giovedì 13 novembre 2008

ANTONIO CEDERNA e il suo grande archivio sull’urbanistica.

È stato presentato ieri mattina a Roma da Angelo Bottini, Rita Paris, Maria Pia Guermandi, Giovanni Bruno e Stefano De Caro il grande archivio di Antonio Cederna, grande giornalista scomparso nell’agosto del 1996, soprannominato “l’indignato speciale”: il suo archivio (immenso!) è composto da libri, articoli, lettere, appunti, ritagli di giornale, documenti, che testimoniano 50 anni di battaglie che il giornalista ha condotto per la tutela del paesaggio e per lo sviluppo ideale dell’urbanistica italiana. Ha scritto per grandi giornali (Corriere della Sera, Espresso, La Repubblica), nonché molti libri (come “I vandali in casa”, “Mirabilia urbis”, “La distruzione della natura in Italia”, “Mussolini urbanista”), e proprio il quotidiano La Repubblica vi ha dedicato ieri una lungo articolo a cura di Francesco Erbani.
L’archivio è da ieri esposto vicino a Roma, precisamente a Capo Bove, in un casale acquistato dallo Stato nel 2002, posto a circa 500 metri dal Mausoleo di Cecilia Metella, in via Appia Antica n° 222. Proprio in questo casale (dove la Soprintendenza archeologica di Roma ha eseguito scavi che hanno portato alla luce un complesso termale del II° secolo d.C.) verrà esposto l’intero archivio che la famiglia Cederna ha donato proprio alla Soprintendenza.
Il centro degli interessi del giornalista è sempre stata Roma: il suo modello di città era sempre stato quello nord-europeo come Amsterdam, Oslo, Stoccolma, Copenaghen, Rotterdam, ove si costruivano quartieri esemplari nei quali prevaleva non la speculazione edilizia ma un senso di rispetto dei centri storici, di inserimenti ed integrazioni di fabbricati senza sconquassare la città, di fabbricati in armonia, l’esatto contrario di quanto accadeva (e accade!) nelle città italiane (e a Roma in particolare). Proprio per quanto riguarda la nostra capitale, nel suo archivio è stato trovato un fascicolo sul famoso “sacco edilizio” di Monte Mario a Roma (ove si scatenò la famigerata Società Generale Immobiliare), nel quale sono contenuti gli appunti delle riunioni dei consigli comunali che nei primi anni ’50 votavano le autorizzazioni a costruire in questo angolo romano… E’ stato quindi uno dei primi a denunciare lo scellerato utilizzo dei terreni agricoli per la costruzione senza freno di palazzi.
Sua grande passione è stata anche la via Appia Antica (la sede dell’archivio, quindi, non è stata scelta a caso), e per questo era denominato anche “appiomane”: quando morì era presidente dell’Azienda consortile per il Parco dell’Appia. Si occupò della tutela di quell’area, dei suoi valori archeologici e di paesaggio: non voleva soltanto conservare uno dei patrimoni artistici più grandi al mondo, ma impedire l’espansione a macchia d’olio dei quartieri romani, e in questo il parco dell’Appia Antica serviva ad interrompere questa continuità di palazzi, palazzi, palazzi (in particolare, impedì l’espansione della città verso i Castelli Romani e verso il mare). Cederna ne “Lo stadio sulle catacombe” dell’ottobre 1955 scriveva: “Espandendo Roma verso il sud si fa piazza pulita dell’ultima campagna romana, che il buon senso, nonché le regole elementari dell’urbanistica, consigliavano di salvare come la pupilla degli occhi, e si dà l’ultimo tocco alla distruzione di tutto il verde intorno a Roma, da anni metodicamente perseguita, con grande vantaggio economico di alcuni latifondisti periferici, prìncipi decaduti, appaltatori di immondizie, imprenditori e pie società immobiliari”.
Questo suo scritto si commenta da solo: ripeto, era del 1955 ma potrebbe essere riferito ad uno degli ultimi anni tanto è attuale. L’unica differenza è che allora Roma occupava 1/5 del suolo che occupa oggi… Naturalmente il discorso può essere esteso a molte altre città italiane: nessuno sta bloccando questa scellerata espansione edilizia attorno alle città, facendo progressivamente morire i centri storici e recuperando sempre meno il patrimonio esistente. Cari miei, i Comuni hanno molto più interesse alle nuove costruzioni che ai recuperi edilizi, per il semplice fatto che dalle nuove costruzioni incassano fior fiore di euri da oneri di urbanizzazione e costo di costruzione (cosa che non accade per il recupero dell’esistente), mentre le imprese committenti di questi nuovi interventi edilizi ricevono facilmente finanziamenti che poi vengono “elargiti” in maniera un po’ ambigua: è un circolo vizioso, che fa contenti gli uni (i Comuni) e gli altri (le imprese committenti), ma che sconvolge il nostro territorio, solo che di quest’ultimo non interessa niente a (quasi) nessuno. Ce ne accorgeremo presto…

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie del post. E' confortante sapere che tante battaglie, così coraggiosamente combattute, non saranno dimenticate.
Se perdoni l'autoreferenzialità ti segnalo una delle battaglie di Cederna cui ho fatto cenno in un mio polemico post:
http://il_messaggero_di_talia.blog.tiscali.it//Casanduoglio_per_il_sociale_1___Geronzi_porta_la_parrucca__E_i_Torlonia_pure__1936149.shtml
Complimenti ancora e a presto.
Casanduoglio