martedì 5 novembre 2013

“La libertà viene da un libro”

"La libertà viene da un libro" è una bellissima frase che pronunciò Caronda nel VI secolo a.C.... Chi era Caronda? Nato e morto a Catania, fu un giurista siceliota, nonché l'unico dei legislatori della Sicilia ellenistica che possa dirsi storico. Un'epigrafe di Mario Rapisardi all'ingresso dell'Anfiteatro romano di Catania riporta: “Caronda, Antichissimo legislatore d'Italia istituiva in questa sua città nel settimo secolo avanti Cristo il primo celebrato ginnasio condotto da uomini liberi a spese dello Stato poche leggi dava e molte norme di pubblico e privato costume alla Sicilia e alla Magna Grecia e santificandole con l'esempio meritava gloria immortale qual fondatore austerissimo di civiltà”. Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Caronda
Questa celebre frase l'ha citata Umberto Galimberti (filosofo, psicoanalista e docente universitario italiano) nella sua rubrica che tiene sull'inserto “D” del quotidiano la Repubblica del 2 novembre 2013, rispondendo ad una lettrice la quale scriveva come la differenza tra ricchi e poveri nella nostra società si rispecchia in qualche modo anche nelle librerie, in quanto il libro della piccola e quindi povera casa editrice (anche se più importante di tanti libri delle grosse case editrici) è destinato a nascere all'ombra e a morire all'ombra. Anche secondo Galimberti (e giustamente dico io) le piccole case editrici spesso pubblicano libri più interessanti e significativi di quelli delle grandi case editrici, e così anche i librai, per il semplice fatto che le grandi case editrici e le grandi librerie per restare in piedi devono seguire le leggi del mercato dove ciò che conta è la notorietà dell'autore o il titolo ammiccante... Un'altra bella frase che Galimberti cita è quella pronunciata da Marx: “Per il capitalismo, attento solo al denaro, un mercato di libri non differisce da un mercato di bestiame”. Non dimentichiamo che nel 2012 il mercato dei libri ha registrato un calo del 30%... 
Certo, avrà influito anche la crisi economica, ma la motivazione principale sta nell'ignoranza culturale diffusa (l'articolo di Galimberti si intitola infatti “Amate i libri: chi non legge non sa niente”). Dice testualmente il filosofo: “Così la cultura, già collassata nella scuola, collassa anche nell'editoria e, per colpa del degrado progressivo della nostra scuola che non ha incuriosito né invogliato i ragazzi a leggere, oggi sono considerati 'lettori forti' quelli che leggono almeno quattro libri all'anno”. Ha ragione. 
Concludo con quanto sostiene Galimberti nella parte finale del suo articolo, ovvero che il degrado della cultura ha due ripercussioni nelle nostre vite: la prima è che un popolo incolto e culturalmente arretrato uscirà dalla crisi con maggiori difficoltà rispetto ad altri, la seconda è che essendo abituati più a guardare (la televisione) che a legger,e la popolazione si suggestiona con quello che vede/sente arrivando così a non esser in grado di pensare più con la propria testa. Leggete cari, leggete.

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