostanze organiche tramite calore) da cui ottenere energia elettrica (in pratica sono sempre degli inceneritori, responsabili dunque di quelle polveri sottilissime che vengono immesse in atmosfera e che sono molto pericolose per la salute umana). Si stanno proponendo questi impianti in quanto bisognerebbe smaltire i reflui animali in surplus trovando nuove superfici che però non ci sono. Nel mio precedente post avevo indicato nel biogas una possibile soluzione al problema dei reflui: dalla fermentazione dei reflui si ottiene gas metano da impiegare nelle abitazioni, mentre lo scarto viene poi utilizzato come fertilizzante. Michele Bertucco, responsabile regionale di Legambiente, è d’accordo con questa alternativa, anche se sottolinea che il prodotto residuo del biogas deve essere trattato prima di essere utilizzato come fertilizzante, altrimenti (se non trattato) risulta essere dannoso perché può contenere quantità di azoto addirittura superiori ai liquami al loro stato originale.
La situazione è molto complicata in quanto il tempo stringe: il 15 maggio 2008 è dietro l’angolo… E’ inspiegabile però il fatto che in 17 anni l’Italia non si sia mai mossa (la direttiva europea è del lontano 1991…), quindi non sarei così scandalizzato di fronte al taglio dei fondi europei ad agricoltura ed allevamenti che un po’ se la sono cercata! Non possiamo continuamente andare contro le normative europee: facciamo parte dell’Unione Europea, accettiamo (eccome!) i fondi comunitari (ai quali nessuno ha mai rinunciato!!!), ma respingiamo il rispetto delle regole. Questo non vuol dire essere comunitari… Ha assolutamente ragione Michele Bertucco quando dice: “E’ vero che le aziende vanno aiutate, ma è impensabile voler continuare a prendere soldi per portare avanti un tipo di allevamento intensivo, dannoso per la salute animale, per l’ambiente e soprattutto per i cittadini”. Ed ha ancora più ragione quando sostiene che il problema di tutti questi anni è stata la non riduzione del numero dei capi di bestiame per ettaro di terreno (al fine di giungere a quantità ragionevoli di reflui da smaltire in quell’ettaro): sarebbe ora di farlo, cercando di privilegiare gli allevamenti non intensivi oppure le aziende biologiche.
Questo doveva essere fatto molti anni fa, quando si era già a conoscenza del rischio che si correva. Se vogliamo parlare di sostenibilità ambientale (cercando di proteggere acqua ed aria dall’inquinamento derivante nel primo caso dai reflui scaricati nei terreni e nel secondo caso dalle polveri sottilissime e pericolose per la salute umana che escono dai camini degli inceneritori), le soluzioni sono due:

  • riduzione dei capi di bestiame negli allevamenti, adeguandoli in modo da poter arrivare ad un regolare smaltimento dei reflui sui terreni agricoli a disposizione;
  • mantenere gli attuali capi di bestiame ma ricorrere al biogas (ottenendo gas metano) ed utilizzare il residuo (una volta trattato) come fertilizzante in agricoltura.

Purtroppo, come sempre, si ricorrerà alla soluzione peggiore, che non sta in nessuna delle due appena proposte ma nell’incenerimento, ormai proposto da quasi tutti (purtroppo): ciò però contribuirà ad aumentare il rischio di tumori nella popolazione, ma questo nessuno ha il coraggio di dirlo…

martedì 19 febbraio 2008

ALLARME NITRATI dagli allevamenti veronesi!

