domenica 23 novembre 2008

Nuova vita ai beni confiscati alla MAFIA

La Legge n° 646 del 13 settembre 1982, nota come Legge Rognoni-La Torre, prevede la confisca dei beni gestiti dalla mafia: fino al 31 dicembre 2006 sono stati confiscati alla mafia ben 7.328 beni immobili (terreni, edifici, ecc…), dei quali l’83% sono dislocati nelle regioni meridionali (di questi il 45% in Sicilia), ma spicca anche un 17% confiscato in Lazio e in Lombardia… Di questi 7.328 beni, 3.372 sono già stati destinati ad altri scopi, 3.835 sono stati censiti ma non ancora destinati (50% appartamenti, 26% terreni e 24% pertinenze), mentre 121 sono “non destinabili”. Molte anche le aziende confiscate (sempre dati riferiti al 31 dicembre 2006): ben 831, di cui il 34% in Sicilia e il 15% in Lombardia… Ma a cosa vengono destinati i beni confiscati? Il 36% viene adibito ad aree destinate a fini sociali (sport, giochi, verde pubblico, utilità sociali), il 28% a finalità sociali (edifici per comunità di tossicodipendenti, immigrati, anziani, minori, handicappati, famiglie), mentre il 21% è adibito a finalità istituzionali (uffici giudiziari, scuole, assicurazioni, uffici comunali).
Ora è arrivata la notizia (pubblicata dal quotidiano La Repubblica martedì 11 novembre 2008) che è stato realizzato un agriturismo in una villa confiscata a Totò Riina: una villa con vista mozzafiato sulla vallata di Gorgo del Drago, a Corleone. La proprietà Riina era qui composta da due fabbricati rurali che sono stati recuperati e trasformati in agriturismo con 88 coperti, 16 posti letto (a circa € 60-70 la notte) e 40.000 mq di terreno. I lavori di inaugurazione sono stati condotti dai ragazzi della cooperativa Pio la Torre: nel nuovo agriturismo verranno prodotti vino e legumi, e si cucineranno prodotti coltivati nei terreni circostanti confiscati alla mafia. Tali lavori saranno svolti dalle coop e dai ragazzi di Libera (http://www.libera.it).
Ci sono molti altri esempi di beni confiscati alla mafia e ridati a nuova vita: a San Giuseppe Jato (30 km da Corleone) verrà inaugurato il “Giardino della Memoria”, realizzato nella masseria in cui i carnefici della cosca di Giovanni Brusca sequestrarono, strangolarono e sciolsero nell’acido il corpo del tredicenne Giuseppe Di Matteo, che aveva l’unica “colpa” di essere il figlio del pentito Santino Di Matteo.
Il ministro dell’interno Roberto Maroni ha affermato di varare presto delle norme per l’attribuzione di poteri straordinari per l’utilizzo immediato di questi beni. Il tesoro delle cosche vale ben un miliardo di euro: ci sono 1.700 beni sequestrati in mano alle banche per debiti o pignoramenti e che presto saranno messi all’asta, e per questo Don Ciotti propone alle banche di fare una sanatoria.
Altra bella iniziativa sarà l’inaugurazione (a gennaio 2009) nelle terre confiscate a Totò Riina del primo centro di confezionamento di tutti i legumi prodotti dal consorzio “Sviluppo e Legalità”, grazie ad un investimento di € 270.000 (infatti, fino ad ora i legumi coltivati nei terreni confiscati in Sicilia venivano spediti in Umbria per essere lavorati, confezionati e poi ridistribuiti sul territorio nazionale). Il Consorzio “Sviluppo e Legalità” riunisce le coop Placido Rizzotto, Lavoro e non solo, Pio La Torre ed Elios, le quali dai 700 ettari di terra confiscati alla mafia producono pasta, vino, meloni, pomodori, ceci e lenticchie. Ora si vuole fare la stessa cosa con lo stabilimento della pasta ottenuta da prodotti confiscati alla mafia: infatti ora lo stabilimento si trova a Mantova ma si vuole portarlo, giustamente, in Sicilia.
E ancora: 250.000 bottiglie di vino prodotte quest’anno dalle viti coltivate sui terreni dei boss Brusca e Riina, a Corleone la villa della famiglia Riina ospita adesso un istituto agrario, a Palermo uno degli appartamenti sequestrati ai prestanome dei boss è ora la sede di Addio Pizzo, mentre in un negozio confiscato alla mafia c’è ora la bottega di Libera ove si vendono prodotti ottenuti dalle terre confiscate.
La lotta alla mafia continua e con l’utilizzo dei beni confiscati “si prendono due piccioni con una fava”.

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