Visualizzazione post con etichetta espansione edilizia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta espansione edilizia. Mostra tutti i post

domenica 13 aprile 2008

URBANISTICA: a Ferrara il “Città Territorio Festival”

Negli ultimi giorni (ma spesso anche in passato) ho dedicato vari post all’urbanizzazione selvaggia in atto nelle città italiane che si stanno espandendo senza limiti. Si continua a strappare terreno coltivabile ed aree verdi alle zone circostanti le città, realizzandovi nuove lottizzazioni residenziali e produttive e costruendo centinaia di migliaia di edifici, col risultato di causare lo spopolamento dei centri storici (già in atto anche per altri motivi), aumentare le aree cementificate, intensificare il traffico (e di conseguenza lo smog), strappare terreno prezioso al nostro territorio sconvolgendolo (con ripercussioni sul clima, sullo smaltimento delle acque piovane, sui rifiuti, ecc…).
Ho ripetuto più volte quanti centro storici in Italia siano letteralmente spopolati ed abbandonati: perché, allora, invece di costruire nuovi edifici in periferia, non si recuperano quelli esistenti nei centro storici? Semplice: i Comuni dalle nuove costruzioni incassano una quantità incredibile di denaro da oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, cosa che invece non avviene per le ristrutturazioni ed i recuperi. Siccome il federalismo (di memoria leghista…) ha tagliato negli anni i fondi ai Comuni, questi sono costretti a trovare il denaro mancante in maniera diversa, e quella delle nuove costruzioni è la più semplice, alla faccia della difesa del territorio! Tra l’altro dobbiamo ricordare che la nuova legge urbanistica del 2001 prevede che i Comuni possano utilizzare gli introiti dagli oneri di urbanizzazione per coprire qualsiasi spesa comunale (prima invece dovevano essere impiegati solo per opere pubbliche come strade, scuole, ecc…)!
La campagna elettorale è volta al termine ed oggi 13 e domani 14 aprile 2008 si vota per il rinnovo del governo italiano: purtroppo, da nessuno (ripeto, nessuno!) schieramento politico ho sentito dire qualcosa in merito. Tutti hanno replicato che l’Italia ha bisogno di quantità enormi di case, senza accennare minimamente al recupero dell’esistente e alla difesa del nostro fragile territorio. Sarebbero stati senz’altro più credibili (e realisti) se avessero detto di recuperare l’enorme quantità di edifici esistenti (prima di costruirne di nuovi) e rinvigorire le casse comunali con denaro statale proveniente da altre fonti (magari dal taglio della spesa pubblica), mettendo quindi i Comuni nella condizione di non avere più così bisogno degli introiti dagli oneri di urbanizzazione. Ne guadagnerebbero tutti: i centri storici, la vivibilità delle città, il nostro territorio, la qualità dell’aria cittadina, il traffico. Invece niente, gli unici slogan in merito erano quelli inerenti l’urgente bisogno di costruire case ovunque (chi 500.000, chi 800.000, chi un milione!): ebbene, dati alla mano, negli ultimi 10 anni sono state realizzate in Italia case per 3 miliardi di mc (!), dal 1995 ad oggi sono stati realizzati nuovi edifici (residenziali e non) per una superficie di ben 3,5 milioni di ettari (!!) che è l’equivalente della superficie di Lazio ed Abruzzo messe assieme (!!!) e di ben 20 mq per ogni italiano!!!!
Ma ora gli urbanisti vogliono ora dare il loro contributo in difesa del territorio: secondo loro c’è il bisogno di bloccare questa urbanizzazione selvaggia e di DEMOLIRE gli errori del passato. Secondo loro, infatti, negli ultimi anni i centri urbani italiani si sono allargati in maniera troppo disordinata, la mobilità è sempre più caotica, le aree agricole e naturali sono sempre più rare. Di questo se ne parlerà al “CITTA’ TERRITORIO FESTIVAL” che si terrà a Ferrara dal 17 al 20 aprile 2008 (http://www.cittaterritoriofestival.com): organizzato da Laterza Agorà, vedrà la partecipazione di oltre cento urbanisti, architetti, storici, amministratori ed imprenditori per discutere dello sviluppo delle città ed in particolare di centro, periferia, mobilità, sicurezza e tutela del paesaggio. Secondo l’urbanista Pier Luigi Cervellati bisognerebbe varare una moratoria di almeno 10 anni sulle nuove costruzioni, bloccare le nuove urbanizzazioni e ricostruire l’esistente, riqualificando le periferie e ricostruendo un tessuto urbano sano. Sulla stessa linea anche l’architetto Stefano Boeri (direttore della rivista Abitare), secondo il quale c’è bisogno di nuove regole che arrestino l’espansione delle città perché il boom edilizio degli ultimi anni ha provocato solo spreco di suolo, distruzione delle aree verdi ed impossibilità di nuove infrastrutture perché il territorio è sempre più occupato.
Voi stessi potete notare quante case ci sono sfitte ed invendute in tutta Italia: altroché bisogno di un milione di nuove case, qui ci stanno solo prendendo in giro perché, come sempre, tutto muove una quantità incredibile di denaro che abbraccia varie categorie (Comuni, professionisti, imprese, agenzie immobiliari, ecc…), mentre del territorio cari miei non gliene frega niente a nessuno, purtroppo!

