domenica 14 dicembre 2008

Fondi privati per la ricerca?

È un tema scottante quello dei tagli ai fondi per la ricerca in Italia: si sono sollevate accesissime polemiche, giustamente, per questo spregiudicato taglio in atto da alcuni anni. Purtroppo si taglia sempre dove non si dovrebbe tagliare (ricerca, cultura, ambiente, scuola) invece di avere il coraggio di tagliare dove invece si dovrebbe assolutamente tagliare (spese del Parlamento, Province, enti vari). Per questo Ottone Di Pietro nella sua rubrica “Vizi & Virtù” dell’inserto Il venerdì del 5 dicembre 2008 del quotidiano La Repubblica ha scritto un interessante articolo intitolato “Fondi privati per la ricerca? Non è una brutta idea”, che qui riporto integralmente.
“Professori universitari con lo sponsor? Il finanziamento di cattedre da parte di grandi società è diffuso in numerosi Paesi, e si fa anche in Italia. È un’ottima istituzione. Il collegamento fra industria ed università è fattore di progresso: produce ricchezza, quindi benessere. In ormai anni lontani, quando ero giornalista militante e andavo in giro per il mondo, capitai ad Atlanta e mi resi conto che la Georgia (la Georgia americana, ovviamente) aveva compiuto in pochi anni progressi prodigiosi. Era stata fino a un passato recente una regione in crisi, arretrata, addormentata, senza speranza, paragonabile, nelle debite proporzioni, al nostro Mezzogiorno; e in poco tempo si era svegliata, era diventata ricca, dinamica, moderna. La trasformazione era dovuta in primo luogo al fatto che la regione si era agganciata al progresso tecnologico. Come era stato possibile? Mi spiegarono che il miracolo era dovuto in parte notevole alla collaborazione fra università e grande industria. Nei miei articoli auspicai l’adozione di una formula analoga nel nostro Mezzogiorno. Potremmo fare molta strada anche noi, con quella formula. Potrebbero farla tanti paesi mediterranei. Ma da noi sorgono adesso alcuni dubbi: potevano mancare? C’è chi teme che la sponsorizzazione di attività universitarie da parte di imprese sia un’insidia per la purezza della ricerca, e contamini l’università, o per lo meno le cattedre sponsorizzate, con gretti interessi aziendali. Timori fondati? Sì, certamente. Può succedere che l’azienda sponsorizzatrice si aspetti vantaggi veniali, ricerche addomesticate. Ma questo dipende dal grado di onestà di chi sponsorizza e, soprattutto, di chi si è sponsorizzato. Se il professore titolare di una cattedra sponsorizzata è persona onesta, persona per bene, ogni contaminazione sarà evitata. Chi onesto e per bene non è, d’altra parte, troverà sempre il modo di trarre dalla sua posizione vantaggi illeciti, favorendo interessi veniali di questa o quell’impresa: con o senza sponsorizzazione. Ma non dovrebbero essere i professori una guida morale, oltre che una fonte di conoscenza, per i ragazzi? In ultima analisi, è questo il vero problema: la scelta dei professori. Le notizie di questi giorni rivelano che la nostra università è in crisi. Vediamo dunque di scegliere bene i professori, in primo luogo. E intanto, ben vengano le sponsorizzazioni, che comunque produrranno vantaggi”.

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