lunedì 25 novembre 2013
Mazzorbo è un'isola che si trova ad est di Burano, nella Laguna Veneta, a cui è collegata da un ponte in legno chiamato dagli abitanti "Ponte Longo". Considerata quasi un'appendice di Burano, spesso viene a torto ignorata dai turisti attratti dalla coloratissima isola e dalle sue vicine Torcello e San Francesco del Deserto. Dalla forma lunga e stretta è caratterizzata dalla presenza di varie aree coltivate: conosciutissime in tutta la zona sono le "castraure di Mazzorbo", cioè il primo frutto della pianta dei carciofi, il cui sapore, già di per se amarognolo, viene esaltato dalla salsedine di cui è impregnato il terreno di quest'isola. Sebbene quest'isola sia poco popolata (circa 350 abitanti), ed abbia avuto un aumento demografico significativo solo negli ultimi vent'anni grazie ad alcuni progetti di edilizia popolare, essa svolge un ruolo importantissimo per gli abitanti delle vicine isole, ospitando un nuovissimo centro sportivo, un parco giochi per bambini e il cimitero. Tutte le estati, nel periodo a cavallo tra giugno e luglio, ospita inoltre una stupenda sagra paesana nel patronato della Chiesa di Santa Caterina, dove si possono assaporare piatti tipici a base di carne, pesce e verdure del posto. Fonte http://www.isoladiburano.it/it/Mazzorbo.html.
Ho riscoperto (o meglio, ho scoperto...) l'Isola di Mazzorbo da un articolo di Carlo Petrini nello spazio “Viaggi” del quotidiano la Repubblica del 20 novembre 2013. Proprio su quest'isoletta si può toccare con mano la riscoperta del territorio: qui la famiglia Bisol, grazie ad un bando indetto dal Comune di Burano, ha ristrutturato la tenuta Scarpa-Volo (vecchio convento abbandonato) per creare Venissa, un albergo-ristorante che ha recuperato la cultura agricola che c'era un tempo (http://www.venissa.it/). Nelle isole della laguna veneta le attività principali sono sempre state l'orticoltura, la viticoltura, la caccia e la piscicoltura: la coltivazione della vite risale qui addirittura all'epoca romana, mentre negli archivi storici della Serenissima si possono trovare documenti che testimoniano l'utilizzo di queste isole sia per la viticoltura che per orti e frutteti. Ma è proprio alla viticoltura che ha pensato il sig. Bisol per ridare vita alla tenuta, dopo aver scoperto qui un vitigno particolare, mai visto prima: dopo una lunga ricerca ampelografica (l'ampelografia è la disciplina che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni attraverso schede che descrivono le caratteristiche dei vari organi della pianta nel corso delle diverse fasi di crescita, http://it.wikipedia.org/wiki/Ampelografia), Bisol scopre che questo vitigno è la cosiddetta “dorona”, detta anche una d'oro (http://www.venissa.it/index.php?idSez=7&idPag=22). Bisol riesce così a recuperare nei poderi della zona una novantina di piante: dedica due ettari della tenuta del convento ristrutturato a questo vitigno, mentre la parte restante viene adibita in parte a frutteto, in parte ad orto ed in parte a prato. L'orto è gestito dall'Associazione Pensionati di Burano, che tra l'altro insegna ai bambini delle scuole l'importanza di mantenere un contatto diretto e rispettoso con la terra. Inoltre, vitigni e frutteti sono accessibili per fare delle belle passeggiate.
Davvero i miei complimenti alla famiglia Bisol per aver recuperato questo vecchio convento e per aver ridato vita ad un'isoletta che stava andando nel dimenticatoio, tutto questo prestando la giusta attenzione alla natura e all'agricoltura: un connubio perfetto.
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