martedì 18 giugno 2013

Difendere il PAESAGGIO, si deve e si può

E' il titolo di un articolo pubblicato sul trimestrale “Il notiziario del FAI” del Fondo Ambiente Italiano (FAI, http://ww.fondoambiente.it) n° 127 di giugno-luglio-agosto 2013, numero peraltro tutto incentrato su questo tema. Ne parla nel suo editoriale anche Andrea Carandini, che dallo scorso 19 febbraio 2013 è Presidente del FAI al posto di Ilaria Borletti Buitoni. Carandini, noto archeologo italiano (http://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Carandini) dice nel suo editoriale che bisogna coinvolgere sempre di più i cittadini nella difesa del nostro immenso patrimonio storico-paesaggistico, visto che lo Stato la sua parte la fa sempre meno purtroppo (il Ministero per i Beni e la Attività Culturali versa in una condizione disastrosa: appena 90 milioni di euro gli sono stati trasferiti dallo Stato per far fronte all'intero patrimonio nazionale, oltre che ad organici sempre più ridotti, servizi aggiuntivi da rifondare, siti in pericolo, ecc...). Ha perfettamente ragione quando, chiudendo il suo editoriale e parlando delle donazioni dei privati, dice: “Donare per l'interesse generale è una forza contagiosa. Se continueremo a crescere, arriveremo, prima o poi, a smuovere la montagna: ovvero una classe dirigente che non ha dato fino ad ora buona prova di sè”.
Quando si parla di qualche problema (sempre!!!) in questo Paese, si dice che dovrebbero essere fatte delle leggi più restrittive, dimenticandosi però che molto spesso le leggi esistono già, ma non vengono applicate! Nel caso della difesa del paesaggio l'Italia è da un punto di vista legislativo molto avanti, in quanto sono stati resi obbligatori i cosiddetti “Piani paesaggistici regionali”: a dire il vero erano già previsti dal Regolamento della Legge n° 1497 del 1937 e poi confermati dal nuovo “Codice dei beni culturali e del paesaggio” del 2004, e ad oggi parecchi Regioni li hanno adottati. Il problema è che ad oggi (a quasi 10 anni dal Codice del 2004) nessuna Regione ha completato l'iter di approvazione definitiva di questi Piani e qui le motivazioni (come spiega Roberti Cecchi, Sottosegretario ai Beni Culturali nel Governo Monti) sono varie: dalla mancanza di strumenti per la realizzazione dei progetti, al timore di doversi dotare di regole troppo restrittive (!) e in generale all'incapacità del nostro Paese (e del suo popolo!) di dotarsi di regole e di rispettarle. I Piani paesaggistici regionali sono di primaria importanza nella tutela del patrimonio culturale ed ambientale del nostro paese in quanto tendono a proteggere beni culturali e paesaggio come fossero un sistema unico, sottoposto allo stesso sistema di tutela e valorizzazione. Prima invece si è sempre pensato che beni culturali e paesaggio fossero due cose senza legami tra loro: infatti nel 1939 fu fatta una legge sui beni culturali ed una sulle bellezze naturali, mentre nel 1976 si affidò la competenza dei beni culturali allo Stato e quella del paesaggio alle Regioni. Ma non è così: il patrimonio culturale è tutto, monumenti e paesaggio, così come indicato nel successivo Codice del 2004. 
C'è quindi assoluto bisogno che le Regioni portino velocemente a compimento l'iter di approvazione dei Piani paesaggistici regionali e di renderli operativi (questo lo stato ad oggi, http://www3.unisi.it/did/dip-direcon/regionale.htm). Non c'è più tempo da perdere, e per fortuna ci sono le associazioni no profit che stanno facendo (e molto!) quello che dovrebbe fare lo Stato.

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