mercoledì 26 dicembre 2012

CULTURA per rilanciare l'economia

Guido Piovene (nato a Vicenza il 27 luglio 1907 e morto a Londra il 12 novembre 1974) è stato uno scrittore e giornalista italiano (per l'intera biografia http://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Piovene), che nel 1957 scrisse una delle sue più grandi opere, "Viaggio in Italia", nella quale disse: "L'Italia è sempre un paese confuso. Pochi altri paesi sembrano meno legati al loro passato. In nessun altro paese sarebbe permesso assalire come da noi, deturpare città e campagne, secondo gli interessi e i capricci del giorno". Ringrazio la rivista del FAI (Fondo Ambiente Italiano, http://www.fai.it) che ha citato questa frase in un articolo dello scorso autunno intitolato "Cultura italiana, prezioso volano dell'economia". Citazione che ha ormai ben 55 anni ma che è, purtroppo, quanto mai attuale.
Cominciamo da alcuni dati, riportati proprio da quell'articolo della rivista del FAI, che sono stati estrapolati dallo studio "L'Italia che verrà: Rapporto 2012 sull'industria culturale italiana", realizzato da Unioncamere (Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, http://www.unioncamere.gov.it/) in collaborazione con Fondazione Symbola (fondazione per le qualità italiane, http://www.symbola.net/). La cultura italiana produce una ricchezza pari al 5,4% del Pil per un totale di circa 76 miliardi di euro, dando lavoro a 1,4 milioni di persone (pari al 5,6% degli occupati in Italia): se però allarghiamo la cerchia anche alle imprese che producono cultura ai settori attivati dalla cultura stessa, allora si arriva ad una ricchezza prodotta totale pari al 15% del Pil coinvolgendo 4,5 milioni di persone (pari al 18,1% degli occupati). Dati niente niente male, dai quali si comprende facilmente quanto sia importante il patrimonio artistico e paesaggistico del nostro paese per la ripresa e il rilancio economico e civile dell'Italia. Nel succitato articolo è stato chiesto all'economista Marco Vitale e al Consigliere Delegato dell'Università Bocconi Bruno Pavesi quali sono i settori della cultura, del turismo e dei servizi sui quali bisogna puntare ed investire e quali sono le azioni da compiere. Entrambi concordano nel sottolineare nell'importanza delle attività di fondazioni no profit per la salvaguardia del patrimonio artistico e paesaggistico italiano (tra queste naturalmente il FAI, ma anche tutte quelle associazioni locali e/o nazionali che si impegnano in questo: permettetemi di citare pertanto anche il circolo PERLA BLU, aderente a Legambiente, di Cologna Veneta -VR- di cui sono Segretario, http://www.perlablu.it).
Dice Marco Vitale: "Vivere in centri urbani colti, gelosi e custodi dei propri beni e tradizioni, belli e tenuti bene migliora la gioia di vivere e il rispetto per la propria città da parte dei cittadini, e quindi l'efficienza individuale di questi ultimi e l'efficienza collettiva della comunità". A proposito della citazione di Guido Piovene di cui sopra dice: "Per invertire questa tendenza, il primo investimento da fare nel nostro paese è appunto evitare gli scempi e l'ulteriore distruzione del paesaggio e dei beni artistici e culturali italiani; il secondo è non fare niente per i turisti, ma fare solo per i cittadini, per le città e per i paesi, per orgoglio cittadino, per amore. I turisti seguiranno. Per fare ciò è indispensabile mobilitare le risorse private, sia dei grandi sponsor sia dei contributi, anche intenzionalmente piccoli, dei cittadini. Per le grandi aree a rischio, tipo Pompei, bisogna poi saper attrarre anche capitali ed energie internazionali". Giusto, ma io aggiungo che i cittadini devono pretendere dallo Stato uno sforzo non solo per evitare i continui tagli al Ministero dei Beni Ambientali e della Cultura, ma addirittura trovare ulteriori risorse per finanziarli.
Dice Bruno Pavesi: "Per sopravvivere economicamente nella competizione mondiale dobbiamo vendere qualcosa al resto del mondo, senza equilibrio della bilancia commerciale si fa la fine della Grecia. Il brand Italia nel mondo è forte, e la sua forza in buona parte deriva dall'immagine che il mondo ha dell'Italia come patria di una cultura raffinata. Mettere a repentaglio questa immagine è la cosa più stupida che potremmo fare, in una fase storica che sembra virare verso una nuova forma di mercantilismo. Il vero problema è che in un momento di ristrettezze dei bilanci pubblici e privati è inevitabile fare delle scelte. Evitare di fare ulteriori danni non costa nulla e sarebbe già molto, ma dovremmo anche immaginare che gli investimenti in cultura potrebbero contribuire a migliorare gli attivi dei nostri conti con l'estero".
Abbiamo quindi, noi italiani, un patrimonio storico-artistico-culturale-naturale-paesaggistico incredibile, senza eguali nel mondo: dai monumenti storici ai musei, dai tantissimi tipi di paesaggi alla gastronomia, dal teatro alla moda, via dicendo. Ribadisco quanto sopra: sarà davvero importantissimo il contributo privato (sia in termini economici sia in termini di impegno nelle associazioni locali conivolte in materia), ma lo Stato deve assolutamente invertire rotta senza tagliare, ma anzi aumentare, i prorpi investimenti nella difesa di questo immenso patrimonio culturale che abbiamo. E' l'ultima occasione per preservarlo e per farlo fruttare rilanciando l'economia.

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