domenica 18 maggio 2008

RIFIUTI: da imitare l’esempio di Rovigo!

Ho dedicato molti post all’emergenza rifiuti campana ed, in particolare, dei loro sistemi di smaltimento: in tutti questi post ho ribadito sempre la stessa cosa, ovvero che GLI INCENERITORI NON SERVONO! Riporto fedelmente (poi vi spiego il perché) uno stralcio di quanto ho scritto nell’ultimo post (di pochi giorni fa) dedicato all’emergenza rifiuti in Campania:
“Speriamo solo che, per la risoluzione del problema rifiuti, non si costruiscano inceneritori (opps, termovalorizzatori…) ovunque. Ho già espresso le mie motivazioni in molti miei precedenti post, ovvero che un ciclo perfetto e pulito dei rifiuti dovrebbe prevedere:
  • raccolta differenziata “porta a porta”: si può differenziare fino all’85% del prodotto, dalla carta alla plastica, dal vetro all’alluminio, dall’umido al legno, dai metalli al vestiario, dalle pile ai medicinali, ecc…, mentre solo il 15% potrebbe essere rappresentato dal rifiuto secco;
  • riciclaggio del materiale differenziato in appositi impianti di riciclo: la carta si può macerare ed utilizzare per ottenimento di nuova carta, la plastica può essere rammollita e rielaborata in nuove forme, il vetro può essere fuso e riutilizzato per nuovi contenitori in vetro, ecc… con un notevole contributo in fatto di risparmio di materia prima;
  • solo il 15% di rifiuto secco finirebbe in discarica, dando respiro alle nostre discariche e contribuendo alla protezione del nostro ambiente.

Questa filiera non prevede inceneritori (o termovalorizzatori, come vengono chiamati qui in Italia…): nulla deve essere bruciato, ma riciclato. L’incenerimento produce energia elettrica (anche se è molta quella che viene consumata per farli funzionare…), ma rilasciano in atmosfera nanoparticelle che non vengono trattenute neppure dai migliori filtri dei camini e che sono dannosissime per la salute umana (provocano soprattutto un aumento dei tumori).”
Questo è quello che ho sempre ribadito: ora l’ho riportato testualmente perché finalmente trovo applicazione di questo sistema in un angolo d’Italia. Si tratta della Provincia di Rovigo, la quale in soli 5 anni ha raggiunto gli standard ottimali della gestione dei rifiuti urbani fissati dall’Unione Europea, nel pieno rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Valerio Frazzarin, direttore della ECOGEST (l’azienda pubblica che gestisce i rifiuti nella Provincia di Rovigo), sostiene che a 5 anni dal via del progetto viene mandato in discarica solo il 27% dei rifiuti dell’intera provincia, mentre la parte restante viene riciclata (meno di quanta ne esca da un termovalorizzatore sotto forma di residui incombusti tossici). Se la media nazionale di raccolta differenziata è del 24%, in Provincia di Rovigo è di ben il 63.5%, che salirà al 65% entro la fine dell’anno con l’ingresso nel sistema del 50° ed ultimo comune del rodigino. Toccherà poi anche a Rovigo capoluogo incrementare ulteriormente la propria quota di differenziata che oggi è comunque di un bel 55%.
Lo stesso Frazzarin spiega come funziona il ciclo dei rifiuti nella Provincia di Rovigo, che punta soprattutto sul fatto di avere questo ciclo controllato costantemente con un sistema di monitoraggio satellitare GPS:

1. raccolta differenziata col sistema “porta a porta”: i cittadini differenziano in casa negli appositi contenitori carta e cartone, vetro, alluminio, umido e secco (la parte non riciclabile). Inoltre, a domicilio (previa telefonata) vengono ritirati i rifiuti di grandi dimensioni (materassi, elettrodomestici, ecc…);

2. i contenitori dei rifiuti (esposti fuori della recinzione o dell’uscio di casa) vengono svuotati da un automezzo dell’ECOGEST: quando l’operatore scende dal camion, l’apertura della portiera invia un segnale al sistema satellitare che memorizza ora e posizione del mezzo. Se i rifiuti non sono differenziati correttamente, non vengono prelevati e la casa viene segnalata (se la disattenzione si ripete per altre due volte, allora arrivano i vigili urbani);

3. gli automezzi dell’ECOGEST vanno agli impianti di separazione, a quelli di recupero e alle discariche: grazie al monitoraggio satellitare, si ha la certezza di cosa contenga il residuo smaltito in discarica e da dove provenga.

Inoltre, per quanto riguarda le discariche, un’altra innovazione arriva sempre dalla Provincia di Rovigo e riguarda l’uso dei batteri per purificare il liquame che esce dalle discariche e che potrebbe contaminare le falde acquifere: infatti, il cosiddetto “percolato” che fuoriesce dalle discariche è talmente inquinante da rendere antieconomico e poco sicuro il suo smaltimento nei tradizionali depuratori dei liquami fognari. Come sostiene Fabio Masi, chimico ambientale e responsabile del 1° sistema di fitodepurazione per discariche costruito in Italia, si tratta di una serie di contenitori dove il percolato transita attraverso diversi batteri che digeriscono gli inquinanti: il liquido passa poi in un lago artificiale dove la canna palustre (pianta che ha un’altissima capacità di metabolizzare gli inquinanti) completa la depurazione.
Da sottolineare che tutto ciò non prevede INCENERITORI: perché questo sistema non si attua in altre parti d’Italia, che stanno vivendo mesi (ed anni) drammatici per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti? Il solito dilemma…

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