venerdì 11 aprile 2008

P.A.T.: un pericolo per la difesa del territorio…

Scusate se ritorno ancora sull’argomento della difesa del territorio e dell’espansione edilizia senza freno: continuo a ritornarci perché ho molto a cuore il problema e perché continuo a trovare nuovi pericoli per il nostro caro territorio. E per questo continuo a ricordare nei miei post il nuovo “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”: c’è ritornato anche Salvatore Settis sul quotidiano La Repubblica di mercoledì 9 aprile 2008, il quale a ragione sostiene che questo Codice (fortemente voluto dal ministro Rutelli ed entrato in vigore in questi giorni) è un passo importante verso la difesa del territorio italiano. Riassumendone il contenuto, la difesa del paesaggio e dei beni culturali non deve più essere di competenza delle Regioni o degli enti locali (ai quali tale difesa veniva spesso delegata…), ma sarà competenza esclusiva dello Stato, ridando quindi valore al famoso art. 9 della nostra Costituzione (e che forse molti hanno, volutamente, dimenticato…). Tuttavia non sono tutte rose e fiori: ha ragione Settis a sottolineare che le leggi in materia di difesa del paesaggio esistono, ma bisogna applicarle (e qui nasce il problema). Anzi, a tal proposito solleva tre dubbi fondamentali:

  • gli organici delle Sovrintendenze: c’è stato un blocco delle assunzioni nelle Sovrintendenze da alcuni anni, tanto che ora l’età media degli addetti è di 55 anni. C’è assolutamente bisogno di nuove assunzioni (previste dal Codice di Rutelli), ma a queste devono essere affiancati addetti giovani e soprattutto competenti, quindi assunti per le loro qualità e non per grazia dovuta…;
  • lo stato della normativa regionale: in funzione dell’entrata in vigore di questo nuovo Codice, le Regioni devono ora adeguare le loro normative, che attualmente (ahimè) prevedono la sub-delega ai Comuni di ogni autorizzazione paesaggistica (e questo è stato la rovina del nostro territorio, in quanto ha permesso il prevalere degli interessi economici locali…). Il nuovo Codice rende illegittima questa sub-delega e per questo si dovranno adeguare il più in fretta possibile le normative regionali al fine di evitare il blocco normativo, con ripercussioni sulle reali azioni di difesa del territorio;
  • le incertezze finanziarie degli enti locali (soprattutto dei Comuni), e qui voglio riportare integralmente quanto ha scritto Settis nel suo articolo: “Si sa che, in una condizione generale di sofferenza, gli oneri di urbanizzazione sono diventati per i Comuni una delle principali fonti di introito, se non la principale. Queste tasse, dovute ai Comuni per ogni nuovo insediamento o edificio, erano destinate in origine alle opere pubbliche di volta in volta necessarie (strade, fognature, ecc…); ma da qualche anno, entrando nel bilancio comunale, sono utilizzabili per spese di ogni natura. Si spiega così che Comuni e sindaci anche virtuosi si lascino tentare dal consumo indiscriminato del territorio, pur di assicurare introiti adeguati alle loro casse altrimenti vuote”.

