sabato 1 novembre 2008

ARCHEOLOGIA ARBOREA, ovvero l’orto archeologico!

È la brillante idea che è venuta ad Isabella Dalla Ragione e al padre Livio (scomparso purtroppo lo scorso anno): si chiama “ARCHEOLOGIA ARBOREA” e si tratta di un’associazione che cura un orto archeologico in cui vengono coltivate piante da frutto ormai perdute ed ora ritrovate. L’orto si trova a San Lorenzo di Lerchi, due km a nord di Città di Castello (Umbria) nella valle Tiberina: è stato realizzato su una collinetta di 8 ettari e contiene oggi circa 400 piante di mele, pere, susine, fichi e pesche di qualità delle quali si stavano perdendo le tracce. Tra queste ne ricordiamo alcune:
pera marzola: è stata ritrovata a Pietralunga (Perugia), non se ne conosce l’origine e ne erano rimasti pochissimi esemplari;
pera briaca: è stata trovata a Pieve Santo Stefano (Arezzo) e Verghereto (Forlì-Cesena), ed ha una polpa rosa dall’ottimo sapore;
ciliegia bianca (o limona): è stata trovata vicino a Gubbio (Perugia), ha polpa e buccia di colore bianco tendente al giallo e di un buon sapore dolce;
mela fiorentina: ritrovata vicino ad Arezzo, ha la qualità di conservarsi molto bene fino alla primavera;
mela rosa in pietra: è stata ritrovata a Gualdo Tadino (Perugia) ma è originaria delle Marche dove una qualità simile è detta “mela sassa” in quanto molto dura;
fico gigante: è stata ritrovato a Gualdo Tadino (Perugia) all’interno del convento dei frati Zoccolanti, i quali usavano il legno dell’albero per fare gli zoccoli.
Ma ci sono tante altre qualità di frutto ritrovate e coltivate, come la mela muso di bue, la mela batocchio, la pera somentina, la pera garofina, la pera carovella e l’uva delle vecchie, tutte qualità ritrovate in paesini sperduti dopo lunghe ricerche e attraverso scambi di parole con contadini del luogo. Isabella Dalla Ragione dice: “Ormai molte di queste piante sopravvivono soltanto nel mio podere. Io le chiamo piante orfane perché per secoli hanno dato da vivere a intere famiglie ma oggi non c’è più chi le lavora. E loro per campare hanno bisogno della mano dell’uomo”. La sua opera è ritrovare le piante dimenticate, tagliarne un rametto con un po’ di gemme ed innestarlo nelle sue piante.
Davvero encomiabile lo sforzo della signora Isabella, per poter recuperare e salvaguardare quella parte di natura dimenticata che per secoli ha accompagnato la vita dei nostri avi: purtroppo, come dice la stessa signora Isabella, queste opere di conservazione non ricevono alcun sussidio dalle istituzioni (regionali e nazionali), nessuno vuole finanziare queste iniziative che si propongono di salvaguardare il nostro patrimonio naturale.
Sarebbe davvero bello se gli appassionati di giardinaggio e di botanica riuscissero a mettere in piedi iniziative del genere, al fine di creare una rete nazionale di orti archeologici che ricopra ogni regione, recuperando quindi piante da frutto antiche e dimenticate di ogni angolo del nostro paese. E magari poi fare una bella festa nazionale: sarebbe fantastico. Chiunque di voi abbia attuato un’esperienza del genere o conoscesse qualcuno che la fa o conosca (o sia in possesso) di qualità sconosciute di frutti, me lo faccia sapere rispondendomi a questo articolo o mandandomi una mail a montagna.marco@gmail.com.
Intanto per informazioni potete andare sul sito http://www.archeologiaarborea.org o http://fruttarcheologica.blogspot.com.

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