In questi anni ho dedicato alcuni post sul tema della possibile cancellazione della
geografia come materia scolastica, con tutti i problemi che questo avrebbe comportato, soprattutto a livello culturale. Proprio in questi giorni ho trovato due spunti sul quotidiano
la Repubblica: uno è la lettera di Alessandro Carassale (docente di geografia di Bordighera - Imola - pubblicata nello spazio dei lettori sul quotidiano la scorsa settimana, seriamente preoccupato sia per il proprio posto di lavoro sia per l’abisso culturale che questo provocherebbe), l’altro è invece un articolo di Maria Novella De Luca apparso sul quotidiano del 1° febbraio.
La situazione è davvero preoccupante:
la riforma Gelmini prevede la cancellazione totale della geografia dagli istituti tecnico – commerciali e professionali (verrà pertanto abolita dall’Istituto Nautico, che oggi è l’Istituto per i Trasporti e la Logistica, e dall’indirizzo Costruzione – Ambiente – Territorio, che corrisponde agli ex geometri), verrà ridotta al solo biennio negli indirizzi commerciali (ovvero l’ex ragioneria, dove prima veniva insegnata tutti e 5 gli anni), verrà ridotta d’orario nei licei classici e scientifici (da 4 a 3 ore settimanali, ma con la nuova riforma non ci sarà più distinzione tra Storia e Geografia che diventeranno un unico corso, pertanto sarà l’insegnante a decidere quante ore dedicare a storia e quante a geografia…), mentre resterà invariata solo nell’indirizzo Turistico.Inutile ribadire quanto sia grave la cancellazione o la riduzione dell’insegnamento della geografia nelle scuole, in quanto causerà una lacuna culturale grave negli studenti: non si tratta della semplice conoscenza dei nomi di fiumi, mari, monti e città, ma si tratta anche, e soprattutto, di studiare la geografia economica, la geografia storica, la geografia religiosa, la geografia sociale e la geografia politica di uno Stato. Senza la geografia non si può studiare la storia di un paese, e viceversa. Questo comporterà che gli attuali studenti (e futuri uomini) sapranno muoversi solo col GPS e se andranno in un paese non ne conosceranno praticamente niente (oltre che a non conoscere nemmeno il proprio di paese)!!! Non è per niente entusiasmante…
Varie categorie si stanno ribellando a questa cosa:
- l’AIIG (Associazione Italiana Insegnati di Geografia), fondata a Padova nel 1954, presieduta da Gino De Vecchis che attualmente è docente di Geografia all’Università Sapienza di Roma (http://www.aiig.it);
- la Società Geografica Italiana (http://www.societageografica.it) fondata nel 1867, con sede a Roma nel palazzo Mattei (all’interno di Villa Celimontana), presieduta da Franco Salvatori, che custodisce ben 400.000 volumi, 100.000 carte geografiche, una lunga serie di atlanti di epoca compresa tra il 1400 e il 1800, 450 faldoni che raccolgono la documentazione dell’800 delle spedizioni in Africa, mappamondi, bussole, ecc…;
- addirittura su Facebook un gruppo di studenti ha lanciato un appello per manifestare la loro contrarietà a questa scelta.
L’AIIG è naturalmente preoccupata perché con la nuova riforma (fatta solo per risparmiare denaro: ma pensa un po’, in Italia per risparmiare si fanno tagli alla scuola e alla cultura…) il 60% degli attuali insegnanti di geografia entro un paio d’anni si troverebbe senza lavoro: il suo presidente ha affermato
“Senza geografia siamo tutti più poveri, perché la formazione di un cittadino passa anche attraverso questa materia, che è la scienza dell’umanizzazione del pianeta Terra”. La Società Geografica Italiana è invece preoccupata perché vedrebbe svanire tutto l’ottimo lavoro fatto in questi decenni per mantenere viva una materia che sta alla base della formazione di molti lavori, ricordando che
la geografia significa anche studiare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, studiare il cambiamento climatico in corso, conoscere il territorio ed il suo rapporto con l’urbanizzazione, studiare i fenomeni migratori.
Massimiliano Tabusi, insegnante all’Università per stranieri di Siena, è il fondatore (con altri ricercatori) del sito
http://nuke.luogoespazio.info nel quale si può firmare un appello contro l’estinzione della geografia. Tabusi afferma:
“Soltanto in Italia i geografi sono considerati inutili. Invece sono degli esperti del territorio, e ovunque nel mondo lavorano accanto agli urbanisti, agli architetti, agli ingegneri”. Lo stesso presidente della Società Geografica Italiana afferma:
“Come si fa a considerare la geografia inutile quando il mondo sotto i nostri occhi cambia in continuazione? Pensate a che cosa è successo dopo la caduta del muro di Berlino, tutta la riscrittura degli atlanti e delle carte”. E pensate quanti cambiamenti sono in corso negli ultimi decenni, dall’ex Jugoslavia allo smembramento dell’Unione Sovietica, dalle vicissitudini del Medio Oriente alle guerre africane.
La riforma Gelmini è, purtroppo, la fotografia di quanto sia considerata la cultura oggi in Italia: un intralcio di sinistra…
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