martedì 14 maggio 2013

L'AQUILA sta morendo? O è già morta?

Mi unisco all'accorato appello lanciato da Salvatore Settis sul quotidiano la Repubblica del 10 maggio 2013, nel suo articolo “Un futuro per L'Aquila preda dell'indifferenza”. In questi giorni Cialente, il sindaco della città, ha ammainato la bandiera italiana dalla città e ha riconsegnato la sua fascia tricolore al Capo dello Stato per esprimere la sua preoccupazione, il suo rammarico e la sua mortificazione per l'abbandono in cui versa la città dovo il disastroso terremoto dell'aprile 2009. Anche perché lo scorso ottobre l'ex ministro Barca aveva fatto un bel provvedimento stanziando fondi per il recupero della città ma ad oggi non è arrivato un centesimo!! Lo scorso 5 maggio più di mille storici dell'arte di ogni età e provenienza (dalle università, dalle soprintendenze, ecc...), auto-convocati per un'idea di Tomaso Montanari, si sono radunati a L'Aquila per rendersi conto della gravissima situazione e denunciare all'Italia l'abbandono totale del centro storico, uno dei più belli e più importanti d'Italia per la sua immensa ricchezza di storia. Scrive Settis: “In nessun luogo come all'Aquila è evidente il nesso fra le rovine materiali di un centro storico e la rovina morale e sociale che minaccia la nostra società. Qui il degrado civile si rispecchia in un doppio disastro, il terremoto e la pessima gestione del dopo-terremoto, che ha privilegiato la costruzione delle cosiddette new towns abbandonando il centro storico, deportando gli abitanti non nelle ridenti città-giardino promesse da Berlusconi, ma in quartieri-ghetto privi di spazi per la vita sociale”. Concordo: ma ammettendo che questa situazione sarebbe potuta andare bene temporaneamente, perché poi nulla si è più fatto? Perché lasciare morire un centro storico così? Significa rinunciare alla nostra storia e alla nostra cultura, significa rinunciare in termini economici al florido turismo dei beni culturali che prima interessava il capoluogo abruzzese con tutto il suo indotto (negozi, ristorazione, alberghi, ecc...). 
Scrisse Calamandrei: “I nostri centri storici sono vita, non si possono perdere senza sentirsi mutilati, menomati nello spirito; le rovine sono come cicatrici dello spirito, dove rimane la cecità e l'amnesia, irrimediabile”. Ha perfettamente ragione: i centri storici raccontano il nostro paese e, diciamoci la verità, ce li invidiano in tutto il mondo!!! Ed ha ragione il sindaco Cialente quando dice “Lo Stato ci ha abbandonati. Nella nostra Costituzione si respira la responsabilità istituzionale e democratica che si esprime nei diritti e nei doveri delle istituzioni e dei cittadini. Questo spirito non lo vedo nel comportamento dello Stato”. Come dargli torto. 
Come scrive Settis, perché non è stata fatta una legge speciale per L'Aquila? Perché non si sono dirottati su questa città i soldi che invece sono stati utilizzati per comperare aerei militari o per fare un tratto della Tav? Perché non rilanciare, ad esempio, la ricostruzione della città all'insegna di un grande centro di ricerca e formazione specializzato in interventi in aree sismiche, dalla prevenzione al restauro? Queste sono le risposte che dovrebbe aver già dato la politica (chi altrimenti?) e invece a distanza di 4 anni non le ha ancora date? Colpa notevolissima. Questo dimostra sia la debolezza e, aggiungo, incapacità della nostra attuale (attuale?) classe politica e di conseguenza dei ministri per i Beni Culturali che si sono succeduti nelle ultime legislature. Ahimè...

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