giovedì 17 gennaio 2013

Chelsea Clinton e il VOLONTARIATO

Chelsea Clinton, figlia dell'ex presidente USA Bill Clinton, è presidente onoraria del National Day of Service, ovvero la giornata dedicata negli Stati Uniti all'insegnamento di Martin Luther King, che si terrà sabato 19 gennaio 2013 presso il National Mall di Washington. Brevemente ricordo che (fonte wikipedia) Martin Luther King, nato ad Atlanta il 15 gennaio 1929 e morto a Memphis il 4 aprile 1968, è stato un pastore protestante, politico e attivista statunitense, leader dei diritti civili. Il suo nome viene accostato per la sua attività di pacifista a quello di Gandhi, il leader del pacifismo della cui opera King è stato un appassionato studioso, ed a Richard Gregg, primo americano a teorizzare organicamente la lotta non violenta. L'impegno civile di Martin Luther King è condensato nella Letter from Birmingham Jail (Lettera dalla prigione di Birmingham), scritta nel 1963, e in Strength to love (La forza di amare) che costituiscono un'appassionata enunciazione della sua indomabile crociata per la giustizia. Unanimemente riconosciuto apostolo instancabile della resistenza non violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, "redentore dalla faccia nera", Martin Luther King si è sempre esposto in prima linea affinché fosse abbattuta nella realtà americana degli anni cinquanta e sessanta ogni sorta di pregiudizio etnico. Ha predicato l'ottimismo creativo dell'amore e della resistenza non violenta, come la più sicura alternativa sia alla rassegnazione passiva che alla reazione violenta preferita da altri gruppi di colore, come ad esempio, i seguaci di Malcolm X. 
Ebbene, il quotidiano la Repubblica del 16 gennaio 2013 ha pubblicato uno stralcio dell'articolo (tradotto da Fabio Galimberti) che Chelsea Clinton ha scritto pochi giorni fa per la Cnn e che vorrei riproporre in questo spazio perché è molto significativo. “Quando ero bambina, i miei genitori e i miei nonni mi hanno insegnato che lavorare al servizio della comunità, aiutare i nostri vicini e costruire comunità solide sono elementi essenziali per poter essere un bravo cittadino e una brava persona. Le mie due nonne, Virgiania e Dorothy, sono state l'esempio vivente di questa convinzione, la vita non è stata facile per loro, perché sono cresciute durate la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale, ma nonostante gli ostacoli che hanno incontrato hanno trovato il tempo per fare volontariato nella loro chiesa e nella loro comunità, e in seguito nella scuola dei loro figli. I miei genitori mi hanno instillato fin da piccolissima questi valori che gli avevano trasmesso le loro madri. A Little Rock, Arkansas, la domenica andavamo in chiesa e dopo spesso parlavamo di quale progetto di volontariato potevamo seguire insieme. I preferiti erano decidere quali libri donare alla chiesa o alla biblioteca e pulire insieme i giardini pubblici, una cosa che mio padre riusciva sempre a trasformare in un gioco. Quando ci siamo trasferiti a Washington, questo spirito di servizio ha continuato a rappresentare una parte importante della mia vita. Al liceo ho guidato insieme ad altri il circolo di volontariato e al college mi sono impegnata come volontaria facendo la tutor per il progetto di diffusione della lettura America Reads e lavorando nella sala di arteterapia dell'ospedale pediatrico Lucile Packard in California. Mi piaceva moltissimo parlare con le mie nonne delle mie attività di volontariato ed ero d'accordo con loro: quello che ricevevo era molto di più di quello che ero in grado di dare. Alcune di queste attività, come ad esempio rimuovere le macerie dopo un uragano, sono innegabilmente dure, dal punto di vista fisico ed emotivo. Ma moltissime altre, come sorvegliare i bambini durante le gite scolastiche, aiutare un bambino malato a fare un collage, leggere libri per persone che hanno perso la vista, partecipare insieme agli amici a una marcia per la raccolta fondi contro l'Aids, possono essere divertentissime. E il lavoro è qualcosa che eleva e che da una grande forza. Questo sabato, quando mi unirò a migliaia di americani durante il National Day of Service, penserò alle mie nonne. So che sarebbero orgogliose di vedere, in tutta l'America, la gente che tende la mano ai propri vicini, proprio come loro hanno insegnato a fare ai loro figli e nipoti”.
Mi appello a questa lettera, che vorrei fare mia e che vorrei che tutti facessero propria: far parte di una società non significa essere solo dei singoli componenti di essa, ma significa collaborare, aiutarsi, impegnarsi, lavorare. Il volontariato serve a fare ciò che le istituzioni non possono (e, a volte, non vogliono...) fare. Ci sono tanti modi per farlo: per l'ambiente, per la scuola, per la comunità, per le persone, per l'arte, ecc... L'importante è impegnarsi: dedicare, anche poche ore la settimana, a qualcosa di utile renderà felice te che lo hai fatto e soprattutto chi hai aiutato, e servirà a mantenere un livello sociale tale da permettere a tutti di vivere meglio. Questo mondo ha bisogno di volontari!!

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