martedì 17 novembre 2009

Ecco l’ARCHIVIO DEI PATRIARCHI

Abbiamo in Italia un patrimonio naturalistico immenso fatto di boschi e foreste con un numero impressionate di alberi, alberi che purtroppo sono sempre più a rischio per una serie di motivi quasi sempre riconducibili all’uomo. Per questo motivo è stato creato ora l’ARCHIVIO DEI PATRIARCHI, dove i patriarchi sono 5.327 alberi catalogati divisi per regione e provincia, e per i quali ne sono stati raccolti moltissimi dati (altezza, età, misura del tronco, chioma, ecc…). Si tratta di alberi secolari, alcuni addirittura millenari. L’archivio è stato realizzato dall’Associazione Patriarchi della natura di Forlì e potrà essere arricchito da chiunque (http://www.patriarchinatura.it): l’associazione è nata dal 2005, è presieduta dall’agronomo Sergio Guidi ed ha raccolto i dati messi assieme per vari decenni dal Corpo forestale dello Stato e da alcune Regioni. Lo scopo è non solo quello di allestire una galleria sugli alberi ma anche, e soprattutto, quello di stimolare la tutela di questo patrimonio naturalistico.
Ne ricordiamo alcuni di questi patriarchi. L’albero più antico d’Italia è un ulivo di Luras (Oristano) che ha ben 3.800 anni (è alto 11 metri ed ha un tronco della circonferenza di ben 13 metri), mentre l’albero da frutto più antico del nostro paese è il castagno di Cento Cavalli posto a Sant’Alfio (Catania) che ha circa 3.000 anni (è alto 14 metri ed è cresciuto su tre fusti cresciuti su un’unica ceppaia della circonferenza di ben 52 metri). Ma dobbiamo citare anche l’olivo dei Crociati, posto a Cicciano (Napoli), che ha 1.600 anni e si pensa sia stato originato dai semi portati dall’orto dei Getsemani; oppure il platano dei 100 bersaglieri a Caprino Veronese (Verona), che ha 640 anni (è il platano più grosso e più vecchio d’Italia); o ancora l’olmo di Bergemolo, a Demonte (Cuneo), che ha oltre 200 anni ed è l’olmo più alto d’Italia (26 metri), che si dice sia stato piantato da Napoleone; e che dire dei pioppi di Armarolo a Budrio (Bologna), che hanno 160 anni e sono non solo i più grandi dell’Emilia Romagna ma tra i più grandi d’Italia. La regione con più esemplari censiti è l’Emilia Romagna (ben 1.030), seguita dalla Toscana (463), dalla Lombardia (424), dalla Puglia (403) e dalla Sicilia (388). Davvero un patrimonio dal valore inestimabile.
Lo studio di questi alberi (grazie ad alcune tecniche come il carotaggio sul tronco) sarà di fondamentale importanza per scoprire il tipo di vegetazione in cui sono stati immersi nei secoli, il susseguirsi dei vari tipi di clima nella loro secolare o millenaria storia, il trattamento che hanno subito nel tempo da parte degli uomini: praticamente un libro aperto che permetterà, ad esempio, di studiare l’evoluzione del clima nel corso dei secoli aiutando la climatologia e la meteorologia.
Francesco Erbani ha dedicato un articolo a questi patriarchi sul quotidiano la Repubblica di martedì 10 novembre 2009, nel quale ha intervistato Giuseppe Barbera, uno dei massimi esperti di alberi, che insegna Colture Arboree all’Università di Palermo e che scritto alcuni libri come “Tuttifrutti” e “Abbracciare gli alberi”. Barbera lancia un allarme su questo immenso patrimonio naturalistico, che purtroppo è a rischio e per la cui protezione servono leggi di tutela. Pensate ai tantissimi ulivi secolari che vengono estirpati dalle regioni del Sud Italia per andare ad abbellire i giardini del Nord: uno scempio, perché molto spesso queste piante soffrono il trapianto e muoiono (è successo per almeno metà di esse), e questo solo per un peccato di egoismo…

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