martedì 22 settembre 2009

QUEL DISPREZZO ANTICO PER LA CULTURA

Pochi giorni fa (domenica 13 settembre 2009), dal seminario del PDL a Gubbio, il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta le ha sparate davvero grosse, diciamo pure che ormai in Italia siamo allo sfascio, nel vero senso della parola, peccato che la maggior parte degli italiani (succube del berlusconismo) non se ne accorga. Queste le frasi pronunciate dal ministro: “Accostare lo spettacolo alla cultura è un grande imbroglio… Lo Stato ha il dovere di finanziare la cultura, dalle biblioteche ai restauri, ma lo spettacolo è un’altra cosa. Ma perché finanziamo il cinema? Forse che finanziamo il piano bar o la discoteca? E anche i giornali devono andare sulle loro gambe… I cineasti sono parassiti, gente che ha preso tanti soldi e ha incassato poco al botteghino. Gente che non ha mai lavorato per il bene del paese, anzi non ha mai lavorato”. Ha ragione lo scrittore Giancarlo De Cataldo quando dice che Brunetta ha un’idea della cultura molto diffusa nella destra, ovvero che la cultura è buona quando diverte, e cattiva quando invece è problematica, e che c’è un astio nei confronti di chi non produce beni materiali come i professori, i magistrati, gli artisti, i giornalisti, ignorando che l’industria culturale produce un reddito non da poco nel nostro paese. Lunedì 14 settembre 2009 il quotidiano La Repubblica pubblica un articolo di Sandro Veronesi intitolato “Quel disprezzo antico per la cultura” del quale vorrei riportare alcuni passaggi importanti:
  • di pari passo con il disfacimento dell’immagine tranquillizzante che Berlusconi aveva costruito su di sé, molti dei suoi feldmarescialli stanno gettando la maschera per rivelare la propria mentalità fascista… il retaggio fascista continua ad alimentare buona parte della politica di governo, incardinando su due perni storici della demagogia populista: l’anticomunismo e lo sprezzo per la cultura. Chiunque può far strada nella politica berlusconiana se si arrocca su uno di questi due baluardi, meglio ancora se su entrambi coniugati assieme;
  • così, insieme alla caccia all’omosessuale, alla faccetta nera, al rom e al sindacalista, finalmente si è aperta anche quella all’intellettuale. Quanto poco, in realtà, possano essere pericolosi gli intellettuali con un popolo che è riuscito ad ignorare Pasolini e Don Milani, costoro non lo sanno; vivendo nel perenne complesso d’inferiorità tipico per l’appunto dei fascisti, essi si danno pena di attaccarli questi intellettuali, e la cosa pericolosa ovviamente non è l’attacco personale, bensì il ripugnate assunto sulla groppa del quale l’attacco viene fatto galoppare verso l’opinione pubblica, per il quale la cultura è di per sé parassitaria, nociva e sovversiva.
Sono osservazioni che prendono in pieno il problema. È assai grave l’ignoranza diffusa che circola nel popolo italiano, anche se non per colpa sua: d’altronde, dopo quasi trent’anni di TV commerciale (Mediaset in primis, alla quale si sono poi adeguate tutte le altre reti, RAI compresa), come poteva plasmarsi il cervello di un italiano medio? Veline, tornisti, reality, gossip, donne in ogni trasmissione esposte come oggetto da guardare, soldi a go-go, mentre le pochissime trasmissioni di cultura ed inchiesta vengono sempre più attaccate fino a farle chiudere: forse Berlusconi ha ancora paura, da buon padre di famiglia qual è…, che noi comunisti ci mangiamo i pochi bambini che sono rimasti i circolazione…

Nessun commento: