mercoledì 25 settembre 2013
Titolo più azzeccato non poteva esserci per descrivere questo momento così critico per l'economia italiana, in seguito alla cessione di fatto di Telecom alla società spagnola Telefonica e alla ormai quasi certa cessione di Alitalia ad Airfrance. Si tratta del titolo di un articolo che oggi il bravo Alessandro Penati ha scritto sul quotidiano la Repubblica (titolo completo: “È il fallimento dell’Italia Spa: aziende gestite male e svalutate, così gli stranieri corrono ai saldi”).
Voglio riportare 4 passaggi di questo lungo articolo, non solo perchè li condivido pienamente, ma anche (e soprattutto) perchè fotografano alla perfezione e con il giusto senso critico lo stato della nostra economia.
1) Chi pensasse che il vero problema dell’Italia oggi sia la colonizzazione delle nostre grandi aziende, si sbaglierebbe due volte. GlI stranieri comprano, e a prezzo di saldo, perché le nostre aziende valgono poco; e valgono poco perché sono state gestite male per troppo tempo dagli italiani, e non reggono più la concorrenza in un mondo sempre più aperto. Il problema dunque è tutto nostro. Lo abbiamo creato con la nostra incapacità. Lo straniero alle porte è la conseguenza, non la causa.
2) Le nostre aziende riescono a essere competitive finché dominano una nicchia, troppo piccola per essere aggredita dai grandi gruppi internazionali. Ma la dimensione della nicchia finisce per limitare quella delle imprese. I tentativi di espansione fuori dai confini, spesso finisce con una Caporetto (Rcs, Fininvest, Enel, Finmeccanica, Indesit, DeAgostini). Meglio quindi restare a casa, e operare in settori protetti dalla concorrenza estera grazie a concessioni, licenze o regolamentazione nazionale; e dove le relazioni con la classe politica locale e nazionale sono indispensabili: banche, assicurazioni, energia e servizi di pubblica utilità, autostrade e trasporti, giochi e scommesse, immobiliare. Aziende grandi, capaci di crescere fuori dai confini, reggere la concorrenza e acquisire una posizione rilevante nel mondo, ce ne sono anche da noi, ma bastano le dita delle mani a contarle: Fiat Industrial e, forse, Auto, Luxottica, Autogrill, Prysmian, Generali, Eni e qualche altra. Troppo poco per un paese di 60 milioni di abitanti.
3) L’incapacità di crescere delle nostre imprese ci esclude dai settori che beneficiano maggiormente dalle economie di scala, che spesso sono anche quelle a maggior crescita della produttività (e quindi dei salari che pagano): tecnologia, farmaceutica e apparecchiature sanitarie, engineering e costruzioni, informatica, grande distribuzione, e ora anche lusso e tempo libero.
4) Oggi però non si può più contare sulle banche per una soluzione di sistema, perché sono a loro volta in crisi. Avanti quindi con l’idea di utilizzare la Cassa DP al loro posto. Così si ritorna all’Iri, e il cerchio si chiude. È il fallimento di Italia S. p. a. Inutile scatenare la caccia ai colpevoli. Lo sono tutti: governi e ministri, banchieri, imprenditori nobili e meno nobili, sindacati. Ci vorrebbe una Norimberga per i crimini contro il capitalismo in Italia: ma forse l’Europa e i mercati ci stanno già giudicando.
Le ultime righe sono di una realtà straordinaria. Ma dove sono stati i Governi in questi ultimi 20 anni? Di chi è la colpa se non dei Governi se il nostro paese si sta de-industrializzando? Come si può pensare che possa essere questa classe politica (la stessa da 20-30 anni a questa parte) a rilanciare un paese che lei stessa a contribuito, con la sua incapacità, a portare alla rovina economica? A questo punto solo gente nuova, e con idee nuove, può raddrizzare la nostra economia e il nostro Paese: in fatto di gente nuova ce nè poca in giro, ma una sta emergendo molto in questi ultimi anni: non voglio farne il nome perchè in questo blog non si fa propaganda politica, ma credo che abbiate già capito di chi sto parlando, anche consultando il mio blog. Qui ormai non c'è più bisogno di destra o sinistra, ma di gente che fa, ed io ne conosco solo una....
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