domenica 23 dicembre 2012

Sono rinate le CINQUE TERRE

Il mensile scientifico FOCUS (http://www.focus.it) nel suo numero 239 di settembre 2012 ha dedicato un bel articolo alla rinascita delle Cinque Terre, dopo la devastazione che le ha colpite con l'alluvione del 25 ottobre 2011. L'articolo è intitolato appunto "Sono rinate le CINQUE TERRE", a cura di Amelia Beltramini, e nello stesso vengono descritti tutti i lavori che sono stati fatti, oltre a molte foto che testimoniano la rinascita. In molti altri post di questo mio blog ho affrontato il problema della cura del territorio, per questo dell'articolo di Focus mi hanno colpito soprattutto le interviste rilasciate da vari esponenti competenti in materia che dovrebbereo servire da lezione per altri territori, ma direi per l'Italia intera, se si voglione evitare disastri simili in futuro: certamente nel caso delle Cinque Terre (e come in altre località) si sono manifestate precipitazione davvero eccezionali (anche di 500 mm d'acqua, pari a 500 litri per metro quadrato) concentrate in pochissime ore, ma certo la devastazione è figlia di ben altro.
Dice Vittorio Alessandro, commissario straordinario del Parco delle Cinque Terre (http://www.parconazionale5terre.it/): "Il parco è fortemente legato al territorio circostante: con l'alluvione è emerso chiaramente che ciò che si abbatte a valle, sulla zona abitata, è determinato dalle zone a monte. L'abbandono delle coltivazioni è legato alla fortuna turistica di queste zone, risultato di una campagna di comunicazione riuscita. Ma se manca la cura dei contenuti, con il tempo la rendita di immagine potrebbe esaurirsi. E' ora di compensare l'attività turistica con la necessaria e determinante cura del territorio".
Dice Mario Tozzi, geologo e primo ricercatore dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del CNR (http://www.igag.cnr.it/): "Si può vivere alla Cinque Terre solo se si lavora incessantemente la terra, se appena un muretto spancia o cade un sasso qualcuno se ne accorge e lo ricostruisce. Le pioggerelline invernali e le rugiade primaverili non ci sono più: il regime delle piogge è cambiato, e deflagrano le bombe d'acqua che abbiamo visto a Monterosso e Vernazza, a Genova, a Roma, all'Elba e nel salernitano. Figlie del cambiamento climatico, ne vedremo sempre più spesso. Se non si vuole che tutto si ripeta bisogna ripensare l'uso del territorio, fermarne il consumo e impegnarsi nella manutenzione".
Dice Stefano Sarti, vicepresidente di Legambiente Liguria (http://www.legambienteliguria.org/): "Se non si interviene a monte facendo prevenzione, c'è il rischio che a ogni cambio di stagione le frane riprendano. Oggi boschi e campagne sono abbandonati e nessuno fa il lavoro che facevano i contadini".
Dice Benito Castiglia, comandante provinciale del Corpo Forestale di La Spezia (http://www.corpoforestale.it/): "Il legname rinvenuto nelle aree alluvionate era prevalentemente di pino marittimo e castagno", volendo dire che nella macchia mediterranea originaria il pino marittimo non c'era in quanto il bosco era composto da lecci, roverelle e carpini neri, ovvero piante molto efficienti sotto il profilo idrogeologico perchè hanno apparati radicali larghi. Gli incendi nel tempo hanno devastato tale macchia mediterranea che poi è stata sostituita (dall'uomo) con il pino marittimo in quanto è una pianta pirofila (ovvero che si riprende velocemente dopo l'incendio), senza però pensare che il suo apparato radicale non è adatto a contenere i pendii montuosi. Per non parlare di molti parassiti che nel tempo hanno intaccato i boschi a causa del loro abbandono.
Dice infine Matteo Bonamini, presidente della Cooperativa viticola di Riomaggiore, considerando che con l'alluvione sono franati i costoni ripidissimi che l'uomo negli ultimi 10 secoli aveva reso fertili terrazzandoli con i muretti a secco: "Il 95% delle fasce di Monterosso ed il 70% di quelle di Vernazza sono abbandonate. Negli anni '50 gli ettari dedicati a vigne erano 500, oggi i consorziati hanno un'età media di 72 anni. Chi coltiva oggi lo fa per tradizione e per attaccamento alla terra, ma ad ogni generazione questo attaccamento si affievolisce". E questo anche a causa dai costi sempre più elevati che fanno capire che l'agricoltura delle fasce non è redditizia.
Da tutte queste interviste si possono trarre tutti gli spunti necessari per poter invertire questa tendenza di degrado del territorio che sta attanagliando tutto il nostro paese, con tutte le conseguenze del caso (morti, devastazioni, miliardi di euro in riprazioni, ecc...). Possibile che non si riesca ad attuare? Anche qui le forze politiche dovrebbero fare ogni sforzo necessario per tutelare il territorio: saranno in grado di farlo?

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