PAVLOPETRI, il 1° porto del Mediterraneo!
Un gruppo di ricercatori inglesi, capitanati dal geo-archeologo Nic Flemming del National Oceanography Center di Southampton (Gran Bretagna, http://www.noc.soton.ac.uk), sta portando alla luce resti di vario tipo della città, come ad esempio alcune ceramiche risalenti al Neolitico e parti del “megaron” (un edificio monumentale con una grande stanza rettangolare utilizzato solo da un’elite della popolazione). Già lo stesso Flemming aveva scoperto questa città sommersa nel lontano 1967: in seguito ad un sopralluogo, fu redatta una relazione scientifica nel 1969 in seguito alla quale si pensò di dimenticare forzatamente questa scoperta per evitare che qualcuno ne rubasse i reperti. Ora, dopo tanti anni, Flemming è riuscito a convincere il Ministro della Cultura greco a finanziare una nuova campagna di ricerca per Pavlopetri, e questo sta portando a risultati entusiasmanti.
La nuova area di studio è sviluppata su una superficie di ben 100.000 metri quadrati: dalle ricerche si è riusciti ad individuare l’intera pianta della città (anche grazie alla limpidezza delle acque del mare, finora è stata mappata almeno metà città) risaltando le strade, gli edifici e le tombe, oltre a trovare una serie di dati utili per capire come veniva utilizzato il porto (ad esempio, come avvenivano gli scambi mercantili e l’attracco delle imbarcazioni), visto che si tratterebbe del primo porto del Mediterraneo!
Ricordiamo che la città di Pavlopetri è sprofondata nel mare intorno al 1.000 a.C.: non si sa ancora per quale motivo sia sprofondata ed ora si cercherà di capirlo. Forse un violento tsunami che ha cambiato l’andamento delle coste e fatto sprofondare la città, oppure si pensa che la città sia lentamente sprofondata a causa del fenomeno della subsidenza (ovvero un abbassamento del suolo in seguito al compattamento di strati sottostanti, come avviene nella zona di Ravenna), oppure ancora un repentino innalzamento delle acque marine. Ma è ancora tutto da verificare. Qualcuno sta addirittura pensando di essere finalmente davanti al mito di Atlantide!!!
A proposito di ciò, Luigi Bignami del quotidiano la Repubblica, ha intervistato l’archeologo subacqueo Giacomo Cavillier (docente dell’Università di Bari nella sede di Taranto): secondo l’archeologo, i nuovi studi hanno fatto capire che la città di Pavlopetri era stata costruita su modelli urbanistici molto avanzati per l’epoca, oltre ad avere un commercio sviluppato e soprattutto un elevato sviluppo culturale. Secondo l’archeologo, considerato che il commercio era molto sviluppato nel Mediterraneo già 5.000 anni fa, potrebbero esserci molte altre città antiche sommerse lungo le coste. Ma sempre lo stesso archeologo sottolinea l’importanza del mare nella conservazione delle opere antiche: infatti, fuori dall’acqua è molto più difficile risalire alle varie epoche delle opere in quanto le opere stesse si usurano a causa degli effetti dell’aria e degli agenti atmosferici, mentre sott’acqua si conservano enormemente. Ecco perché sarebbe importante potenziare la ricerca storica sott’acqua.
Sperando sempre nel mito di Atlantide…
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