Sulla rivista locale “Primo Giornale” del 12 febbraio 2008 (distribuito nella bassa pianura veronese) ho trovato un articolo dedicato all’allarme dei nitrati derivanti dai reflui degli allevamenti. Si tratta di un problema che non è nato oggi ma che si protrae da molti anni: il 15 maggio 2008 scade l’ultimatum dell’Unione Europea sulla Direttiva per regolamentare l’eliminazione dei reflui degli allevamenti (tale Direttiva prevede la definizione dei terreni dove sversare i reflui, divisi a seconda della capacità del terreno di trattenere i nitrati per evitare che entrino a contatto con le sottostanti falde acquifere). Ora gli allevatori sono sul piede di guerra perché, probabilmente, non saranno in grado di affrontare la nuova direttiva UE: i reflui degli allevamenti sono troppi da smaltire e, pertanto, 1600 allevamenti del Veronese sono a rischio chiusura. Si tratta per lo più di allevamenti avicoli (per un totale di 28.300.000 capi), cunicoli (conigli, con 457.890 capi), bovini (con 326.927 capi) e suini (con 202.950 capi), fino ai più piccoli allevamenti di ovini/caprini e di equini: tuttavia, sono gli allevamenti bovini quelli che producono più letame (120.481 mc/mese di letame) seguiti da quelli avicoli (78.039 mc/mese), per un totale complessivo (considerando ogni tipo di allevamento) di 24 milioni di kg di reflui all’anno! Il problema nasce dal fatto che, anche utilizzando tutti i 180.000 ettari disponibili della Provincia (considerando anche quelli ove non si potrebbe sversare), ne esce un carico di azoto medio per ettaro di 135 kg: togliendo i terreni che non si possono utilizzare (quindi montagne, colline, fiumi, aree urbanizzate, ecc…), il carico di azoto sale a 200 kg per ettaro: nelle zone vulnerabili (ovvero quelle con presenze di falde acquifere e sorgive) il limite UE è di 170 kg/ettaro, mentre per le altre zone è di 340. Qui nasce il problema, in quanto l’UE considera buona parte della Valpadana zona vulnerabile a causa della presenza del bacino del Po (con tutti i suoi numerosi affluenti e zone sorgive): inizialmente la Regione Veneto aveva proposto (nel 2004) un elenco di alcuni comuni vulnerabili, che ora è stato ampliato (la Regione è stata costretta) ed è al vaglio dell’UE, che entro il 15 maggio si deve pronunciare (se si pronunciasse in maniera negativa fermerebbe i contributi UE all’agricoltura per un valore di circa 60 milioni di euro…). È pur vero, tuttavia, che il problema non è nato ora ma molto tempo fa: l’Italia è infatti sotto infrazione addirittura dal 1991, anno da cui esiste questa Direttiva UE, e il nostro paese non si è mai adeguato… Ora la Regione Veneto sta puntando sul fatto che molti terreni della pianura sono di natura argillosa ed alluvionale e quindi tratterrebbero l’azoto in superficie, arrivando così ad un carico di 225 kg/ettaro di azoto: il problema però non si risolverebbe. E secondo voi cosa può spuntare come soluzione? I tanto famosi TERMOVALORIZZATORI!!! Si propone di realizzare dei piccoli termovalorizzatori per fare elettricità ed acqua calda, bruciando i reflui degli allevamenti (ormai è così di moda bruciare tutto…): se ne vogliono fare ben 7-8 solo nel Basso Veronese! Eh no! Ho sentito parlare di termovalorizzatori (in pratica, inceneritori) per settimane intere a proposito dell’emergenza rifiuti in Campania, dipingendoli come soluzione di tutti i mali: nessuna trasmissione televisiva e nessun quotidiano nazionale ha proposto soluzioni valide e pulite all’incenerimento, e ce ne sono (le ho elencate in numerosi miei post, basti pensare alla raccolta differenziata e ai conseguenti impianti di riciclaggio della plastica, della carta, del vetro, ecc…, tutto senza incenerimento e senza pericolo diossina o polveri sottilissime in atmosfera dannose alla salute). Ed ora mi si viene a riparlare di termovalorizzatori? Eh no! Anche in questo caso degli allevamenti, perché nessuno propone soluzione alternative pulite? Eppure ci sono: si chiamano BIOGAS. Trovo questa definizione: “per biogas si intende una miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte metano, dal 50 all’80%!) prodotto dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (ovvero in assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o di fognatura. L’intero processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno molecolare e metano”. Il gas prodotto dalla fermentazione viene catturato ed utilizzato per produrre calore ed elettricità, ad esempio nelle caldaie da riscaldamento e nei motori a scoppio. Si sono tra l’altro sviluppate ultimamente tecnologie molto avanzate che estraggono grandi quantità di biogas proprio dal letame prodotto dagli allevamenti. Sono molteplici i vantaggi di tipo energetico, ambientale ed agricolo che si ottengono col biogas: la CO2 prodotta dalla combustione del biogas è la stessa CO2 assunta dalle piante (e non come funziona per i combustibili fossili ove la CO2 viene emessa ex-novo); si evita al metano (che in ogni caso si produrrebbe in discarica) di svanire in atmosfera sotto forma di gas-serra; si produce energia da fonte rinnovabile evitando il gas metano di importazione; si dimenticano le discariche; si ha un miglioramento dell’economia delle aziende zootecniche e/o agricole; minori emissioni di gas-serra e zero emissioni di polveri sottili e diossina; migliore qualità dei fertilizzanti prodotti; riciclaggio economico dei rifiuti; minore inquinamento da odori; ridotta presenza di insetti; miglioramento delle condizioni sanitarie dell’azienda: guardate quante buone ragioni! Eppure…
Quindi per evitare lo sversamento dei liquami nei campi, non costruiamo questi maledetti TERMOVALORIZZATORI: costruiamo degli impianti (che, tra l’altro, costerebbero molto meno) ove depositare i reflui degli allevamenti per produrre biogas. Lo scarto dell’impianto può essere utilizzato come fertilizzante, la nostra aria resterebbe pulita (al contrario della presenza degli inceneritori…), avremmo un notevole risparmio energetico grazie al metano risparmiato e all’energia elettrica risparmiata. Tanti gli effetti positivi che, come sempre, non vengono mai presi in considerazione: il problema è che gli inceneritori fanno fare tanti soldini (sempre agli stessi…) ricevendo vari contributi per la loro costruzione, ma a noi e al nostro ambiente non pensa mai nessuno, nemmeno agli organi informativi così tanto schierati pro-inceneritori. Le polveri sottili se le respireranno però anche loro…