mercoledì 5 settembre 2007
Nel 2000 viene scoperto da una cordata di multinazionali guidata dall'ENI un grosso giacimento di petrolio a Kashagan, in Kazakistan: si tratta del più grande pozzo di petrolio scoperto negli ultimi 30 anni. L'ENI non se l'è fatto scappare... ed ha realizzato una cordata per appiopparsi il giacimento: l'ENI è azionista (col 18,52%) nonchè gestore operativo del progetto mentre gli altri partner sono la compagnia di stato kazaka Kmg (8,33%), la Conocophillips (9,26%), la Exxon (18,52%), la Shell (18,52%), la Total (18,52%) e la Inpex (8,33%): niente male come nomi... Dopo poco cominciano i lavori per la realizzazione del giacimento petrolifero: a tutt'oggi l'estrazione petrolifera non è ancora cominciata ma il governo kazako, tramite il suo ministro dell'ambiente Nurlan Iskakov, ha già sollevato dei forti dubbi su questo giacimento in quanto sembra che le attività non stiano rispettando le leggi ambientali kazake. Per tale motivo il governo kazako è intenzionato a revocare l'autorizzazione precedentemte rilasciata per prevenire danni irreversibili all'ambiente derivabili proprio dalle attività di estrazione del greggio. Il primo ministro kazako Karim Masimov si è detto molto deluso per come questo progetto viene portato avanti e ha dichiarato che se l'operatore non risolverà questo problema sarà costretto a cambiare il progetto. I forti dubbi derivano da una forte moria di trichechi che si è avuta nella zona negli ultimi mesi, e si tratta solo di lavori per la realizzazione dell'impianto... La Cordata di multinazionali ha confermato di aver ricevuto la notifica di una presunta violazione ambientale, a causa degli scarichi industriali. Tuttavia c'è qualcosa di strano: lo scorso 30 luglio, infatti, il governo kazako minaccia l'ENI di rivedere il contratto a causa dei ritardi dei lavori di realizzazione dell'impianto (infatti l'estrazione è già stata spostata dal 2008 al 2009) e del lievitare dei costi (passati da 56 a 136 miliardi di euro per l'intera vita dei poizzi), anche se è già cominciata una trattativa per un aumento dello sfruttamento dei pozzi da 1,2 a 1,5 milioni di barili al giorno e per un aumento richiesto dal primo ministro kazako anche della quota di greggio spettante alla compagnia di stato Kmg. Il fatto che negli ultimi anni il blocco per pericoli ecologici sia già stato utilizzato in Russia per rinegoziare gli importanti contratti già firmati porta a pensare che il governo kazako non sia così preoccupato dei pur reali danni ambientali, quanto invece del denaro che arriverà nelle sua casse (ne è l'esempio la compagnia petrolifera Chevron che, sempre al Kazakistan, ha dovuto versare ben 866 milioni di euro entro il 2009 per "compensazioni ambientali" per evitare la revoca della concessione). Non vorrei che da questa battaglia l'unico che ne uscisse sconfitto fosse proprio l'ambiente...
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