Ho voluto riportare integralmente questo passaggio di Salvatore Settis perché è fondamentale nell’indicare la responsabilità che i Comuni hanno nella difesa del territorio: l’ho già detto in molti miei precedenti post e lo ribadisco.
Ed è qui che mi allaccio agli ormai famosi P.A.T. (Piani di Assetto Territoriale), ovvero quei nuovi strumenti urbanistici che stanno per essere adottati dai Comuni italiani in sostituzione dei vecchi P.R.G. (Piani Regolatori Generali): purtroppo sono sempre più convinto che con questi P.A.T. la situazione sfuggirà di mano alle amministrazioni locali per quanto riguarda la difesa del territorio. Perché dico questo? Proprio in questi giorni il Consiglio Comunale di un paesino della Bassa Veronese (zona in cui abito) ha adottato il P.A.T. (che ora passerà all’approvazione regionale) per ridisegnare l’aspetto urbanistico del paese in questione. Premetto che si tratta di un paese di circa 8.000 abitanti: ebbene, le previsioni del P.A.T. sono per la realizzazione di nuovi edifici residenziali per un totale di ben 500.000 mc ai quali corrispondono circa 2.000 nuovi abitanti (l’amministrazione comunale pensa di aumentare la popolazione del paese di ben il 25% in 10 anni, non considerando che già adesso molte abitazioni sono vuote…). Se è senz’altro una buona cosa la realizzazione di nuove aree verdi, di piste ciclabili e di un polo sanitario, allo stesso tempo considero fortemente negativo il fatto dell’espansione edilizia sfrenata attorno alle città e nelle frazioni. Il centro storico del paese in questione è praticamente vuoto: perché non prediligere il recupero di questo, ripopolarlo e portare il centro del paese allo splendore di un tempo? Purtroppo, come sostiene Settis e come sostengo io da molto tempo, il Comune dalle ristrutturazioni ottiene ben pochi oneri, mentre ne guadagna a valanga dalle nuove edificazioni: quindi meglio costruire in periferia al paese, rubare terreno verde ed agricolo alla campagna circostante, costruire nuove strade, nuove piccole aree produttive sparse nel territorio comunale (anziché raggrupparle in un unico polo produttivo), aumentare di conseguenza il traffico veicolare e lo smog, contribuire all’ulteriore spostamento della popolazione dal centro storico verso la periferia.
Non è certo questo il metodo per ridare vigore ad un paese: è la soluzione peggiore, ma la più economicamente conveniente (per il Comune…). E provate a pensare quante realtà simili si stanno verificando un po’ in tutta Italia: qui il nuovo Codice dovrebbe intervenire, visto che sono le Regioni ad avere l’ultima parola sull’approvazione di questi P.A.T. Speriamo in una serie opera di vigilanza e di rispetto delle regole da parte del nuovo Codice: l’Italia in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di una espansione edilizia scellerata. Il motto dovrebbe essere: PRIMA RECUPERARE IL PATRIMONIO ESISTENTE, POI EVENTUALMENTE COSTRUIRE IL NUOVO (MA SOLO SE CI SONO REALI NECESSITA’). Magari qui lo Stato potrebbe avere un ruolo importante: aumentare le entrate ai Comuni, spingendoli quindi a non recuperare denaro in maniera disastrosa (per il territorio) dalle nuove edificazioni, e questa sì che potrebbe essere una bella ed utile collaborazione tra Stato e Comuni.

domenica 16 dicembre 2007

Urbanistica: la città del futuro

Traggo spunto da un'intervista che il giornalista Francesco Erbani ha fatto all'architetto Richard Burdett e pubblicata sul quotidiano La Repubblica di venerdì 14 dicembre 2007. Richard Burdett, oltre che famoso architetto, è stato consulente del sindaco di Londra Ken Livingstone e da anni sta studiando quanto la struttura fisica di una città produca benessere sociale oppure esclusione. Nell'intervista l'architetto fa riferimento a Londra. L'amministrazione comunale guidata dal sindaco Livingstone (chiamato "Ken il rosso") ha deciso che per far fronte al continuo aumento di popolazione della città (si prevedono ben 750.000 nuovi arrivi entro il 2015) lo sviluppo edilizio si svolga all'interno dei confini della città utilizzando l'esistente e senza rubare un solo metro quadrato alle campagne circostanti (praticamente il contrario di quanto avviene in Italia...): infatti si edificherà solo su terreni abbandonati, ex aree industriali dismesse, vecchi scali ferroviari, depositi elettrici o di gas non più utilizzati, ecc... E soprattutto verrà riedificato solo dove esiste un sistema di trasporto pubblico. Si cercherà dunque di creare nuovi quartieri nei quali si mescolino varie funzioni come casa, lavoro, cultura e divertimento e non più quartieri esclusivamente residenziali o industriali: inoltre, i nuovi insediamenti saranno realizzati per essere accessibili alle fasce economiche più deboli ospitando persone di ceti diversi senza quindi trasformare questi quartieri in ghetti. Il fatto di puntare su aree già dotate di sistema di trasporto pubblico consentirà di migliorare la qualità dell'aria (attualmente le grandi città del mondo contribuiscono per il 75% alle emissioni di CO2...). Si parla dunque di ridensificazione urbanistica, già in atto da alcuni anni e che ha consentito ad oggi di diminuire del 20% l'utilizzo delle auto, mentre allo stesso tempo è raddoppiato l'utilizzo dei mezzi pubblici: i parcheggi sono stati banditi dal centro cittadino ed oggi ben il 99.8% di chi lavora a Londra usa la metropolitana o l'autobus (e si tratta per la maggior parte di gente ricca, una cosa che qui in Italia non succederebbe mai...). A proposito di parcheggi, nel centro di Londra sono stati banditi e si prevedono solo quelli per i disabili: i soldi che il Comune raccoglie dal biglietto d'ingresso delle auto nel centro (circa 200-300 milioni di euro all'anno) vengono utilizzati per migliorare il trasporto pubblico e tutti i servizi che si realizzano nei nuovi quartieri come ospedali, biblioteche, scuole, ecc... Purtroppo il problema rimane per la maggior parte delle grandi città del mondo dove invece di puntare sul trasporto pubblico si tende a costruire autostrade a due livelli!! Davvero interessante la soluzione presa dall'amministrazione comunale londinese: purtroppo qui in Italia i centro storici si stanno svuotando.
A prescindere che si tratti di città grandi o piccoli paesi, basta recarsi in centro storico italiano ed alzare gli occhi per vedere moltissimi appartamenti o interi stabili chiusi. Un degrado urbano che comporta tra l'altro una continua espansione urbanistica in periferia: perchè è questo che sta succedendo nelle città italiane. E' più conveniente economicamente individuare terreni agricoli attorno alla città, espropriarli, trasformarli tramite variante al P.R.G. e perequazione urbanistica in residenziali (e con questo procedimento di perequazione urbanistica i Comuni già si arricchiscono per gli oneri ricevuti) e poi attuare piani edilizi per la realizzazione di sterminate lottizzazioni residenziali con annesse migliaia di costruzioni per decine di migliaia di abitanti equivalenti (che poi non si sa con certezza se arriveranno...). Ma intanto è meglio ricevere gli incentivi statali o europei, versare fior fiore di oneri di urbanizzazione ai Comuni e costruire questi quartieri: e così facendo i centri storici, già vuoti, rimangono tali! Perchè succede questo? Perchè non si vuole recuperarli? Il centro storico è il cuore della città, da ogni punto di vista (storico, urbanistico, sociale), con una fisionomia ed un tessuto urbanistico unici: diciamo che è il biglietto da visita di una città! Però, i proprietari di tali stabili non hanno la forza economica per recuperarli e se ce l'hanno non hanno poi la certezza di poter rivenderli stante il valore di vendita alle stelle ormai accessibile a pochi. Allora che fare? In tal senso le amministrazioni comunali qualcosa possono fare... Semplicemente come succedeva alcuni anni fa: incentivare (o addirittura obbligare!) il recupero degli stabili del centro storico proponendo ad esempio di esentare tali interventi dal pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, esentare o alleviare il pagamento dell'I.C.I. per alcuni anni, apporre uno scontro su qualche altra tassa comunale (tassa sui rifiuti, tassa sugli accessi carrai, ecc...), accordarsi con le agenzie immobiliari per offrire gli appartamenti ristrutturati del centro storico ad un prezzo più agevolato, aiutare i proprietari a trovare dei posti auto (coperti o scoperti) nei pressi degli stabili facendoli diventare di uso esclusivo degli stessi, insomma ci sarebbero vari metodi per poter recuperare i centri storici, manca purtroppo la volontà comune. Poi, quando i centri storici avranno esaurito i loro posti, facciamo come Londra e recuperiamo le aree dismesse come ex aree industriali, vecchie stazioni ferroviarie (ce ne sono tantissime in disuso), e allo stesso tempo offrire un buon trasporto pubblico (tram, metropolitane, autobus, bike-sharing, ecc...) e mantenere (se non addirittura aumentare) le aree verdi e i servizi pubblici (scuole, biblioteche, ecc...). Per ultimo, quando tutto sarà esaurito, allora costruiremo attorno alle città: purtroppo qui in Italia il percorso è inverso.... Certo, chiedere ai Comuni italiani di rinunciare agli oneri comunali o ad altre tasse comunali è una cosa che va oltre l'immaginazione umana: sono per altro comprensibili anche i motivi per cui i Comuni non possono rinunciarvi, visto che il federalismo ha tagliato loro i proventi statali ma qui entriamo in un'altra polemica...