venerdì 11 aprile 2008

P.A.T.: un pericolo per la difesa del territorio…

Scusate se ritorno ancora sull’argomento della difesa del territorio e dell’espansione edilizia senza freno: continuo a ritornarci perché ho molto a cuore il problema e perché continuo a trovare nuovi pericoli per il nostro caro territorio. E per questo continuo a ricordare nei miei post il nuovo “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”: c’è ritornato anche Salvatore Settis sul quotidiano La Repubblica di mercoledì 9 aprile 2008, il quale a ragione sostiene che questo Codice (fortemente voluto dal ministro Rutelli ed entrato in vigore in questi giorni) è un passo importante verso la difesa del territorio italiano. Riassumendone il contenuto, la difesa del paesaggio e dei beni culturali non deve più essere di competenza delle Regioni o degli enti locali (ai quali tale difesa veniva spesso delegata…), ma sarà competenza esclusiva dello Stato, ridando quindi valore al famoso art. 9 della nostra Costituzione (e che forse molti hanno, volutamente, dimenticato…). Tuttavia non sono tutte rose e fiori: ha ragione Settis a sottolineare che le leggi in materia di difesa del paesaggio esistono, ma bisogna applicarle (e qui nasce il problema). Anzi, a tal proposito solleva tre dubbi fondamentali:

  • gli organici delle Sovrintendenze: c’è stato un blocco delle assunzioni nelle Sovrintendenze da alcuni anni, tanto che ora l’età media degli addetti è di 55 anni. C’è assolutamente bisogno di nuove assunzioni (previste dal Codice di Rutelli), ma a queste devono essere affiancati addetti giovani e soprattutto competenti, quindi assunti per le loro qualità e non per grazia dovuta…;
  • lo stato della normativa regionale: in funzione dell’entrata in vigore di questo nuovo Codice, le Regioni devono ora adeguare le loro normative, che attualmente (ahimè) prevedono la sub-delega ai Comuni di ogni autorizzazione paesaggistica (e questo è stato la rovina del nostro territorio, in quanto ha permesso il prevalere degli interessi economici locali…). Il nuovo Codice rende illegittima questa sub-delega e per questo si dovranno adeguare il più in fretta possibile le normative regionali al fine di evitare il blocco normativo, con ripercussioni sulle reali azioni di difesa del territorio;
  • le incertezze finanziarie degli enti locali (soprattutto dei Comuni), e qui voglio riportare integralmente quanto ha scritto Settis nel suo articolo: “Si sa che, in una condizione generale di sofferenza, gli oneri di urbanizzazione sono diventati per i Comuni una delle principali fonti di introito, se non la principale. Queste tasse, dovute ai Comuni per ogni nuovo insediamento o edificio, erano destinate in origine alle opere pubbliche di volta in volta necessarie (strade, fognature, ecc…); ma da qualche anno, entrando nel bilancio comunale, sono utilizzabili per spese di ogni natura. Si spiega così che Comuni e sindaci anche virtuosi si lascino tentare dal consumo indiscriminato del territorio, pur di assicurare introiti adeguati alle loro casse altrimenti vuote”.

Ho voluto riportare integralmente questo passaggio di Salvatore Settis perché è fondamentale nell’indicare la responsabilità che i Comuni hanno nella difesa del territorio: l’ho già detto in molti miei precedenti post e lo ribadisco.
Ed è qui che mi allaccio agli ormai famosi P.A.T. (Piani di Assetto Territoriale), ovvero quei nuovi strumenti urbanistici che stanno per essere adottati dai Comuni italiani in sostituzione dei vecchi P.R.G. (Piani Regolatori Generali): purtroppo sono sempre più convinto che con questi P.A.T. la situazione sfuggirà di mano alle amministrazioni locali per quanto riguarda la difesa del territorio. Perché dico questo? Proprio in questi giorni il Consiglio Comunale di un paesino della Bassa Veronese (zona in cui abito) ha adottato il P.A.T. (che ora passerà all’approvazione regionale) per ridisegnare l’aspetto urbanistico del paese in questione. Premetto che si tratta di un paese di circa 8.000 abitanti: ebbene, le previsioni del P.A.T. sono per la realizzazione di nuovi edifici residenziali per un totale di ben 500.000 mc ai quali corrispondono circa 2.000 nuovi abitanti (l’amministrazione comunale pensa di aumentare la popolazione del paese di ben il 25% in 10 anni, non considerando che già adesso molte abitazioni sono vuote…). Se è senz’altro una buona cosa la realizzazione di nuove aree verdi, di piste ciclabili e di un polo sanitario, allo stesso tempo considero fortemente negativo il fatto dell’espansione edilizia sfrenata attorno alle città e nelle frazioni. Il centro storico del paese in questione è praticamente vuoto: perché non prediligere il recupero di questo, ripopolarlo e portare il centro del paese allo splendore di un tempo? Purtroppo, come sostiene Settis e come sostengo io da molto tempo, il Comune dalle ristrutturazioni ottiene ben pochi oneri, mentre ne guadagna a valanga dalle nuove edificazioni: quindi meglio costruire in periferia al paese, rubare terreno verde ed agricolo alla campagna circostante, costruire nuove strade, nuove piccole aree produttive sparse nel territorio comunale (anziché raggrupparle in un unico polo produttivo), aumentare di conseguenza il traffico veicolare e lo smog, contribuire all’ulteriore spostamento della popolazione dal centro storico verso la periferia.
Non è certo questo il metodo per ridare vigore ad un paese: è la soluzione peggiore, ma la più economicamente conveniente (per il Comune…). E provate a pensare quante realtà simili si stanno verificando un po’ in tutta Italia: qui il nuovo Codice dovrebbe intervenire, visto che sono le Regioni ad avere l’ultima parola sull’approvazione di questi P.A.T. Speriamo in una serie opera di vigilanza e di rispetto delle regole da parte del nuovo Codice: l’Italia in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di una espansione edilizia scellerata. Il motto dovrebbe essere: PRIMA RECUPERARE IL PATRIMONIO ESISTENTE, POI EVENTUALMENTE COSTRUIRE IL NUOVO (MA SOLO SE CI SONO REALI NECESSITA’). Magari qui lo Stato potrebbe avere un ruolo importante: aumentare le entrate ai Comuni, spingendoli quindi a non recuperare denaro in maniera disastrosa (per il territorio) dalle nuove edificazioni, e questa sì che potrebbe essere una bella ed utile collaborazione tra Stato e Comuni.

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