lunedì 17 novembre 2008

Musei italiani: arriva il SUPER-MANAGER

Per i musei italiani arriva un SUPER-MANAGER: si tratta della rivoluzione proposta dal ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi, che segue la riorganizzazione del ministero che già era stata attuata dal precedente ministro Rutelli con il D.P.R. del 21/11/2007 (che prevedeva l’unificazione delle soprintendenze e tagli nelle direzioni generali). Ma cosa farà questa nuova figura del super-manager? Sarà colui che gestirà i circa 400 luoghi italiani della cultura (musei, gallerie, siti archeologici, ville storiche) appartenenti allo Stato. Il testo (composto da 61 cartelle) di modifica al suddetto D.P.R. andrà in approvazione nel consiglio dei ministri del prossimo 28 novembre.
Il super-manager è già stato scelto: si tratta di Mario Resca, che nell’ultimo anno è stato a capo di McDonald’s Italia, che dunque sarà colui che guiderà la “Direzione generale per i musei, le gallerie e la valorizzazione”. Resca, ferrarese, ha 62 anni, si è laureato nel 1969 alla Bocconi, è stato nel cda dell’Eni e della Mondatori, lo scorso mese di maggio era stato proposto da Berlusconi come commissario per l’Alitalia, è anche Presidente della Camera di commercio americana in Italia. Certo, Bondi aveva promesso che il super-manager sarebbe stato scelto con un concorso pubblico, ed invece la nomina è arrivata in altra maniera, e poi non si capisce bene la correlazione tra l’essere stato a capo di McDonald’s e il diventare esperto d’arte per valorizzare il patrimonio culturale italiano: speriamo bene. In tal senso sono numerose le critiche arrivate da ogni parte, da alcuni sindacati all’opposizione fino ad alcuni giornalisti.
Quali saranno i compiti del super-manager? Dovrà autorizzare i prestiti dei beni pertinenti alle raccolte per mostre ed esposizioni in Italia e all’estero; dovrà dichiarare il rilevante interesse culturale e scientifico delle mostre a cui verranno prestate le opere; dovrà dare un giudizio sul pagamento delle imposte mediante cessione di cose, anche di arte contemporanea. In particolare, l’art. 8 del nuovo D.P.R. (al punto 1 dello stesso articolo) prevede che la “Direzione generale per i musei, le gallerie e la valorizzazione” svolge le funzioni e i compiti non attribuiti alle direzioni generali e ai soprintendenti relativi alla tutela e alla valorizzazione delle raccolte. Una pecca della riforma di Bondi sarà invece l’eliminazione della direzione generale che si occupa dell’arte contemporanea, poco considerata dallo stesso Bondi: ha ragione Antonio Paolucci (direttore dei musei vaticani e già contattato da Bondi per diventare super-manager, che però ha rifiutato) quando dice che l’arte contemporanea dovrebbe essere almeno gestita dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, che ha una sua soprintendenza. Ricordiamo alcune cifre relative al patrimonio culturale italiano: negli ultimi 9 mesi sono state prestate dai musei italiani ben 12.000 opere d’arte a oltre 700 mostre, gallerie, ecc… (nel 15% dei casi si è trattato di prestiti con più di una destinazione): solo il 10% di questi 700 eventi è stato curato da soprintendenze e musei statali. La modifica al precedente D.P.R. voluta dal ministro Bondi è stata probabilmente spinta dall’aumento costante negli anni delle esposizioni di arte antica: negli ultimi 15 anni sono state (in Italia e all’estero) 376 nel 1993, 585 nel 1998 e 666 nel 2003. Ricordo anche che (al 2006) erano presenti in Italia 196 musei, 238 monumenti ed aree archeologiche e 39 circuiti museali, per un totale di ben 473 siti culturali. Era quindi necessaria l’istituzione di una figura unica che gestisca e coordini questo immenso patrimonio culturale.
Fin qui tutto bene, ma ci sono lati oscuri della vicenda che il giornalista Francesco Erbani ha esposto nel suo articolo “Il Belpaese a rischio: così si smantella la tutela” apparso sul quotidiano La Repubblica di sabato 15 novembre 2008. I dati sono inquietanti: infatti, la macchina della tutela del patrimonio artistico qui in Italia è in panne. Fra il 2011 ed il 2015 andranno in pensione tutti i funzionari assunti tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, tutti assunti con concorsi. Poi nel tempo i concorsi si sono diradati fino quasi a scomparire… Ora è stato bandito un concorso per 55 architetti, 30 archeologi e 5 storici dell’arte: ma, ad esempio, di archeologi ne servirebbero 470 ed invece ce ne sono solo 340! C’è anche chi parla di smantellare il sistema delle soprintendenze (così come vuole la Lega Nord): infatti, l’approvazione del sistema federalista in Italia potrebbe trasferire la tutela del patrimonio culturale dallo Stato alle Regioni, Province e Comuni, e quando si trasferisce qualcosa alla gestione degli enti minori sappiamo come finisce… Tutto è dettato dalla necessità di fare tagli alle spese statali: la Finanziaria prevede tagli al ministero dei Beni culturali di 236 milioni nel 2009, 251 milioni nel 2010 e 434 milioni nel 2011!!! Quasi un miliardo di euro di tagli in tre anni: una mazzata per le gestione del patrimonio culturale italiano. Dobbiamo considerare che ben il 90% delle spese che nel prossimo triennio sosterranno le soprintende archeologiche è solo per la manutenzione (pulizie, impianti di condizionamento, riparazione di bagni e di recinzioni, ecc…), mentre solo un misero 10% va destinato ai restauri (la maggior parte di questo 10%) e ai nuovi scavi (che derivano ormai solo da scavi di metropolitane, parcheggi, palazzi, ecc…)!!! Stanno scadendo i contratti per la pulizia degli uffici di molte soprintendenze, le quali attingeranno a fondi speciali per ripianare debiti e pagare le bollette! Un altro dato preoccupante è la mancata circolare del governo (che generalmente viene emessa a luglio) sulla programmazione annuale e triennale dei restauri al patrimonio culturale.
La situazione non è quindi rosea: i tagli imposti dalla Finanziaria alla gestione del patrimonio culturale sono una vera e propria mazzata per la gestione della nostra millenaria storia, purtroppo a farne le spese sono sempre la scuola e la cultura, che stanno alla base della vita di un paese. È inutile che lo neghiamo: stiamo pagando e pagheremo ancora per decenni l’immenso debito pubblico causato negli anni ’80 da personaggi del calibro di Andreotti, Craxi, Fanfani, ecc… Come sempre manca la volontà di tagliare altre spese: una su tutte, che senso hanno oggi le Province (ammesso che mai ce l’abbiamo avuto)?

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