venerdì 29 novembre 2013

L'Italia non è un paese per ricercatori

Oltre a tutto quello che si è detto sulla ricerca italiana (tagli continui ai fondi, cervelli in fuga all'estero, ecc...) ed oltre ai soliti problemi cronici del nostro Paese (le condanne per l'Aquila, il caso Stamina, ecc...), ora è scoppiato il caso della sperimentazione animale (ne prendo notizia da un articolo di Elena Dusi sul quotidiano la Repubblica del 27 novembre 2013). La legge sulla sperimentazione animale nasce da una direttiva europea del 2010: nonostante l'Unione Europea avesse vietato ulteriori inasprimenti delle norme, l'Italia ha inserito vari emendamenti restrittivi in seguito alle proteste degli animalisti. Il testo modificato della legge n° 96 è uscito dal Parlamento il 6 agosto scorso ma è stato approvato solo in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 21 novembre (quindi non è ancora effettivo): tale testo prevede il divieto di allevare e di usare in laboratorio cani, gatti e primati (già oggi l'80% delle cavie utilizzate per la ricerca in Europa sono topi e ratti, anche in questo siamo indietro...), obbligando a somministrare analgesici prima di ogni procedura (iniezioni incluse). A tal proposito la rivista specializzata “Nature Neuroscience” è a dir poco preoccupata per questa legge, soprattutto per il passaggio che prevede il divieto di utilizzare animali per gli xenotrapianti (ovvero trapianti di cellule o organi da una specie all'altra): buona parte della ricerca oncologica si svolge oggi prelevando delle cellule dal tumore di un paziente impiantandole nei topolini, per studiare nell'animale l'andamento della malattia e gli effetti delle relative cure. La nuova legge, pertanto, ostacolerebbe la ricerca di nuove terapie contro il cancro, ma anche i test di tossicità dei nuovi farmaci. Ed è così che la rivista “Nature Neuroscience” ha fatto negli scorsi giorni un editoriale durissimo contro l'Italia intitolato “La ricerca biomedica italiano sotto attacco”, parlando di ostacoli alla ricerca italiana e colpevolizzando alcuni scienziati di non aver spiegato in termini adeguati le loro ricerche facendo sì che disinformazione e sfiducia si diffondessero tra la popolazione. 
E proprio a tal proposito voglio riportare la lettera della biologa italiana e senatrice a vita Elena Cattaneo rivolta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Presidente del Consiglio Enrico Letta, pubblicata sullo stesso quotidiano la Repubblica. “Il mondo ci guarda esterrefatto. L'editoriale di Nature Neuroscience addita l'Italia come un esempio negativo a cui gli altri paesi occidentali devono guardare per evitare di fare la stessa fine. L'oggetto della reprimenda è la legge sulla sperimentazione animale votata dal Parlamento italiano che, di fatto, fermerà ogni sviluppo della ricerca biomedica, nel senso che comporterà un peggioramento delle capacità di lavoro dei nostri gruppi di ricerca. Peggiorerà la loro capacità di attrarre con la forza delle loro idee finanziamenti stranieri: nostri soldi che andranno quindi alle ricerche – anche sugli animali – di altri Paesi. Ebbene, se si cercano risposte sul perchè molti giovani, scienziati ma non solo, fuggono dall'Italia, ecco la risposta. Con queste leggi, il Paese non solo umilia la scienza e la cultura, ma umilia i nostri figli, suggerendo loro che il loro impegno e i loro studi a questo Paese non servono. Queste 'non scelte' politiche lasciano frastornati i colleghi all'estero, abituati a lavorare con scienziati italiani internazionalmente stimati e competitivi. (...) Gli stranieri che ci offrono opportunità lontano da qui si chiedono perchè continuiamo a restare. E si prendono i nostri giovani. Ma noi, meno giovani, continuiamo a sentire il dovere di restare e lottare, anche in nome di una Costituzione che prevede il diritto di fare ricerca. Avendo conosciuto, anche sulla mia pelle, lo sfacelo di leggi antiscientifiche, mi chiedo come l'Italia riesca ancora a dare alla luce scoperte e scienziati così unici al mondo. Signor Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Repubblica, non so dirvi per quanto resisteremo. Bisogna fare qualcosa. Il paese muore”.
Un appello davvero accorato, al quale mi unisco con tutte le forze. E continuo a ripetermi: ma in che mani siamo? Ma che Parlamento è questo (e quello delle precedenti legislature)? Questo è un parlamento con p minuscola...

Nessun commento: