PARCHI ITALIANI SOTTO ASSEDIO…
Sono i dati contenuti sul primo rapporto sul grande patrimonio culturale dei parchi, presentato da Federparchi (http://www.parks.it/federparchi) e Federculture (http://www.federcultura.confcooperative.it): questo rapporto è stato presentato ieri 26 novembre 2009 a Roma presso la Società Geografica Italiana, e due giorni fa Francesco Erbani ne ha dedicato un articolo sul quotidiano la Repubblica. Giustamente sono da proteggere e valorizzare questi parchi perché racchiudono un immenso patrimonio culturale fatto di paesaggi, territori, centri storici, beni artistici, tradizioni, valori comunitari, lingue e pratiche artigianali: tutte cose minacciate dall’incalzante sete economica della società, il che si tramuta in villaggi turistici, nuovi quartieri residenziali o produttivi, strade, porti, cave, ecc… Come dice Giampiero Sammuri (presidente di Federparchi) “I parchi sono un grande sistema per conservare la biodiversità, ma anche uno strumento di coesione sociale e di promozione economica”.
C’è inoltre un aspetto non di poco conto, sottolineato da Roberto Grossi (presidente di Federculture): il 70% dei parchi italiani è amministrato da Province e Regioni, quando invece tale compito dovrebbe spettare ad enti specifici. E veniamo al capitolo finanziamenti pubblici: 241 milioni di euro nel 2008, pari ad appena lo 0.015% del Pil!!! E in questo 2009 c’è stato addirittura un taglio del 10%! Proprio il fatto che siano Province e Regioni ad amministrare i parchi non fa pensare proprio a delle buone cose: i piani paesaggistici delle Regioni sono pochissimi e quasi mai impongono dei limiti ai Comuni, incapaci di fronteggiare l’enorme spinta della speculazione immobiliare. E qui arriviamo al punto doloroso: i Comuni. Già i loro introiti non sono mai stati elevati, ora da quando è stata eliminata l’Ici sulla prima casa sono al lastrico, anche perché di fondi pubblici per compensare non ne arrivano dallo Stato. E allora cosa possono fare? Lottizzazioni, lottizzazioni, lottizzazioni. Proprio in questi giorni ho letto un’intervista fatta dal quotidiano la Repubblica a Maria Cristina Treu, docente di Progettazione Urbanistica al Politecnico di Milano, secondo la quale: “La svendita del territorio e il consumo del suolo non sono solo la reazione alla deindustrializzazione, sono una sorta di autodifesa da parte dei Comuni, di istinto di sopravvivenza contabile. Gli oneri delle lottizzazioni di case e terziario servono ai Comuni per le spese ordinarie, per tirare avanti e far quadrare i bilanci, in particolare ora che è stata abolita l’Ici”. Come darle torto… C’è un passaggio dell’intervista che commenta da solo (e al meglio, o al peggio, fate voi!) la situazione: “Abbiamo fatto uno studio recentissimo. Ci dice che su una lottizzazione di circa 20.000 metri quadrati, mediamente, in gettito di contributi diretti o in opere un’amministrazione è in grado di garantirsi la sopravvivenza per 5 anni, ossia la durata del mandato di un sindaco. E sa cosa ci restano dopo i 5 anni? I costi di manutenzione...”. Spese di manutenzione per riasfaltare le strade, per mantenere l’illuminazione pubblica, per gestire le aree verdi, per rifare la segnaletica stradale, per sistemare i marciapiedi, per pulire le fognature, ecc…
Questa affermazione spiega al meglio la situazione: la mancanza cronica di fondi porta i Comuni a realizzare continuamente nuove lottizzazioni (anziché recuperare l’esistente, i centri storici sono quasi vuoti…), sottraendo terreni liberi all’agricoltura e, purtroppo e sempre più spesso, anche ad aree protette. E lo Stato cosa fa? Oltre a non fornire soldi a Comuni e a tagliare i fondi a quei Ministeri che invece ne avrebbero più bisogno (dell’Ambiente, dell’Istruzione, ecc…), non sta facendo niente per eliminare spese inutili per miliardi e miliardi di euro (vedi le nuove Province costituite senza un motivo, vedi i Comuni piccolissimi che potrebbero essere fusi tra di loro, vedi le stratosferiche spese dei palazzi di stato, ecc…). E chi ci rimette? Tra i tanti, anche il nostro caro paesaggio…
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